L'ETA' AUGUSTEA

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aedes

E' un vocabolo di origine greca. Il suo significato primario ed etimologico è "focolare, luogo dove si accende il fuoco" e, per estensione, "vano, camera". Al singolare indica prevalentemente la dimora della divinità, il "tempio", in quanto anticamente era costituito da un solo ambiente. Al plurale aedes, ium designa la "casa" come complesso di stanze.

amphitheatrum

Edificio pubblico romano a pianta circolare costituito da gradinate aperte su un'area centrale chiamata "arena". Vi venivano allestiti spettacoli di lotta tra gladiatori, tra questi e le belve e anche battaglie navali ("naumachie"), realizzate mediante l'allagamento dell'arena stessa. Questa era circondata da un muro che la separava dalla cavea (le gradinate) e serviva a proteggere gli spettatori. L'intera struttura poteva essere protetta da un tendaggio mobile ("velarium"), utilizzato in caso di pioggia o come riparo dall'eccessiva insolazione. Alle gradinate, sulle quali sedeva il pubblico diviso in ordini a seconda della classe sociale, si alternavano con regolarità spazi predisposti per il passaggio. Esternamente l'edificio era caratterizzato da arcate sovrapposte, contrassegnate da diversi ordini (motivi ornamentali rappresentati da fasce a rilievo o rientranti, rettilinee o curvilinee, lisce o lavorate).

Antonio (Marco)

Generale e uomo politico romano (Roma 82 a. C.-Alessandria 30 a. C.). Nipote e luogotenente di Giulio Cesare e capo dei cesariani dopo il tirannicidio di Bruto, fu uno dei componenti il secondo triumvirato, insieme a Ottaviano e a Lepido (43). Dopo la vittoria di Filippi (42) ebbe il governo dell’Oriente e progettò di fare dell’Impero una monarchia di tipo orientale. Ottaviano, quindi, per tutto il 33 a.C., fa una martellante campagna propagandistica tra i cittadini romani sul tema della passione accecante per Cleopatra, regina d'Egitto, da cui Antonio sarebbe stato irretito e che lo renderebbe ormai incapace di tutelare gli interessi di Roma in Oriente. Nell'autunno del 32 a.C. Ottaviano ottiene la dichiarazione di guerra all'Egitto e il conferimento a se stesso di tutti i poteri straordinari necessari alla sua conduzione. Nella battaglia navale di Azio (31) Antonio fu battuto e si tolse la vita dopo la caduta di Alessandria.

Apollo

Figlio di Zeus e di Latona, fratello di Artemide, è una delle maggiori divinità della mitologia greca. Incerta è l'origine del suo nome (lo splendente, lo sterminatore, il possente soccorritore, il protettore del gregge, ecc.) né meglio conosciuta la primordiale natura della sua divinità e delle sue prerogative. Ancora infante, i sacri cigni lo portarono al paese degli Iperborei, da cui ritornò per uccidere il Pitone, figlio della Terra, lo smisurato drago che custodiva l'oracolo di Delfi e che aveva insidiato la madre Latona. Splendido di giovanile bellezza, il dio ebbe molti amori, con efebi, con ninfe e donne mortali: con Dafne, con Cassandra, figlia di Priamo, con la Sibilla cumana, con Cirene, che gli generò Aristeo, ecc. Egli era il dio dei pastori e delle greggi (Nomio, dei pastori, pastorale), che proteggeva dai lupi (Liceo, da lykos, lupo), delle messi, mandava le malattie a punizione delle colpe e nello stesso tempo guariva e allontanava il male (Sotere, salvatore; Peana, risanatore); nei paesi marittimi era patrono della navigazione (Delfinio, dal pesce marino a lui sacro) e guidava le migrazioni dei coloni, ispirando buone leggi (eunomia) nelle costituzioni delle nuove città. Nume profetico, aveva oracoli in Asia (a Didime presso Mileto, a Claro nella Ionia, a Patare in Licia) e in Grecia ad Argo, a Tanagra, a Tebe, a Delfi, da dove, attraverso la Pizia, con responsi velati, regolava la vita religiosa, morale e anche politica di tutto il mondo ellenico. Presso i Latini l' epiteto poetico di Apollo era Febo ("lo Splendente", ovvero "il Puro"), in quanto dio del Sole e, per estensione, il Sole stesso.

Arabia

Esistevano in Arabia e in Africa nord-occidentale alcuni stati indipendenti che ebbero un ruolo abbastanza notevole nei primi secoli d.C. Nel I sec. d.C. in Arabia del nord continuava ad esistere lo stato dei Nabatei che dopo il consolidamento dei Romani in Siria divenne dipendente da Roma, in seguito il regno dei Nabatei fu aggregato all'impero e trasformato nella provincia d'Arabia.

arcus triumphalis

Costruito per celebrare una vittoria militare o genericamente le imprese di un imperatore, rappresenta un tipo particolare di arco onorario, struttura romana a pianta rettangolare. Questa era costituita da una parte inferiore a uno o tre fornici (aperture transitabili coperte a volta) e da una superiore con cornici ed elementi decorativi raffiguranti gli avvenimenti e i personaggi oggetto della celebrazione. Fra i più importanti, l'arco di Tito, di Settimio Severo e di Costantino.

Arvali

Collegio di dodici sacerdoti che portavano attorno al capo una corona di spighe con fasce di lana bianca (infulae) e celebravano ogni anno in maggio, per tre giorni, il sacrificio alla dea Dia, per ottenere la fecondità dei campi, danzando al canto di un antico inno saturnio.

Asinio Pollione (Gaio)

(76 a.C. - 4 d.C.) console nel 40 a.C., homo novus nato a Teate da ricca famiglia, fu un convinto sostenitore di Cesare; dopo la morte del dittatore appoggiò tiepidamente Antonio, trattò per lui la pace di Brindisi ma non lo segui nello scontro finale con Ottaviano. Durante il regime augusteo si ritirò a vita privata, in posizione di larvato dissenso. Intellettuale di notevole spessore, fu legato in gioventù ai neòteroi (Elvio Cinna gli dedicò un Propempticon Pofilonis) e compose opere poetiche; fu oratore di stile atticista e storico di indirizzo tucidideo: scrisse un'apprezzata storia delle guerre civili dal primo triumvirato alla battaglia di Filippi, in 17 libri. Per primo istituì una biblioteca pubblica (39 a.C.); animò un "circolo" di letterati e introdusse l'uso delle recitationes (letture davanti a un pubblico di invitati). Fu amico di Virgilio e di Cornelio Gallo e corrispondente di Cicerone, nel cui epistolario sono comprese alcune sue lettere (unici testi pervenutici con pochi frammenti delle opere).

atomismo

Dottrina formulata per la prima volta dai filosofi greci Leucippo e Democrito (V sec. a.C.), secondo la quale tutte le cose sono costituite dal vario aggregarsi di particelle indivisibili, dette atomi, che si muovono nel vuoto.

Augustus

Il termine é connesso alla radice del verbo augeo (da cui provengono anche i sostantivi auctor e augurium) e deriva da una radice indoeuropea che significa "accrescere, aumentare, far grande". Auctor é colui che agisce e crea qualcosa con il consenso degli dei: augustus, infatti, significa "maestoso, sublime, sacro". L’auctoritas é dunque, il prestigio personale, fondato sull’appartenenza ad una famiglia illustre, da generazioni impegnata nell’attività politica e militare, o su una virtus straordinaria.

Il concetto di auctoritas, che assicurò a Ottaviano il ruolo di capo indiscusso dello stato Romano, riunisce dunque in sé sia gli aspetti militari legati all’ideologia romana di victoria, sia gli aspetti familiari ben radicati nella società e nella mentalità di questo popolo.

auspicium

Cerimonia consistente nell'osservazione del volo degli uccelli e nell'ascolto del loro canto per interpretare il volere degli dei, prima di intraprendere una guerra o nel rito di fondazione di una città. L'interpretazione era chiamata augurium e augures erano i sacerdoti preposti al rito. La capacità di prendere auspici era la condizione essenziale di chi aspirasse ad una carica di comando. Finchè il patriziato si oppose all'accesso dei plebei alle principali magistrature, fondò il suo atteggiamento sull'incapacità di prendere auspici che avrebbero avuto i cittadini non patrizi, quasi tale capacità fosse un prerogativa di carattere ereditario. Deriva da auspex: "auspice".

B

basilica

E' una parola di origine greca per definire un edificio rettangolare con una navata centrale fiancheggiata da due (o quattro) minori, più basse, divise da colonne o pilastri, si apriva sul foro della città ed era centro di riunioni, di affari, luogo dove si amministrava la giustizia. Spesso una tribuna per i giudici (tribunal) sorgeva nel fondo della navata centrale, talvolta fornita di abside o esedra. Un vestibolo (chalcidicum) poteva precedere l'ingresso, genericamente situato sul lato breve opposto al tribunal.

bellum

Deriva, nell'accezione di "guerra", dall'originario duellum, bisillabico, ben attestato nella locuzione allitterante domi duellique (in pace e in guerra). Duellum si conserva senza variante nel sostantivo derivato perduellis, ovvero qui per duellum agit, il "nemico di guerra", sostituito poi in questo significato da hostis. Il derivato perduellio-onis si è conservato nella lingua del diritto pubblico per indicare un atto di ostilità nei confronti dello Stato, un atto di alto tradimento sia nel senso di attentare contro istituzioni , sia nel senso di tramare con il nemico, oppure di disertare, abbandonando il proprio posto in battaglia. Secondo Livio, sarebbe stato Tullio Ostilio a istituire i duumviri perduellionis che anticamente giudicavano intorno a questo reato, condannando il colpevole a essere appeso all'arbor infelix. Bellum può significare anche "lotta, combattimento" e al plurale si può usare nel significato di "esercito".

Bruto (Decimo Giunio, Albino)

Uomo politico e generale romano (morto nel 43 a. C.). Generale di Cesare, combatté contro Vercingetorige. Pretore nel 48 a. C., fece parte della congiura contro Cesare. Combattuto da Antonio, fu poi mandato in esilio da Ottaviano e ucciso da sicari di Antonio.

Bruto (Lucio)

Leggendario fondatore della libertà a Roma: cacciò Tarquinio il superbo nel 509 a. C.

C

Callimaco

Nacque a Cirene nel 310 a.C. Fu il primo a stendere una storia letteraria coi suoi Quadri, o Cataloghi in 120 libri con notizie biografiche e bibliografiche. Tra i maggiori poeti dell'età alessandrina, scrisse elegie (le Origini, in 4 libri), epigrammi, inni di carattere epico. Famosa la Chioma di Berenice, nota attraverso la riduzione latina di Catullo. Scrisse pure un poemetto epico, Ecale.

Campus Martius

Una pianura erbosa lungo il Tevere di proprietà dei Tarquini, poi consacrata a Marte, dove la gioventù si addestrava a esercizi fisici e militari e vi si tenevano i comitia (v.) centuriata.

Cassio Longino (Gaio)

Uomo politico romano (Roma 85-Filippi 42 a. C.). Ebbe parte importante nella congiura contro Cesare. Alleato di Bruto, partecipò con lui alla battaglia di Filippi, durante la quale si uccise.

cavea

Spazio riservato agli spettatori nel teatro e nel circo romano; per distinguere i vari posti, che erano distribuiti secondo il grado delle persone, si divideva in cavea prima, media, ultima, summa.

censor

In Roma antica, magistrato incaricato di censire la popolazione. La carica fu istituita verso la metà del V secolo a.C. in conseguenza della riforma centuriata, che si basava sulla suddivisione della cittadinanza in classi stabilite sul censo. In origine solo patrizi, i censori venivano eletti nei comizi centuriati, e scelti tra gli ex consoli. Eletti ogni cinque anni in numero di due, tenevano la carica per diciotto mesi, il tempo necessario per portare a termine il censimento. Il momento della loro elezione era segnato dalla cerimonia della lustratio, la purificazione della città, da cui il termine lustrum (che designa un periodo di cinque anni).

Il potere dei censori – comunque limitato dalla collegialità e dalla possibilità di procedere a condanne solo previa autorizzazione dei consoli – crebbe col tempo, nella misura in cui aumentavano i loro incarichi: revisione delle liste dei senatori (lectio senatus), cura dei costumi dei cittadini (cura morum), manutenzione degli edifici pubblici, controllo degli appalti. Decaduta alla fine della repubblica, la magistratura venne assunta più volte dagli imperatori, spesso in funzione antisenatoria.

Cerere

Divinità romana della vegetazione e dei campi, appartenente alla cerchia degli antichi dèi Indigetes, affine e connessa nel culto con la dea Tellus Mater (Madre Terra), personificazione divina del terreno coltivato, e come tale assimilata alla greca Demetra. Come ogni antica divinità del Lazio, anche Cerere faceva parte di una coppia divina, il cui rappresentante maschile era Cerus. Come dea dell'agricoltura era considerata anche protettrice dell'annona (approvvigionamenti) e della pace.

Cibele

Cibele, Rea o Magna Mater, figlia di Urano e di Gea, moglie di Crono, madre di tutti gli dei, partorì Zeus a Creta sul monte Ida, nascondendolo al padre che voleva divorarlo. Era una mistica divinità terrestre, procreatrice di tutto; il suo culto, di natura orgiastica, aveva sede specialmente in Asia Minore. La dea, secondo la tradizione, avrebbe amato un giovane suo sacerdote, Atis, vittima poi di una morte violenta. In onore di lui e di Rea si celebrava una festa all'inizio della primavera, con manifestazioni di dolore e di gioia furibonda, in mezzo al frastuono di musiche assordanti. Il culto dall'Asia Minore passò in Grecia e poi a Roma, dove aveva un tempio sul Palatino e dove si celebravano in suo onore delle feste dette Megalesi.

Cimbri

Popolo germanico, barbaro, in cerca di nuove sedi e prosperità. Nel 105 a.C. calando dal nord occuparono tutta la Gallia Narbonese e ad Aurasio sconfissero con facilità l'esercito romano. Nel 104 a.C., i Cimbri si erano divisi e procedevano verso la Spagna e la Gallia.

Cinna (Lucio Cornelio)

Capo del partito mariano e popularis, conservò il consolato dall'87 all'84.

circus

Costruzione a forma allungata con uno dei lati brevi a semicerchio, era usata come pista per le corse dei carri, equivalente all'odierno ippodromo. Al centro della pista, sulla quale prospettavano le gradinate per il pubblico, si trovava un grande muro alla cui estremità erano poste due colonne ad obelischi, metae, punto di conversione di marcia dei carri in corsa. Sui due lati corti del circo si aprivano rispettivamente la porta pompa dalla quale entrava la processione circense, e la porta triumphalis, da cui uscivano i vincitori. A Roma il più grande edificio di spettacolo fu il Circo Massimo.

civis

E' il cittadino, colui che gode del diritto di cittadinanza; questo si fonda sul concetto di libertà personale e sul rispetto dell'individuo, sanziona il possesso dei diritti civili e assicura la capacità di esercitarli. La cittadinanza romana non rimase solo una prerogativa degli abitanti di Roma e della loro discendenza, ma fu concessa anche ai "socii" e ad alcune città conquistate; era utilizzata dunque come strumento di governo per premiare la fedeltà degli alleati, la milizia nell'esercito romano, i rapporti politici. La concessione della cittadinanza permetteva alle popolazioni di conservare i loro diritti locali, godendo però di uno statuto giuridico più vantaggioso. Appartengono al campo semantico di civis anche i termini: civilis, -e ("civile, politico"), civitas, -atis ("cittadinanza, diritto di cittadinanza e città"), in corrispondenza del greco polis; così era anche indicata per antonomasia Roma.

classis

Dal latino, flotta. La flotta romana nacque per scopi essenzialmente militari. Venivano comunque costruite anche imbarcazioni per uso civile: erano denominate naves onerariae, oppure naves vectoriae (dal verbo veho, che vuol dire trasporto): erano molto ampie (in genere a vela) e venivano tutte utilizzate come navi da carico o da trasporto merci. Di dimensioni più ridotte erano i phaseli (piccole navi leggere), le cymbae (barche) e infine le lintres (scialuppe). La flotta militare era costituita da navi a due ordini di remi (biremis), a tre (triremis), a quattro (quadriremis), che in relazione alla loro velocità e al loro utilizzo si suddividevano in: nave ammiraglia (navis paretoria); nave da guerra (lunga fino a 50-60 metri, a remi, velocissima: navis liburnica); nave molto leggera (da vedetta e per il trasporto delle truppe: navis actuaria); nave da ricognizione(per spiare le mosse tattiche del nemico: navis speculatoria); piccola nave per portare dispacci da porto a porto: navis tabellaria); nave corsara (navis piratica). Il capo supremo della flotta militare era il dux che come comandante della marina da guerra era denominato praefectus classis. Suoi subordinati erano: il timoniere o pilota (gubernator); i comandanti delle sezioni dei rematori (decuriones); l'equipaggio dei rematores (remiges); i marinai (nautae); i soldati della marina (classiarii). Durante il principato di Augusto fu resa permanente la flotta da guerra suddivisa in due squadre: la flotta del Mediterraneo, di stanza a Miseno (in Campania), e la flotta dell'Adriatico di stanza a Ravenna. Successivamente vi furono aggregate altre squadre navali, specialmente in funzione di difesa dei confini dell'impero; nacquero così la classis Britannica, di stanza nel mare del Nord, e la classis Pontica sul mar Nero. Esistevano, infine, anche più esigue squadre navali fluviali (per esempio sul Reno e sul Danubio).

Cleopatra

Cleopatra VII Filopatore, figlia di Tolomeo XII Aulete, discendente della stirpe macedone che governava il regno ellenistico in Egitto, nacque nel 69 a.C. Dopo la morte del padre il regno andò nelle mani di lei, diciassettenne, e di suo fratello Tolomeo XIII. Tra i due nacque subito una contesa e Tolomeo XIII per ingraziarsi il favore di Giulio Cesare fece uccidere Pompeo. Cesare invece si schierò in favore di Cleopatra e la "guerra alessandrina" terminò con la vittoria di Cesare. Morto Tolomeo XIII, Cleopatra, all'età di ventidue anni, assunse il regno d'Egitto insieme al fratello minore Tolomeo XIV, suo sposo. Non era una donna bellissima, però era colta, intelligente, ricca di fascino e di comunicativa. Nella prima fase del suo regno fu molto legata a Roma e soprattutto a Cesare che l'aveva aiutata a assumere il potere. Nel 46 si stabilì a Roma con suo figlio Tolomeo Cesare, detto Cesarione, avuto da Cesare, e qui venne trattata come una vera e propria matrona romana. Dopo l'assasinio di Cesare nel 44a.C., Cleopatra tornò in Egitto e, quando suo marito, Tolomeo XIV, morì, associò il regno a suo figlio. In questo periodo i triumviri si lamentarono della sua scarsa partecipazione alla guerra contro i cesaricidi, ma quando, nel 41, Cleopatra conobbe il triumviro M. Antonio, che aveva assunto la direzione degli affari in Oriente, tra i due nacque un'intesa sia personale, sia politica. Dal punto di vista religioso, Cleopatra credeva nell'istituto delle "nozze sacre" (ierogamia), nato sotto forma di potere dinastico in Egitto. Inizialmente però Antonio si allontanò da Cleopatra, ma nel 37 si riappacificarono e Antonio riconobbe la paternità dei gemelli avuti da Cleopatra e di Tolomeo Filadelfo, il terzo figlio. Nel 34 decisero di fare le "donazioni alessandrine" e tutto il territorio orientale, fino all'Indo, andò nelle mani di Cleopatra, che voleva creare l'impero tanto sognato da Alessandro Magno, dove Roma non era al centro di esso ma semplicemento parte di esso.. Nel 32 Roma le dichiarò guerra : nella battaglia di Azio, però (2 settembre del 31a.C.), le navi egiziane fuggirono, ma ancora oggi non se ne conosce bene il motivo. Ottaviano ebbe la meglio, Antonio si uccise e Cleopatra, prigioniera, quando venne a sapere che Ottaviano l'avrebbe esibita come trofeo di guerra nel suo corteo trionfale, si tolse la vita.

colonia

Nel mondo antico era un insediamento da parte dei cittadini di uno Stato in un territorio conquistato al nemico; presso i Greci era l'insediamento di cittadini emigrati in massa da una città, i quali, vivendo in piena autonomia, conservavano con la madrepatria vincoli soprattutto religiosi e, spesso, anche politici e ne mantenevano le leggi e le consuetudini. Presso i Romani, la colonia era lo stanziamento di cittadini che restavano legati a tutti gli effetti con lo stato di origine che venivano mandati nei territori strategicamente più importanti di una provincia conquistata, per renderne più sicuro il possesso.

columna

elemento decorativo architettonico verticale con funzione di sostegno della struttura orizzontale (arco o trabeazione), o costruzione isolata a carattere decorativo o celebrativo. La colonna è costituita da un corpo centrale chiamato fusto, rastremato verso l'alto che appoggia su una base e termina con un capitello variamente scolpito e decorato, su cui poggia la trabeazione. Il capitello greco è di tre tipi, secondo gli ordini architettonici: dorico, ionico, corinzio, a essi si aggiungono, nell'architettura romana, il composito e il tuscanico.

comitium

Nell'antica Roma, assemblea legislativa o elettiva dei cittadini che si distingue dalla contio (assemblea pubblica) e dal concilium (riunione di membri selezionati). I comitia curiata vennero forse originariamente creati prima del VI secolo a.C., quando la forma monarchica dello stato romano fu riorganizzata in repubblica. Questa assemblea si basava sull'esistenza di trenta curiae, gruppi basati sulla consanguineità; ogni curia esprimeva un unico voto collegiale in materia di successione reale o di dichiarazione di guerra.

I comitia centuriata costituivano le riunione pubbliche più importanti che si tenevano a Roma dal V al III secolo. Aveva la sua unità base, di carattere militare, nella centuria. La votazione era ristretta ai membri della centuria, scelti in base al censo e all'età. Le leggi promulgate da queste assemblee erano definite plebiscita, ma dopo il 287 a.C. fu loro accordato reale valore di legge per tutto il popolo romano.

Intorno al 357 a.C. venne riconosciuto un altro corpo elettorale, i comitia tributa, che verso il 287 a.C. iniziarono a votare leggi, chiamate leges, le quali avevano valore legale per tutto il popolo romano. I comitia tributa erano assemblee del popolo diviso per tribù, con base territoriale più ampia di quella delle curiae. Durante il periodo prerepubblicano esistevano soltanto tre tribù ma, al momento della nascita dei comitia tributa, la popolazione era suddivisa in quattro tribù (tra Roma città e il territorio circostante). Ogni singolo membro della tribù aveva pari opportunità di voto, a prescindere dalla ricchezza, e ogni tribù esprimeva un voto collegiale.

Nel periodo repubblicano i comitia curiata persero importanza, negli ultimi anni della repubblica sia i comitia centuriata sia i comitia tributa acquisirono potere legislativo.

consul

La tradizione romana racconta che cacciati i re, i loro poteri passarono nelle mani di due sommi magistrati, eletti annualmente; la loro potestà non fu che la continuazione di quella regia, con le limitazioni essenziali della loro temporaneità e della loro collegialità. La designazione che in età storica prevalse fu quella di consules parola che deriva dalla radice stessa del verbo consulo col significato che il verbo ha nel latino classico di "provvedere"; non è sufficientemente fondata la nota ipotesi del "Mommsen", che vede nella parola la radice del verbo "salire", col valore di "saltare, danzare", che richiama all'analogia di proesul ed exul, sicché console significherebbe: "coppia saltante", e questa designazione sarebbe stata applicata alla somma magistratura repubblicana per mettere in luce una delle caratteristiche che più distingueva questa magistratura, cioè quella della collegialità. Secondo altri storici in origine ci fu un praetor, affiancato da uno iudex con funzioni giudiziarie. Il titolo di consul fu impiegato, a quanto pare, non prima del 450 a.C. e divenne normale a partire dal 367 a.C., quando ai due praetores se ne affiancò un altro, dapprima con pari potere, poi con funzioni subordinate, consistenti nell'esercizio delle funzioni giudiziarie.

I consoli erano eletti, durante la repubblica, dai comizi centuriati ed entravano in carica il primo gennaio: potevano accedere al consolato coloro che avevano percorso interamente la carriera delle cariche politiche.

Durante l' impero il diritto di eleggere i consoli passò nominalmente al senato, ma, di fatto, al principe. Se un console o entrambi per un qualsiasi motivo venivano a mancare, il senato assumeva il governo dello stato e procedeva alla nomina del console o dei consoli in sostituzione di quelli mancanti. I consoli convocavano e presiedevano il senato e i comizi curiati e centuriati, detenevano il potere esecutivo, curavano la leva militare, nominavano gli ufficiali, comandavano l'esercito in guerra e, in caso di estremo pericolo, i loro poteri erano notevolmente accresciuti dal senatus consultum ultimum, con il quale il senato dichiarava lo stato di emergenza e affidava ai consoli stessi i pieni poteri.

I due consoli governavano a rotazione, un mese ciascuno, oppure sei mesi continuativi a testa. Le loro insegne erano dodici littori (la scorta dei magistrati) con i fasci, la sella curulis (sedia ornata d'avorio) e la toga orlata di porpora (toga praetexta).

Crasso (M.Licinio)

Nato nel 114 a.C., fece fortuna in politica specialmente per le sue sterminate ricchezze. Fu un valoroso generale, sconfisse Spartaco in Lucania; fece parte del primo triumvirato con Pompeo e Cesare, combatté contro i Parti in Oriente, dove fu vinto e ucciso insieme al figlio (53 a.C.).

curia

Il sostantivo risulta dall'unione dei seguenti elementi: con + vir + ia, ossia "riunione di uomini"; con questo termine si indicavano: 1. La più antica ripartizione politica e religiosa del popolo romano, attribuita a Romolo, il quale avrebbe diviso i cittadini nelle tre tribù dei Romani, Sabini e Luceri e ogni tribù in dieci curie; 2. L'edificio, generalmente a pianta rettangolare, in cui si riunivano le curie create da Romolo; 3. La sede del senato: per estensione, indicò talvolta il senato stesso.

D

denarius

Nel sistema monetario romano è la prima moneta d'argento, che cominciò a essere coniata nel 269 a.C. col peso di grammi 4,55, insieme ai suoi sottomultipli, il quinario o mezzo denario e il sesterzio dal valore di un quarto di denario. Cesare (100-44 a.C.), con la coniazione sistematica dell'aureus, del peso di grammi 8,18, e fino ad allora coniato sporadicamente per iniziativa del Senato, conferì una base aurea al sistema monetario romano, poi perfezionato da Augusto (63 a.C. - 14 d.C.) che stabilì un rapporto fisso fra le monete: 1 aureo (d'oro) = 25 denari (d'argento) = 100 sesterzi (di bronzo) = 400 assi (di rame).

De republica

Trattato politico in forma di dialogo e in sei libri di Cicerone sullo Stato e sull'arte di governo, composto tra il 54 e il 51 a.C.

Diana

Antica divinità italica, identificata poi con la greca Artemide, "signora dei monti, delle verdi selve, delle radure remote e dei fiumi risonanti" (Catullo). Il suo culto era diffuso in diverse regioni d'Italia, ma il centro più importante si trovava sui Colli Albani, lungo le rive del lago di Nemi, a poca distanza da Aricia (Diana Nemorensis).

Dioniso

Dio del vino, della gioia, del benessere fisico. Di origine tracia, con una schiera di menadi o baccanti, di satiri, di sileni, girò la Grecia e passò in Asia, arrivando fino all'India, introducendo ovunque il suo culto. Nel culto venne messo in stretta relazione con Demetra, divinità della vegetazione, e con Apollo, con il quale aveva in comune la facoltà della divinazione e dell'ispirazione poetica. Per influenze asiatiche e specialmente frigie il suo culto assunse carattere orgiastico, con feste chiassose e disordinate per l'ebrezza dei partecipanti. I Romani lo adoravano sotto i nomi di Bacco e di Libero, divinità autoctona; e chiamavano Liberali e Baccanali le feste in suo onore.

E

equites

Il termine latino eques ha un duplice significato: quello di cavaliere e quello di appartenente al ceto equestre (eques romanus), anche se a Roma la creazione della cavalleria è precedente alla formazione dell'ordine equestre inteso come classe politicamente rilevante.

Le tre centurie di cento uomini ciascuna di epoca regia, arrivate a diciotto centurie alla fine della monarchia etrusca, godevano nei comitia centuriata di un peso politico superiore alle altre classi; in seguito, con il termine equites non si indicò più soltanto coloro che erano iscritti nelle diciotto centurie di cavalieri (equites equo publico), ma anche coloro che avevano una qualifica censitaria, tale da poter mantenere un cavallo a proprie spese (equites equo privato); proprio quest'ultima categoria formerà quel ceto equestre di cui sopra.

Riguardo al rapporto equites-Senatus come classi politicamente influenti, il senatus continuerà a costituire una nobiltà ereditaria esercitante il proprio potere sulla proprietà fondiaria, di cui era quasi esclusivo detentore; invece il ceto equestre (nobiltà personale) eserciterà quelle attività commerciali e di speculazione finanziaria cui i senatori non potevano accedere se non tramite intermediari, per lo più schiavi o liberti. Sarà proprio dal ceto equestre che nasceranno i cosiddetti homines novi (coloro che non avevano antenati illustri); infine C.Gracco accentuò l'antagonismo tra senatori e ceto equestre, concedendo a questi ultimi la competenza, prima spettante al senatus , di costituire i tribunali penali detti quaestiones perpetuae.

Augusto destinò a funzioni amministrative i cavalieri, la cui carriera culminava nel praefectus praetorio, organo più alto, dopo il princeps.

externus

Deriva dalla radice exter o exterus ("che sta fuori"), nel linguaggio filosofico vuol dire "ciò che si presuppone esistente, indipendentemente dalla conoscenza che se ne può avere", significa nel linguaggio letterario "straniero", ed è proprio quest'ultimo il significato specifico che assume nelle Res gestae di Augusto, che associato al nome gens, sta ad indicare i popoli stranieri al di fuori della cittadinanza romana.

F

fascis

I dodici littori, che precedevano i magistrati ogni qual volta comparivano in pubblico, portavano un fascio di verghe di olmo e di betulla lunghe circa 1.50 m, tenute insieme da corregge rosse, nelle quali era inserita una scure. Di origine etrusca, come è provato dal fascio trovato nella tomba del littore a Vetulonia, è il simbolo del potere coercitivo dei magistrati (pena della fustigazione e della decapitazione) e del loro imperium.

Fèbo

Lo Splendente, ovvero "il Puro. Nel mondo greco, in origine denominazione di una divinità della luce e della purezza; quindi epiteto di Apollo e Apollo stesso, sia prima sia dopo la sua identificazione con il Sole. Presso i Latini, epiteto poetico di Apollo in quanto dio del Sole e, per estens., il Sole stesso.

forum

Era il centro religioso, commerciale, amministrativo, culturale della città. Le città più importanti ebbero vari fori, denominati dai generi di cui vi si faceva commercio; così in Roma ci furono: forum olitorium, forum boarium, forum vinarium, forum piscatorium, ecc. Nelle città di nuova costruzione, dove la conformazione del suolo lo permetteva, il foro occupava il centro della città, al punto d'incontro degli assi viari principali (cardo maximus = nord/sud; decumanus maximus = est/ovest); nelle città marittime era in genere in vicinanza del mare; nelle città di origine preromana era in posizioni svariate. Le norme di Vitruvio per la costruzione di fori di tipo romano erano: larghezza 2/3 della lunghezza; porticati all'intorno in cui siano le botteghe dei cambiavalute; intorno anche gli edifici della basilica, della curia, del tesoro pubblico, della prigione.

G

Galliae

Ai Romani interessava controllare la fascia costiera a sud della Gallia per la sicurezza delle comunicazioni con la Spagna, ormai passata in loro saldo possesso, e così, dopo operazioni condotte contro singoli popoli gallici, Salluvi, Allobrogi e soprattutto Alverni, che erano in fase di minacciosa espansione, costituirono, con i territori costieri dalle Alpi alle Cevennes, la provincia della G. Narbonese, così chiamata dal nome della colonia di Narbo Martius (odierna Narbonne) che istituirono nel 118 a. C. La nuova provincia, invasa sul finire del secolo da un'ondata di Cimbri e Teutoni, che Mario però riuscì a sbaragliare nella battaglia di Aquae Sextiae (Aix) nel 102, fu celermente romanizzata grazie all'immigrazione in essa di numerosi mercanti italici. I Romani si appoggiarono a N sugli Edui, contro i quali però i Sequani chiamarono in aiuto Ariovisto re dei Suebi che invase il loro paese. A ciò fece seguito un'invasione di Elvezi.

Fu questa la premessa della conquista di tutta la G. a opera di Cesare. Chiamato in soccorso dagli Edui, Cesare, nel 58, ricacciò indietro sia Ariovisto sia gli Elvezi, vincendo l'anno dopo anche i Belgi che avevano formato una minacciosa coalizione di popoli gallici. Nel 56 Cesare distrusse la flotta dei Veneri e ridusse all'obbedienza gli Aquitani. Dopo alterne vicende, nel 52, Vercingetorige, impadronitosi del potere tra gli Alverni, sostenuto dai ceti popolari, promosse una sollevazione generale. Dopo aver messo in difficoltà Cesare a Gergovia, venutogli meno l'appoggio della cavalleria degli Edui, non lineari nella loro condotta, si rinchiuse ad Alesia, dove, tagliato fuori da ogni aiuto esterno, fu costretto ad arrendersi. Vinti gli ultimi focolai di rivolta, la Gallia tutta, chiamata Comata dalla lunga capigliatura dei suoi abitanti, entrava così sotto il dominio dei Romani.

Nel 27 a. C. Augusto ne organizzò l'amministrazione, dividendola in tre province: l'Aquitania, la Lionese, la Belgica; i tre proconsoli o legati che le governavano dipendevano da un superlegato che risiedeva a Lione. I rapporti con i singoli popoli o città erano basati su condizioni differenti: accanto a popoli federati ne esistevano altri liberi; molte città erano stipendiariae, soggette cioè a contributo. Ma la pace che ormai regnava dappertutto favorì lo sviluppo civile e la prosperità economica. La vita urbana si sviluppò anche per influsso delle numerose colonie dedotte, romane e latine. La romanizzazione procedette rapida: il latino si affermò nelle città, il celtico resistette nei ceti rurali. La cittadinanza romana venne prima concessa agli esponenti delle aristocrazie terriere che si affermarono dovunque, poi venne estesa a ceti sempre più larghi delle città.

gens

Il termine gens deriva da una radice semantica *gen molto diffusa in tutte le lingue indoeuropee, specie nel sanscrito, nel greco e nel latino. Il significato principale è quello di "generazione", dal greco antico gigènomai, diventato poi nel greco classico gignomai("nascere, diventare"), che ha in latino un equivalente nel verbo gigno, -is, genui, genitum, -ere, (forma arcaica: geno, -is, genui, genitum, -ere, "generare, produrre").

.Nell'ambiente indeuropeo il termine indica un gruppo umano fondato su legami di nascita e di sangue. Nell'antica Grecia l'origine del genos è discussa: secondo alcuni esso appare la prima forma di associazione umana, connessa all'idea di generazione, allargatasi poi alle tribù, allo Stato. Secondo altri il processo sarebbe avvenuto a rovescio, con la distribuzione delle famiglie nelle tribù, nelle fratrie e nei gene. Una terza teoria sostiene che i gene si sarebbero formati nello Stato col differenziarsi delle classi sociali. I capi del genos si chiamavano gennetai e i membri venivano definiti eupatridi, in relazione agli antenati risalenti a età lontane. Con l'affermazione della democrazia e la perdita dei privilegi politici i gene conservarono un carattere religioso e si presentarono come associazioni di famiglie legate da riti e sacrifici comuni e raggruppate a loro volta in fratria.

Significato del tutto simile ha il vocabolo latino gens, che nell'antica Roma indicava un gruppo di famiglie risalente a un capostipite comune, spesso leggendario, e che avevano culti propri, costumi, usi e comportamenti tradizionali, uno stesso nome gentilizio. Nell'ambito di ciascuna gens la terra era forse in origine di proprietà collettiva. Ogni gens, costituita in età arcaica da poche famiglie proliferate ovviamente da un nucleo familiare originario, era affiancata da clienti. Con il passare del tempo, e allargandosi la cerchia delle famiglie collaterali, i legami nell'interno della gens si rilassarono: nuovi gruppi familiari si formarono, conservando ugualmente, nel nome e in certi riti e usanze, richiami ideali con gli antichi gruppi gentilizi.

Germania

Nel 16 a.C. una generale insurrezione scoppia fra i popoli del medio Reno (Sicambri, Usipetie Teuteri) che, sorti in armi, passano il fiume venendo ad assalire i Romani nella Gallia: affrontati da una legione comandata dal legato Marco Collio, la sconfiggono, conquistandone l'insegna.

Fu forse questo il fatto decisivo che indusse Augusto, ad affrontare direttamente il problema della pacificazione al di là del Reno e della conquista fino all'Elba, non tanto per aggiungere nuove terre all'impero, quanto per dare la necessaria sicurezza al confine della Gallia e indirettamente anche a quello delle regioni dell'alto e medio Danubio, con cui il primo si collegava. L'impresa cominciò con buoni auspici per quanto attraverso difficoltà non lievi. Nel 12 a.C. furono i Germani stessi che sembrarono prendere l'offensiva insorgendo di nuovo contro i Romani, uccidendo quanti di questi si trovavano nel loro territorio e tentando il passaggio del fiume: Druso sottomise i Sicambri e i loro vicini attraverso le terre del basso Reno e lungo la costa del mare del Nord: Druso navigando verso oriente giunse fino al territorio dei Canci che divenne, sul mare, confine romano. L'anno seguente l'esercito passò il Reno, soggiogò i Sicambri, i Catti e i Cherusci, stabilì una guarnigione nel territorio conquistato. Un'insurrezione dei Catti nel 10 a.C. diede a Druso motivo di passare l'anno dopo il Reno; questa volta si spinse più verso oriente toccando le rive dell'Elba: ma per un doloroso incidente morì.

Raccoglie il comando suo fratello Tiberio che riportò di nuovo l'esercito oltre il Reno, spingendo alcune popolazioni e pacificando la regioni tra il Reno e l'Elba e considerandole come un aggiunta all'Impero. Comunque la Germania non era tranquilla: la ribellione covava nei popoli ancora tutt'altro che sottomessi e scoppiava di quando in quando in piccole episodi locali. Quando tornò Tiberio nel 4 d.C. l'esercito romano svernò per la prima volta nel territorio Germanico, dove fino ad ora non si era avventurato che nella stagione estiva. Ci furono nuove percosse nella regione fra il Reno e l'Elba e alcune tribù ribelli come i Cherusci, Longobardi. Cimbri e Semnoni riconobbero il dominio di Roma. Il possesso della regione era definitiva: si trattava solo di consolidarla, ma la rivolta dell'Illiria e Pannonia obbligò Tiberio a rinunciare ai suoi piani. L'allontanamento di Tiberio e il malgoverno di chi lo succedette (Publio Quintilio Varo, v.) fece maturare nei Germani i germi della rivolta. La rivolta scoppiò nel 9 d.C. e finì con lo sterminio dell'esercito romano nella selva di Teutoburgo.

Giove

Dio italico del cielo, di sicura origine indoeuropea, presiedeva ai fenomeni atmosferici ed era onorato con gli appellativi di Tonans, Pluvius e Fulgurator. Assimilato al greco Zeus, era capo e padre degli dei e degli uomini, dispensatore dei beni e dei mali ai mortali, simbolo della giustizia, protettore dello stato e garante delle promesse e dei giuramenti. Per tutte queste competenze era invocato come Optimus Maximus e come tale presiedeva la Triade capitolina (Giove, Giunone, Minerva). Aveva anche altri epiteti, fra i quali quello di Feretrio (da ferio, "ferire" o da ab exuviis ferendis, "dal portare le spoglie"), che richiama la pratica di consacrare a Giove il bottino di guerra, e di Tonante (da tono, -are), che rimanda al tuono come attributo di questa divinità.

Giunone

Antica dea italica poi assimilata alla greca Era; sposa di Giove, era simbolo della femminilità e protettrice delle donne in ogni fase della loro vita. Infatti come Pronuba presiedeva alle nozze, come Interduca conduceva la sposa alla nuova casa e come Lucina proteggeva le partorienti. Divenne poi un'importante dea dello stato e con l'appellativo di Regina costituiva con Giove e Minerva la Triade venerata nel tempio sul Campidoglio. E' la divinità femminile corrispondente a Giove e, come tale, si presenta, da un lato, nell’aspetto di dea dell’atmosfera e della pioggia, dall’altro, in quello della divinità lunare.

H

Hispania

Tra gli Iberi, primitivi abitanti della Spagna affermatisi soprattutto nella ricca zona sud-occidentale, si vennero presto a inserire, attratti dalle ricche miniere di argento e di rame e da un'agricoltura fattasi prospera, i più antichi navigatori del Mediterraneo orientale: i Fenici, che installarono empori a Gades e Málaga, gli Egeo-Cretesi e, verso nell'VIII-VII a.C., anche i Greci provenienti dalla focese Marsiglia che installarono basi sulla costa orientale. Successivamente, intorno al VI secolo, si ebbero dal Nord verso la zona centro-occidentale della penisola immigrazioni di Celti che si fusero con gli Iberi dando origine alla popolazione mista dei Celtiberi. Contemporaneamente iniziò l'azione colonizzatrice dei Cartaginesi che in breve riuscirono a subentrare ai Fenici e a imporsi agli Iberi e, dopo la battaglia del 535 a. C. ad Alalia, nelle acque della Corsica, anche ai Greci estendendo così il loro predominio sulle fasce costiere orientali e meridionali della Spagna. Durante la I guerra punica (264-241 a.C.), le popolazioni spagnole si ribellarono ai Cartaginesi, ma questi, pur soccombenti nel conflitto, con Amilcare e, più tardi, con Annibale, tornarono a instaurare la propria preminenza nella penisola. Scoppiata la II guerra punica (218-212 a.C.), la S. divenne anch'essa teatro del conflitto e, dopo la presa di Cartagine a opera di Scipione nel 209 a.C., le sue zone cartaginesi, nucleo delle future province della Spagna Citeriore e Ulteriore, passarono sotto il controllo romano.

L'ordine imposto da Roma suscitò subito a più riprese rivolte e guerriglie tra le tribù interne, specialmente tra i Lusitani e i Celtiberi, che impegnarono duramente per anni le legioni romane: successi ottennero contro di esse Catone, inviato in Spagna nel 195, e, soprattutto, Tiberio Sempronio Gracco, padre dei futuri tribuni, che assunse il comando delle operazioni nell'anno 179 e, col suo atteggiamento benevolo nei confronti delle tribù locali sottomesse, assicurò alla penisola un ventennio di pace. Nel 154, alla ripresa dei moti di rivolta, Roma, temendo che Cartagine ne approfittasse per riprendere le sue mire espansionistiche, inviò in Spagna un esercito di circa trentamila uomini che, tuttavia, riuscì ad aver ragione dei ribelli solo con Scipione Emiliano che nel 133 fece capitolare, dopo un assedio estenuante, la città di Numanzia, ultimo centro della resistenza dei Celtiberi. L'intera penisola passò così sotto il controllo di Roma e da allora iniziò, pur con nuove rivolte locali, il processo di romanizzazione, soprattutto grazie a insediamenti coloniali.

Nel I sec. a.C. si ebbe però in Spagna un generale moto insurrezionale e a mettervisi a capo fu Sertorio, che, dopo aver militato nelle file di Mario, aveva abbandonato l'Italia con altri, sottrattisi alle contese civili del tempo. Sertorio riuscì addirittura a staccare la Spagna da Roma, ma la rivolta fu presto stroncata da Pompeo (73), che si trattenne poi sul posto per qualche tempo a riorganizzare la provincia. Nel 68 a. C. fu questore in S. Cesare che vi tornò nel 45 quando, a Munda, spense l'ultimo focolaio di resistenza pompeiana. Nel 29 a.C. le rivolte ripresero violente tanto che Augusto stesso rimase in S. dal 27 al 24, quando la situazione parve migliorare; ma quando essa tornò ad aggravarsi nel 22 e nel 19 a.C., Agrippa si spinse nelle montagne dell'interno e pose fine definitivamente al problema spagnolo massacrando e trapiantando in pianura le tribù ribelli. Augusto divise la Spagna in Citerior o Tarraconensis, Lusitania, e Ulterior o Baetica, province imperiali le prime due e senatoria la terza.

hostis

Hostis deriva da *ghostis; termine primitivo con l’accezione di "ospite", (hospes); i valori di hostis sono i seguenti:

-"straniero". Il significato originario di "straniero" si conserva nel testo della legge delle XII tavole; anche in greco xénos, che significava nella lingua omerica "ospite", giunse a indicare successivamente lo straniero;

-"nemico pubblico" della patria, delle istituzioni, che si combatte soprattutto in guerra; mentre inimicus (in+amicus) propriamente "non amico" è il nemico personale; adversarius, "antagonista, emulo, rivale" nell'agone politico o sportivo, ma senza alcuna particolare connotazione di ostilità.

"Straniero" e "nemico" avevano l'identico significato perché l'antitesi tra il civis romanus e lo straniero era avvertita in modo molto marcato. In latino il significato di "straniero" si può esprimere anche con peregrinus (dall'avverbio peregre), "colui che è al di fuori dei limiti della comunità" e con advena, "colui che viene dal di fuori". Per solidarietà sematica con hostis abbiamo in latino: hostilis,-e, "ostile, nemico"; hostiliter, "con ostilità".

I

imperator

L'accezione originaria di imperator è "comandante". L' imperator è colui che per una lex curiata de imperio riceve l' imperium, il "sommo potere"; ovvero il comando dell'esercito in guerra e l'ufficio di giudice in pace. Il titolo generico dei generali romani fu poi inteso come titolo onorifico particolare, "il comandante supremo", di cui fregiarsi dopo una battaglia vittoriosa; il titolo veniva tributato anche più volte, dai soldati al generale sul campo di battaglia. Da Augusto in poi, durante l'età imperiale, imperator passò a significare "imperatore". Augusto, come già Cesare, ottenne dal senato il titolo di imperatore a vita, trasmissibile in eredità ai discendenti: per questo motivo il termine imperator venne a equivalere a princeps. Addirittura, con Tito Flavio Vespasiano (9-79 d. C.), il titolo imperator divenne ufficialmente un prenome del princeps.

imperium

Il termine designa il potere sovrano: quello per esempio del pater familias sui propri figli, del dominus sugli schiavi. Nel linguaggio politico l' imperium è il comando, il potere supremo di provvedere al bene pubblico anche al di fuori della legge. Era investito di imperium il pretore per quanto concerneva l'esercizio della giurisdizione in città e nell'esercito. L' imperium non deve essere confuso con la potestas che è invece l'autorità amministrativa detenuta dagli ufficiali dello stato romano.

Irzio (Aulo) e Vibio Pansa

Consoli nel 43 a.C., cesariani, morirono in aprile a distanza di poche ore, Irzio sul campo di battaglia di Forum Gallorum, Pansa per le ferite riportate in combattimento, lasciando tutto l'esercito consolare nelle mani di Ottaviano, giovane propretore, che, entrato in Roma con le truppe, si fece proclamare console all'età di ventanni.

Iullo Antonio

Figlio di M.Antonio e di Fulvia, console nel 10 a..C., fu coinvolto nello scandalo di Giulia e si uccise nel 2 a.C.

iustitia

Deriva dal sostantivo ius, iuris, il termine latino specifico che indica il diritto fondato sulla legge umana e sulla consuetudine, in opposizione a fas, che designa il diritto divino.

L

Lari

Entità sovrumane che svolgevano la funzione di protettori della casa e del podere e si mostravano benevoli con i loro abitanti; assumevano invece un aspetto terrifico contro tutto ciò che poteva minacciare dall'esterno la casa e la proprietà terriera. Per questo, presso i loro simulacri, conservati e venerati in casa, veniva spesso raffigurato il cane che, mentre custodisce i beni del padrone, tiene lontani quanti abbiano intenzione di attentarvi.

laticlavius

I romani chiamavano clavi le fasce che ornavano le vesti, le coperte, ecc. Nelle prime, e più precisamente nelle tuniche, la disposizione, la larghezza e il colore di queste fasce potevano variare. La tunica guarnita di fasce purpuree era riservata, come speciale privilegio, ad alcune categorie di cittadini, e cioè ai senatori e ai cavalieri. Secondo la tradizione l’origine di questo segno di distinzione sarebbe da ricercarsi fra gli etruschi; può essere che nei tempi antichi esso fosse il distintivo del patriziato: certo è che soltanto nel I a.C., allo scopo di dare ai senatori un segno di distinzione più alto di quello dei cavalieri, si fissò per i primi l’uso di una tunica con fasce purpuree larghe (latus clavus) mentre ai secondi rimane la tunica con fasce più ristrette (angustus clavus): ma mentre la prima era propria soltanto dei senatori, la seconda poteva essere portata piuttosto come abuso, anche da chi non apparteneva alla classe dei cavalieri. La maggiore o minore larghezza delle fasce, che erano tessute nella stoffa, e che sembra corressero lungo i bordi di essa, era relativa: non vigeva a riguardo nessuna norma fissa. Col tempo, ma già da Augusto fu esteso l’uso del laticlavius a tutti i membri delle famiglie senatorie: il giovane lo prendeva insieme con la toga virile, uscendo dalla minore età (iuvenis laticlavius); la concessione del laticlavio divenne perciò simbolo e sinonimo di aggregazione all’ordine senatorio. E’ dubbio se avessero il diritto del laticlavio i decurioni dei municipi e delle colonie: da un passo di Orazio sembrerebbe che il portarlo da parte loro fosse piuttosto una ridicola ostentazione di dignità. La tunica laticlavia si portava discinta; nei momenti di lutto pubblico essa veniva deposta e sostituita con una tunica angusticlavia.

legatus

L'accezione originaria di legatus,-i è "legato" dal verbo legare, "delegare a qualcuno il compito, l'incarico di fare qualcosa". Il legatus è il delegato, l'ambasciatore la cui persona è sacra e inviolabile (legatio è l' "ambasciata"). In età repubblicana è soprattutto il "luogotenente", il comandante in seconda; mentre in epoca imperiale il termine viene usato nell'accezione di "comandante di legione" e "governatore". L'uso di mettere legati al comando delle legioni fu introdotto da Giulio Cesare e divenne una regola con Augusto.

Livia Drusilla

Moglie di Augusto (57 a. C.-29 d. C.), fece adottare come suo successore il proprio figlio Tiberio.

Livio (Tito)

Nacque nel 59 a.C. a Padova e si dedicò interamente alle lettere (retorica, dialoghi filosofici) e soprattutto alla stesura della sua opera storiografica, Ab urbe condita libri. Ne compose 142, dalle origini al 9 a.C., che furono presto divise in decadi, di cui restano la I (dalle origini fino al 293 a.C.), la III (seconda guerra punica), la IV e metà della V che comprendono gli avvenimenti delle guerre macedoniche dal 201 al 168. Della parte perduta restano scarni riassunti detti periochae. Fu amico di Augusto, sebbene non celasse la sua predilezione per Pompeo. Tornò vecchio a Padova e vi morì nel 17 a.C.

Lollio (M.)

Legato di Augusto, sconfitto dai Germani nel 9 d.C.

Ludi Saeculares

I ludi Saeculares erano stati istituiti in tempi antichissimi, in connessione con un prodigio avvenuto sulla riva sinistra del Tevere nel luogo detto Terentum, dove fu poi il Campo Marzio, e furono dapprima chiamati appunto Terentini. I libri Sibyllini, custoditi dai Quindecenviri, regolavano lo svolgimento di questi ludi che in origine ebbero carattere espiatorio, per placare le divinità sotterranee Dite e Proserpina, in onore delle quali si svolsero ancora in epoca storica, come ricaviamo da una notizia di Varrone riferita all'anno 249 a. C. Furono ripetuti poi nel 146 a. C. L'intervallo tra i giuochi, prescritto dai libri Sibyllini, era di un secolo, della durata di cento anni secondo il computo romano, di centodieci secondo il computo etrusco.

M

magistratus

Come sostantivo astratto il termine designava qualsiasi "magistratura" o "carica pubblica"; per metonimia passò poi a indicare l'uomo che la ricopriva, cioè il "magistrato", in quanto pubblico funzionario con responsabilità di governo.

Marte

Una delle maggiori divinità venerate dai Romani, dopo Giove. In origine Mavors, era una divinità agreste (da lui infatti prende nome martius, il primo mese della primavera) espressione di un popolo dipendente dall'agricoltura, ma spesso impegnato nella guerra. Assume quindi anche gli attributi di divinità guerriera e, assimilato al greco Ares, divenne il dio della guerra. A Roma godeva di onori particolari in quanto simbolo della potenza della città e padre di Romolo. Per il suo culto il re Numa aveva istituito il collegio dei sacerdoti Salii (v.).

Mecenate (C.Cilnio)

Amico e confidente di Augusto, cavaliere romano, discendente dai re d'Etruria, nato fra il 74 e il 64 a.C. ad Arezzo; ebbe gran parte nella vittoria di Azio. Scrittore in versi e in prosa, fu autore di un Prometheus e di un Symposion. Morì nell'8 a.C.

Meroe

Nell'età augustea avvenne la decadenza dello stato di Meroe: l'indebolimento di questo regno iniziò col primo secolo d.C. I re limitarono al massimo le edilità militizie e le città si spopolarono, decadde perfino la capitale. A Meroe è stato ritrovato un bronzo di Ottaviano.

militia

Miles, militis è il termine generico per indicare "soldato", spesso viene usato al singolare collettivo, con il significato di "esercito". Secondo l'etimologia popolare ricordata da Varrone il termine sarebbe da ricollegare a "mille", perché ciascuna tribù romana dei Tizi, Ramni e Luceri, forniva mille soldati per il reclutamento.

Miles, può anche indicare la fanteria o le truppe, in contrapposizione alla cavalleria. Per solidarietà semantica abbiamo il latino: militaris, militare, ("proprio del soldato"), militia, -ae ("vita militare, servizio militare"), milito, -as, -are ("prestare servizio militare").

Minerva

Dea italica protettrice della città e dei mestieri, aveva originariamente attributi più domestici che guerrieri. Quando fu assimilata alla greca Atena divenne, oltre che protettrice delle arti e delle scienze, anche dea della guerra, intesa come perizia e capacità strategica contrapposta alla forza e alla violenza di Marte. Il suo culto si affermò a Roma dopo l'introduzione della Triade capitolina di cui Minerva faceva parte.

municipium

Fin dall'età repubblicana designa certe comunità cittadine dipendenti da Roma. Per municipes, si intende il concetto della persona giuridica. Municipium (munus + capere), esprime l'idea di una sottomissione a un potere, ed era la comunità cittadina che ha perduto il potere per essere annessa a Roma senza partecipazione ai diritti politici. Erano tali anche le città foederatae, che conservavano formalmente la loro sovranità. Conciliabula sono le frazioni dipendenti dai municipi stessi o dalle prefetture.

N

Nevio (Gneo)

Poeta latino, nato in Campania, soldato nella prima guerra punica, ne cantò le gesta e attaccò vivacemente i più grandi personaggi dello Stato, come i Metelli e gli Scipioni; esiliato a Utica vi morì il 199 a.C. Autore di commedie e tragedie palliate e delle prime praetextae. Scrisse anche il poema in versi saturni Bellum Poenicum.

O

Omero

Il più grande poeta greco, supposto autore dell'Iliade e dell'Odissea. Secondo la tradizione era un vecchio aedo, povero e cieco, vissuto fra l'XI e l'VIII sec. a.C. Oggi, si suppone che sia vissuto intorno al IX sec. e nato forse a Smirne.

oppidum

Opera di difesa militare, fortificazione che ha lo scopo di far sì che i pochi possano difendersi dai molti aumentando il valore difensivo. La fortificazione può essere permanente, provvisoria, campale. La fortificazione permanente soddisfa scopi strategici e organici. La fortificazione provvisoria o temporanea resiste alle offese quanto la permanente. Quella campale è apprestata dalle truppe stesse addette alla difesa e ha strutture molto semplici.

Orazio Flacco (Quinto)

Nato a Venosa nel 65 a.C., il padre volle educarlo a Roma; in seguito frequentò a Napoli la scuola epicurea di Sirone in compagnia di Virgilio (v.). Iniziata l'attività poetica con gli Epodi e le Satire, nel 39 fu presentato a Mecenate che lo legò a sé come amico e gli donò un podere nella Sabina. Augusto gli offrì un posto di segretario, ma Orazio declinò l'invito, assecondando tuttavia il programma del princeps sia sul piano politico sia su quello letterario: Morì pochi mesi dopo Mecenate, nell'8 a.C. Oltre agli Epodi (17 componimenti) e alle Satire (due libri), composti fra il 40 e il 30, scrisse quattro libri di Odi, fra le quali si distinguono le c.d. Odi romane. Nel 17 Orazio fu incaricato di scrivere il Carmen saeculare in onore di Apollo e Diana, da cantare durante i ludi saeculares. Nel 20 iniziò a pubblicare le Epistole il secondo libro delle quali comprende tre lunghi componimenti di argomento estetico fra cui l'Ars poetica.

orchestra

Spazio compreso nel teatro tra gli ultimi gradini e la scena; qui i cori danzavano e cantavano intorno all'altare di Dioniso.

ordo equester

Nella storia di Roma antica, termine con cui si designa il gruppo sociale che riunisce i cavalieri (equites, v.), costituitosi in ordine (ordo) nel corso dell'età repubblicana. Con l'organizzazione centuriata dell'esercito, attribuita a Servio Tullio, vennero costituite diciotto centurie di cavalieri le quali, nei comizi centuriati, detenevano la maggioranza dei voti insieme alla prima classe di fanteria. Grazie alla politica espansionistica di Roma nel Mediterraneo, a partire dal III secolo a.C. i cavalieri aprirono una serie di società commerciali per l'appalto dei servizi allo stato e per lo sfruttamento delle nuove risorse e delle opportunità finanziarie che le conquiste avevano promosso. Con la lex Claudia del 218 a.C., che vietava ai senatori il possesso di navi da carico, si sancì di fatto la prerogativa dei cavalieri di investire i propri capitali in attività commerciali e di appalto. Riuniti in società di publicani, i cavalieri si costituirono così in un ordine chiuso – l'ordo equester – a cui vennero iscritti i cittadini aventi un reddito superiore a 400.000 sesterzi. La mancanza di diritti politici pari a quelli attribuiti all'ordine senatorio provocò una serie di contrasti, che vennero sanati solo con l'instaurazione del principato.

Con Augusto – quando si eliminarono gli appalti provinciali – i cavalieri andarono a costituire il ricco ceto di funzionari amministrativi del nuovo sistema burocratico dell'impero, direttamente sotto il controllo dell'imperatore e detentore di un potere che politicamente controbilanciava quello dei senatori.

ovatio

Si tratta di un tipo di trionfo minore rispetto al trionfo curule (v.). Durante la cerimonia il generale vittorioso (imperator) era onorato con una grande acclamazione mentre saliva il Campidoglio coronato di mirto, per offrire un sacrificio nel tempio di Giove Ottimo Massimo. Il termine deriva dal verbo ovo, -are: "celebrare l' ovazione" e quindi "gioire", "esultare".

Ovidio Nasone (Publio)

Nacque a Sulmona nel 43 a.C. da ricca famiglia equestre e frequentò a Roma le migliori scuole di retorica e grammatica. Affermatosi con le sue opere di argomento mitologico ed erotico nel clima brillante della capitale e della corte di Augusto, quando ambiva con le sue opere maggiori ad assecondare gli intenti del princeps, fu mandato in esilio a Tomi nell'8 d.C. Nonostante le suppliche reiterate, non ottenne grazia né da Augusto né dal successore Tiberio e morì in esilio nel 18 d.C. La prima opera sono gli Amores (5 libri), pubblicati verso il 15 a.C. Contemporaneamente elaborava le Heroides, elegie in forma di epistola, scritte da eroine e da eroi del mito. In seguito scrisse l'Ars amatoria (3 libri), una delle ragioni del suo esilio, e i Remedia amoris (tra l'1 e il 2 a.C.). Opere più impegnate sono la Medea (12 a.C.), le Metamorfosi (15 libri) e i Fasti non ultimati (8 a.C.). Da Tomi inviò a Roma i Tristia (5 libri) e le Epistulae ex Ponto (4 libri).

P

pater patriae

Il sostantivo pater, formato dalla radice indoeuropea pa non indica la paternità in senso fisico, per esprimere la quale si ricorre piuttosto a parens e genitor; pater esprime un valore sociale. Nella vita dei romani il pater familias è, infatti, una figura di grande rilevanza soprattutto sociale e religiosa. Il termine patria,-ae ("terra, patria") rappresenta, a sua volta, una primaria nozione civile e morale, derivante dall'aggettivo patrius, a, um e con il significato di "terra dei padri".

Il titolo di pater patriae sanciva il riconoscimento dell'autorità di Augusto a tutti i livelli della vita sociale: come principe padre, egli si faceva garante della concordia ordinum. Questo atto mirava alla sacralizzazione dei rapporti fra il princeps e i suoi sudditi: dal momento in cui accettavano di considerarlo come loro padre, essi avevano il dovere di comportarsi come figli, manifestando sentimenti di pietas e di fides (v.). I rapporti politici erano perciò considerati come proiezione di quelli familiari; questo accentuava e rafforzava l'auctoritas e il potere del principe, inserendoli in una dimensione sacra che preparava la strada alla divinizzazione e al dominato.

pax

Deriva dalla radice pac- che si trova nel verbo pango che significa propriamente "conficcare", "piantare" e ha quindi in sé l'idea del "fissare" una condizione di stabilità e di armonia conseguenti a un pactum. Pax era anche una dea personificante la "pace", il cui culto, come pax Romana, venne instaurato da Augusto.

Penati

Protettori "della dispensa" (penus), quindi della famiglia e del focolare domestico, benevoli solo verso gli appartenenti a quello specifico gruppo familiare; quando la famiglia si trasferiva portava con sé i propri Penati, mentre i Lari (v.), legati specificamente alla casa venivano lasciati. Esistevano anche i Penati dello Stato romano, detti Publici o Maiores, portati in Italia da enea e custoditi a Lavinio. A Roma i sacerdoti si organizzavano in confraternite o collegi (collegia), divisi in base all'attività e al culto cui erano preposti.

peregrinus

Nelle leggi delle XII Tavole lo straniero è chiamato hostis, con la stessa parola che sarà usata in seguito solo per il nemico. Più recente è la denominazione dello straniero come peregrinus, cioè come colui che è venuto attraverso la campagna (per agros). Il termine designava il cittadino di uno stato sovrano alleato con Roma e protetto da un foedus o da un hospitium. Verso la metà del III secolo le relazioni commerciali tra Roma e gli altri stati avevano evidentemente assunto dimensioni tali che fu istituito un apposito magistrato giurisdizionale per i processi fra stranieri o fra stranieri e cittadini romani, il praetor peregrinus

I peregrini, uomini delle nazioni sottomesse privi di cittadinanza, sono arruolati nelle ale e nelle coorti (auxilia), il loro servizio militare dura 25 anni ed è obbligatorio (schiavi e peregrini servono anche nella flotta con la ferma più lunga di tutti:26 anni). Compiuti i 25 anni di ferma, essi normalmente diventano cittadini romani (dalla seconda metà del II secolo d.C. lo sono già) e ottengono il connubium col diritto che i figli nati dalle unioni con donne peregrine siano senz'altro cittadini romani.

pietas

I Romani indicavano con pietas la scrupolosa osservanza degli obblighi sostanziali e formali verso coloro ai quali si doveva riconoscenza e gratitudine: è innanzitutto sentimento di venerazione per gli dei e puntuale osservanza delle pratiche religiose; è in secondo luogo accettazione degli obblighi del buon cittadino che ama in primo luogo la patria e quindi se stesso e gli altri; è infine scrupoloso adempimento dei doveri che ci legano ai genitori, ai parenti, agli amici. La pietas è dunque una virtù non individuale, ma sociale, in quanto propone un ideale di uomo che per realizzarsi deve sentirsi armonicamente inserito entro una fitta trama di rapporti, strutturati secondo una precisa gerarchia di valori. Il termine viene così reso talvolta con "religiosità", talora con "rispetto" o con "amore".

Pompeo Magno (Gneo)

Generale e uomo politico romano (106-48 a. C.). Nell’83 prese parte con Silla alla guerra civile, ottenendo il comando della campagna contro i sostenitori di Mario (82-80). Proconsole in Spagna, vi soffocò l’opposizione mariana, capeggiata da Sertorio, e sottomise la regione (72-71). Tornato in Italia, vinse con Crasso la rivolta di Spartaco e fu eletto console (70). Nel 67 sgominò i pirati che infestavano il Mare Mediterraneo, quindi comandò la guerra contro Mitridate, re del Ponto (66), che fu rapidamente sconfitto. Dal Ponto passò in Siria e in Giudea, conquistando a Roma due nuove province. Al suo ritorno (62) sciolse l’esercito, indebolendo così la sua posizione, tanto da essere costretto all’alleanza con Licinio Crasso e con Cesare (il cosiddetto primo triumvirato). Alla morte di Crasso (53) si scontrò con Cesare. Invitato dai senatori a difendere la repubblica, nel 49 fu costretto alla fuga dalle forze di Cesare, che aveva varcato in armi il Rubicone. Sconfitto a Farsalo (48), sbarcò in Egitto, dove fu fatto assassinare dal faraone Tolomeo XIV.

pontifex maximus

Nell'età arcaica il culto era presieduto dai sacerdoti e il sommo sacerdote era il re. Più tardi le funzioni religiose vennero separate da quelle civili, che furono assunte dai magistrati. In età repubblicana, i riti prima officiati dai re vennero affidati al sacerdote supremo, quello di Giano, il dio che avrebbe insegnato la civiltà agli antichissimi abitanti del Lazio. La custodia della religione di stato fu assunta dal collegio dei pontefici, dapprima in numero di quattro, poi, dopo il 300 a.C. di otto e, infine, di 15 membri. Il loro capo, il pontefice massimo, sceglieva i flamini, sacerdoti addetti ciascuno al culto di una divinità particolare e dirigeva la sorveglianza del culto ufficiale e pubblico.

populus

Nel latino arcaico è il popolo in armi; fa parte del popolo solo chi è in grado di combattere. E infatti nella storia costituzionale romana il popolo finirà coll'identificarsi con le assemblee, i comitia; dal popolo è inizialmente esclusa la plebe. Nell'espressione solenne Senatus populusque romanus, popolo è l'insieme dei cittadini che partecipa alle assemblee. Solo in età tardo-repubblicana il termine perderà questa accezione ristretta, per significare la massa.

porticus

Parte inferiore di un edificio a livello del suolo, caratterizzato da una copertura piana o a volta, sorretta da pilastri o da strutture ad arco. Utilizzato negli edifici pubblici, soprattutto se prospettanti su uno spazio aperto come il foro o su una piazza, ha funzione di passaggio coperto, di riparo e anche decorativa. Il vocabolo latino "porticus" indica propriamente una galleria ornata con statue e quadri per passeggiate coperte o per riunioni politiche e commerciali.

praefectus

Titolo di speciali magistrati civili e militari che ricevevano il potere, in età repubblicana, direttamente dal console o dal Senato, in età imperiale, dall'imperatore.

praetor

Magistrato dell'antica Roma. In origine il titolo era applicato ai consoli, ma quando (367 a.C.) le leggi Licinie Sestie stabilirono che l'autorità suprema dello stato competeva ai due consoli (uno dei quali plebeo), venne creata la pretura come carica separata per le cause civili e inizialmente aperta solo ai patrizi. Normalmente la durata della carica era annuale e l'età richiesta trent'anni. Dal 337 a.C. poterono accedervi anche i plebei e la pretura divenne il primo gradino per il consolato. Il pretore urbano, che era in realtà un terzo console ed era accompagnato da sei littori, presiedeva tutte le controversie tra i cittadini di Roma, mentre il pretore peregrinus fu incaricato, dal 242 a.C., di condurre i processi nei quali uno o entrambi i litiganti fossero stranieri. Altri pretori vennero creati per l'amministrazione delle nuove province, finché il loro numero salì a sedici. Tra tutti, il pretore urbano era il più importante e, se i consoli erano lontani da Roma, aveva il potere di convocare le riunioni del senato. Magistrati di rango pretorio presiedevano i tribunali speciali istituiti a Roma per trattare crimini come l'estorsione, la corruzione, il tradimento e l'omicidio. I pretori, come i consoli, venivano eletti dal popolo romano riunito nei comizi e detenevano il potere militare. Allo scadere del loro mandato venivano nominati propretori o governatori militari. Con la riorganizzazione delle province durante l'impero, tutti i governatori delle province imperiali, essendo sotto l'autorità proconsolare dell'imperatore, furono designati come propretori, fossero essi di rango consolare o di rango pretorio.

pronao

Atrio colonnato antistante il naos (cella del tempio).

Properzio (Sesto)

Poeta elegiaco latino dell'età augustea, nacque verso il 46 a.C. e in lui si rivelò presto la vocazione per la poesia. Motivo predominante dei suoi componimenti è la storia del suo amore con Cinzia, una donna di elevata condizione, bella, colta e spregiudicata (molto probabilmente da identificare con Ostia, figlia o nipote del poeta Ostio), da lui conosciuta nel mondo colto e dissipato della capitale. La precoce fama dei suoi carmi erotici gli procurò la protezione di Mecenate, che l'accolse nel suo circolo letterario e cercò, invano, di persuaderlo a trattare il genere epico-patriottico. Il canzoniere di P. comprende quattro libri di Elegie, scritti all'incirca fra il 30 e il 15 a.C. (anno in cui probabilmente morì). Nel primo e nel secondo libro predomina l'amore di Cinzia; nel terzo la passione sembra placarsi in un bisogno di solitudine e di pace e cede il posto a motivi civili e morali; nel quarto il canto, pur nel tenace ricordo di Cinzia, si innalza alle leggende e alle glorie nazionali (nelle cosiddette Elegie romane).

provincia

Nell'antichità, a Roma fino alla fine dell'età repubblicana fu considerata un incarico riservato a un magistrato dotato di imperium, cioè di potere di comando. Più tardi la Sicilia, la Sardegna, la Spagna furono dette provincie: cioè il termine passò ad indicare il territorio fuori dall'Italia sottoposto all' imperium di un magistrato. Il suolo della provincia non appartiene ai singoli possidenti, ma allo stato romano per diritto di conquista. Chi lo occupava pagava un tributo. I cittadini delle provincie sono detti dediticii, e le loro città civitates stipendiariae. Nel corso dell'età imperiale, però, questa situazione evolve rapidamente nel senso della parificazione all'ordinamento romano, e della diffusione della cittadinanza romana, assegnata alle città che ricevono l'ordinamento municipale di Roma, o a singoli cittadini per vari motivi: con la Costitutio Antoniniana di Caracalla questo diritto raggiunge la sua estensione massima. In età repubblicana le provincie sono private dei propri eventuali organi rappresentativi, ma da Augusto in poi Roma tollera quelli già esistenti e favorisce il costituirsi di organi nuovi.

Q

Quirinus

Esisteva un dio Quirino, di origine sabina e corrispondente al Mars dei latini, che fu adorato fin dai tempi più antichi sul colle Quirinale, dove esisteva un tempio in suo onore. Quirinus fu l’appellativo con cui Romolo fu divinizzato e poi venerato dai romani; Romolo venne solennemente ricordato ogni anno il 17 febbraio con le feste denominate Quirinalia. I romani, a loro volta, cominciarono a chiamarsi Quirites: il termine, conservatosi nella formula popolus Romanus Quiritum, entrò nell'uso corrente per rivolgersi ai cittadini durante le assemblee, mentre il nome di Romani fu utilizzato nei rapporti politici e militari. L'etimologia di Quirinus è incerta; le ipotesi più accreditate sono le seguenti: 1. da quiris o curis che in lingua sabina significava "lancia, asta". I Quirites sarebbero dunque "cittadini armati di asta"; 2. da Cures, -ium (Curi), che era l'antichissima capitale dei Sabini; 3. da curia, termine derivato a sua volta dall'arcaico co-viria (cum+vir: "riunione di uomini" o "insieme di guerrieri"). Quest'ultima è ritenuta l'etimologia più probabile.

R

regio

Dal latino, significa linea di confine. Per agevolare le rilevazioni censitorie in ampie zone, Augusto ripartì il territorio Italico in undici regioni, prendendo a base criteri di carattere etnico, linguistico, religioso ed economico.

S

sacramentum

Voce latina da sacer ovvero dedicato agli dei. In Roma antica era il giuramento, l'atto sacrale e giuridico con cui qualcuno consacrava se stesso alla divinità, esponendosi, in caso di falsa affermazione, non solo alla vendetta divina ma anche a conseguenze di ordine giuridico e politico. Il termine fu usato anche per indicare il giuramento di fedeltà dei militari al proprio capo.

Salii

Dal verbo salire ("danzare"). Si designava con questo nome uno dei più antichi e importanti sodalizi sacerdotali romani. Per l'importanza delle funzioni ad essi connesse nel culto publico, venivano, i Sali, secondi soltanto ai Feziali; la loro antichità poi è dimostrata non solo dal fatto che essi si trovavano in rapporto con alcune cerimonie sacre connesse al più antico rituale (la religione di Numa), ma soprattutto dalla loro suddivisione in due collegi (di 12 membri ciascuno), detti dei Salii Palatini e dei Salii Collini (o Agonenses), i quali forse non erano in origine, altro che due distinti sacerdozi, appartenenti l'uno alla comunità del Palatino, l'altro a quella del Quirinale, prima che questi due villagi fossero riuniti, insieme con gli altri finitimi a costituire una sola città. Ciò trova riscontro nel fatto che la presenza di sacerdoti Salii è testimoniata per parecchie altre città latine come per Alba, Lavinio, Tuscolo, Ariccia e Tivoli. Erano addetti al culto di Marte. In marzo e ottobre, mesi che segnavano rispettivamente l'inizio e la fine del periodo delle guerre, i Salii andavano in processione per le vie della città ed eseguivano danze rituali (tripudia) battendo con una lancia o bastone sugli scudi (ancilia), a forma di 8 e ritenuti copie dell'ancile originario caduto dal cielo come dono di Giove al re Numa. Intonavano il Carmen Saliare, inno rituale di origine arcaica, che già in epoca repubblicana era incomprensibile per gli stessi sacerdoti.

Seio Strabone (Lucio)

Eques romanus prefetto del pretorio, padre del famigerato Seiano, che rivestirà anche lui la stessa carica sotto Tiberio

senatus

Il senatus nacque come organo consultivo del rex, composto dai rappresentanti delle varie gentes, detti patres. Da ricordare che la parola senatus ha la stessa radice di senex (vecchio) e che, in molti periodi storici troviamo la figura del "Consiglio degli Anziani", cui partecipavano i personaggi più autorevoli; ebbe importanza fondamentale nel periodo repubblicano, con funzioni prevalentemente consultive e di indirizzo politico,.

La nomina dei senatori (lectio senatus) era operata dai censores. Il senatus era convocato da un magistrato dotato di ius agendi cum patribus (esempio: il consul) che stabiliva giorno, ora e, di solito, argomento. Normalmente, il senatus si riuniva nella curia Hostilia (nel Foro), ma la seduta poteva essere tenuta anche extrapomerium. Dopo l'assunzione degli auspicia (v. collegia), il magistrato esponeva la propria relazione sugli argomenti all'ordine del giorno. Seguiva la discussione e la votazione delle varie proposte (sententiae). Nelle discussioni interveniva per primo l'ex-censore più anziano (detto princeps senatus), poi i senatori censorii, quindi i consulares, i praetorii, gli aedilicii, i tribunicii, i quaestorii. La votazione, solitamente, avveniva per discessionem (chi era a favore della proposta andava vicino al proponente, i dissenzienti sul lato opposto) similmente a quanto accade oggi nel Parlamento britannico. La sententia approvata e non colpita da intercessio tribunicia era detta senatusconsultum e poteva avere valore legislativo.

Privi del diritto di voto, ma con possibilità di assistere ed intervenire alle sedute, erano gli ex magistrati curuli in attesa della lectio senatus ed il flamen Dialis.

Il senatus non ha una sfera rigida di competenze, che variano secondo il periodo storico, le principali sono:

a) l'interregnum. Nell'età monarchica, alla morte del rex il potere (simboleggiato dagli auspicia) tornava al senatus (auspicia ad patres redeunt), i senatori lo esercitavano a turno, sino alla scelta del nuovo rex. Nell'età repubblicana, si ha interregnum quando non sia in carica alcun magistrato dotato di auspicia.

b) l'auctoritas. Inizialmente, le deliberazioni comiziali dovevano essere approvate dal senatus. E' facile comprendere quale grande potere avessero i senatori: essi potevano bloccare ogni iniziativa a loro sgradita. Successivamente, la maggiore influenza plebea trasformò l'auctoritas patrum da successiva in preventiva, togliendole, così, parecchia importanza.

c) in materia finanziaria, il senatus assume le funzioni dei censores quando questi non sono in carica.

d) in materia di politica estera, era il senatus che riceveva gli ambasciatori (nel mese di febbraio), concludeva trattati, stabiliva le condizioni dei territori conquistati.

e) in materia militare indicava le leve (in assenza del dictator), controllava e puniva i comandanti, determinava gli obblighi degli alleati, decretava il triumphum o l'ovatio per il comandante vittorioso.

f) il senatusconsultum ultimum. In casi di grave pericolo dello Stato veniva concesso ai consules un potere simile a quello del dictator, non sottoposto nè alla provocatio, nè all' intercessio.

g) iustitium. Sempre in gravi casi si poteva autorizzare il dictator (o i consules dopo un senatusconsultum ultimum) a sospendere l'attività delle magistrature ordinarie e l'amministrazione della giustizia.

h) potere consultivo. Quasi sempre i magistrati si consultavano, prima di presentare proposte di legge, con il senatus, il quale diveniva, cosi, organo di indirizzo politico.

i) in materia elettorale. Le liste dei cittadini erano composte con l'accordo del senatus, il quale, tra il 444 ed il 367 a.C., poteva anche decidere se si dovessero eleggere consules o tribuni militum consulari potestate.

I senatori costituivano una classe privilegiata e potente. I loro segni distintivi erano l'anulus aureus, la tunica laticlavia (v.) e il calceus senatorius; in occasione dei giochi portavano la toga praetexta ed avevano lo ius publice epulandi e lo ius Iegationis liberae. Alla fine dell'età regia, i senatori erano trecento, scelti per cooptazione ed appartenevano interamente al patriziato. Con l'assurgere della plebe alle magistrature curuli (esempio classico: al consolato dopo la lex Licinia Sextia de consule plebeio del 367 a.C.), il senatus cominciò a perdere l'antico carattere di roccaforte patrizia ed iniziò a crearsi un nuovo ceto: la nobilitas patrizio-plebea. I senatori plebei erano detti conscripti (scelti per aver ricoperto una carica curule), da cui l'espressione patres conscripti, per differenziare i senatori patrizi da quelli plebei. Nel 339 a.C., la lex Publilia Philonis stabili che l'auctoritas patrum fosse preventiva alle deliberazioni comiziali. Con il plebiscitum Ovinium (312 a.C.) fu affidato ai censores il compito di scegliere i senatori tra i migliori di ogni ordine, anche se, eccezionalmente, nel 216 a.C., dopo la disfatta di Canne, la lectio fu affidata a Fabio Buteone dictator senatus legendi causa. In età sillana il numero dei senatori fu portato a seicento dalla lex Cornelia de magistratibus. Il numero dei senatori fu aumentato da C.Giulio Cesare, a novecento e, forse, a mille.

Ottaviano Augusto, con la lectio del 18 a.C., ridusse il numero dei senatori, riportandolo a seicento. Con il principato, era l'imperatore che procedeva a revisioni annuali e, tramite l'adlectio, poteva conferire la dignità di senatore anche a chi non avesse ricoperto una magistratura curule. Per essere senatori si dovevano aver compiuti i venticinque anni, possedere un patrimonio di almeno un milione di sesterzi e non essere un libertinus (ex-schiavo). In età imperiale, il senatus si riuniva alle Idi ed alle Calende di ogni mese (tranne settembre ed ottobre). L'assemblea senatoria, pur mantenendo un elevato prestigio, vide svilire le proprie funzioni.

Il senatusconsultum, come già ricordato, è la proposta approvata e non colpita da intercessio. Nell'epoca repubblicana, il senatusconsultum non era una legge, ossia non vincolava direttamente né i cittadini né il magistrato che aveva avanzato la proposta (anche se sarebbe strano che un magistrato, dopo aver formulato una certa proposta ed avere ottenuto l'importante appoggio del senatus, ci ripensi). Solitamente, il magistrato si atteneva alla decisione del senatusconsultum e la rendeva efficace nei confronti dei cives tramite un proprio atto (ad esempio: se era un praetor tramite l'Edictum). Per mezzo di senatusconsulta, il senatus poteva dichiarare la nullità di una legge per vizi di sostanza o di forma, o dispensare dei cittadini dall'osservanza delle leggi (lege aliquem solvere). In quest'ultimo caso, era richiesta la necessità e l'urgenza della deliberazione e la decisione doveva essere ratificata dai comitia centuriata. Silla rafforzò il potere del senatus eliminando i requisiti della necessità e dell'urgenza e la ratifica successiva.

Nell'età del principato, per la quasi inesistente attività dei comitia, i senatusconsulta prendono il posto delle leges ed acquistano forza di legge (legis vicem optinet, dice Gaio in Institutiones, 1,4). Si tenga, però, conto che la volontà senatoria era fortemente influenzata dall'oratio principis e, quindi, il potere legislativo del senatus era, spesso, di fatto esercitato dall'imperatore.

Tra i più importanti senatusconsulta del I e Il sec. d.C. ricordiamo: il sc. Libonianum sui testamenti falsificati (16 d.C.), il sc. Velleanum che impediva alle donne di prestare garanzia a favore di terzi (46 d.C.), il sc. Claudianum sulla donna libera che abbia rapporti sessuali con uno schiavo (stuprum), emanato sotto Claudio, il sc. Neronianum che imponeva la tortura agli schiavi liberati (manumissi) per testamento (57 d.C.), il sc. Macedonianum, dell'epoca di Vespasiano, che vietava i prestiti ai flliifamilias ed i senatusconsulta Tertullianum e Orfitianum che regolavano la successione tra madre e figli, emanati rispettivamente sotto Adriano e Marco Aurelio.

Nel 56 d.C. Nerone sottrasse al senatus l'amministrazione delle province senatorie e dell'aerarium populi Romani, per affidarli a due praefecti aerarii Saturni di nomina imperiale e restanti in carica per un triennio. Crebbe l'influenza senatoria nel campo del diritto privato tramite i senatusconsulta (ricordiamo, oltre ai già citati, i sc. Pegasianum e Trebellianum, in materia ereditaria). Il senatus poteva avere, eccezionalmente, una competenza giurisdizionale penale su delega del princeps. Sotto il dominato il senatus divenne un organo passivo, poco più che ornamentale. La carica di senatore divenne trasmissibile agli eredi, oltre che concedibile dall'imperatore per meriti particolari o per cariche ricoperte. Il senatus manteneva un alto prestigio formale (era definito sacratissimus coetus e la comunicazione ad esso era requisito di efficacia per le constitutiones imperiali) cui non corrispondeva un potere effettivo. Costantino istituì un senato anche a Costantinopoli, originariamente di dignità minore (secundi ordinis), poi parificato a quello dell'Urbe nel corso del V sec. d.C.

Seneca (L.Anneo)

Nato a Cordova nel 5-4 a.C. ricevette un'accurata educazione grammaticale e retorica. Verso i venticinque anni si recò in Egitto e, di ritorno a Roma, intraprese la carriera forense. Geloso della sua eloquenza, Caligola pensò di disfarsi di lui. Nel 41 d.C., coinvolto in un'accusa di adulterio, venne relegato da Claudio in Corsica. Soltanto dopo otto anni (49 d.C.) poté rientrare in Roma, quando Agrippina lo fece richiamare per affidargli l'educazione del figlio Domizio (Nerone). Come Nerone divenne imperatore (54 a.C.), gli rimase accanto in qualità di consigliere. Poi la crescente pretesa di Agrippina di intervenire nella direzione del governo si risolse nel matricidio. La sua posizione presso Nerone si indebolì sempre più, cosicché egli si trasse in disparte, dedicandosi alla vita contemplativa e alla speculazione filosofica. Accusato di aver partecipato alla congiura capeggiata da Calpurnio Pisone, si tolse la vita (65 d.C.). Della sua molteplice attività letteraria è giunta la produzione di contenuto filosofico-morale, insieme con quella drammatica e una sorta di menippea, nota con il titolo di Apocolocynthosis. Della produzione filosofica si ricordano Dialogorum libri, contenenti sette trattati e in sette libri le Naturales Quaestiones. Dell'attività di drammaturgo sono tramandate nove tragedie. S. non fu un filosofo originale né sistematico, ma portò la filosofia dalla rigidezza teorica nella realtà pulsante della vita e fornì agli uomini la spiegazione dei loro mali e i rimedi confacenti.

sestertius

Fino al III secolo a.C. la moneta consisteva in dischi (o pani) di rame che avevano come base l'as librale, cioè un pezzo che pesava una libbra (327 grammi), diviso nei sottomultipli seguendo il sistema duodecimale: semis (mezzo asse), triens (un terzo di asse), quadrans (un quarto di asse). Verso la metà del III secolo a.C. venne coniato il sestertius di bronzo che valeva due assi e mezzo e veniva abbreviato con IIS (o HS), cioè unus et unus et semis. Il sesterzio divenne di fatto la nuova unità del sistema monetario, mentre l'asse perdette sempre più il suo valore.

stipendium

Il termine designa innanzitutto l'anno di servizio militare, (che in epoca repubblicana era calcolato per campagne annuali), poi la paga o lo stipendio militare, introdotto secondo la tradizione da Marco Camillo, ma istituzionalizzato con la riforma promossa da Gaio Mario.

All'epoca di Cesare, il soldo militare consisteva in 225 denarii per ogni legionario, 450 per i centurioni. Da queste cifre erano dedotte, a quanto sembra, le spese di vestiario e di vettovagliamento. All'epoca di Caracalla, un legionario percepiva 750 denarii, un centurione 1250, un pretoriano 2500.

supplicatio

E' una supplica solenne accompagnata da preghiere e dalla celebrazione di sacrifici, indetta per ringraziare gli dei dopo un importante vittoria o in occasione di un lutto pubblico. Durante questa cerimonia, statue delle divinità venivano esposte all'adorazione del pubblico, adagiate su un cuscino o su un letto sacro chiamato pulvinar.

T

taberna

Bottega o negozio costituito da locali aperti sulla facciata di un edificio d'abitazione o in spazi commerciali appositamente predisposti, come per esempio i Mercati Traianei.

Tacito (Lucio Cornelio)

La data di nascita è da fissare intorno al 55 d.C., forse nella Gallia Narbonese, da cui proveniva Giulio Agricola, di cui sposò la figlia nel 77. Fu console nel 97 sotto l'imperatore Nerva. Traiano lo inviò come proconsole in Asia Minore. Morì probabilmente nei primi anni dell'impero di Adriano (120 d.C.). Il De vita et moribus Iulii Agricolae, detta più brevemente l'Agricola, pubblicata nel 98, è un elogio del suocero, generale che consolidò ed estese la conquista della Britannia al tempo di Domiziano. Il De origine et situ Germanorum o Germania fu pubblicata sempre nel 98. Le Historiae, originariamente in 14 libri, sono giunte mutile (primi 4 e la metà del quinto libro): comprendono gli avvenimenti dalla morte di Nerone a quella di Domiziano (69-96 d.C.). Negli Annales T. risalì a ritroso, dopo le Historiae, agli anni che vanno dalla morte di Augusto a quella di Nerone (14-68 d.C.). Restano i primi quattro libri, parte del quinto, il sesto quasi intero e gli ultimi sei libri (ma il sedicesimo è incompleto).

teathrum

Edificio scoperto destinato alla rappresentazione di drammi (commedie e tragedie). Era costituito da quattro parti: la cavea o gradinate semicircolari per il pubblico, scavate lungo il fianco di una collina o realizzate artificialmente; l'orchestra, spazio circolare al centro per il coro; il proscenio, palco a pianta rettangolare collocato dietro l'orchestra per la recitazione degli attori; infine la scena, prospetto decorativo di sfondo, ornata anche esternamente con cornici. A Roma la prima struttura stabile di questo tipo fu il teatro di Pompeo, risalente al 55 a.C.

templum

Il vocabolo templum presenta la stessa radice *tem della parola latina tempus ("tempo"): in entrambi i casi la base etimologica risale al verbo greco témno ("tagliare", "dividere"), da cui témenos, "spazio ritagliato" ® "recinto sacro". Templum era infatti lo spazio "ritagliato", "delimitato" dall' augure con il lituo (un bastone ricurvo) per poter osservare, dall' interno di quel "circolo sacro", il volo degli uccelli o la posizione degli astri, e successivamente interpretare quei segni celesti deducendone la volontà degli dei. Analogamente, tempus era la "divisione della durata", un "momento" o una porzione di tempo.

thermae

Edificio adibito a bagni pubblici in Grecia e a Roma, formato da più ambienti: piscine a diversa temperatura (calidarium, tepidarium, frigidarium) dotate di un impianto di riscaldamento dell'acqua (hypocaustum); spogliatoio (apodyterium); sala di lettura e di intrattenimento; spazi all'aperto per esercizi ginnici e per il gioco della palla.

Tibullo (Albio)

Poeta latino, di ricca famiglia equestre, amico di Orazio (v.), caro ad Augusto e a Mecenate (v.), scrisse elegie (in due libri) con le quali cantò il suo amore per Delia e Nemesi.

tribunicia potestas

Il 26 giugno del 23 a.C. Augusto abbandonò il consolato; prese l' imperium proconsulare anche nelle province senatorie; riprese la tribunicia potestà deposta il 13 gennaio del 27 a.C. Grazie a questo potere, proprio dei tribuni della plebe, godeva dello ius coercitionis che consisteva nella facoltà di costringere con la forza all'ubbidienza; dello ius intercessionis, cioè il diritto di porre il veto contro l'azione di assemblee e magistrati, e dello ius agendi cum populo e cum senatu, la prerogativa di convocare e presiedere le assemblee del popolo e le riunioni del senato.

tribunus militum

Nella Roma antica, titolo ufficiale di vari funzionari pubblici, tra cui i più noti erano i tribuni militum e i tribuni plebis. Il termine deriva da "tribù", l'originaria unità demografica della popolazione.

Nella tradizionale organizzazione sociale romana, il capo dei soldati scelto da ognuna delle tre tribù romane era chiamato tribunus clerum o comandante dei cavalieri. Dal 444 al 367 a.C., insignito dei poteri consolari, questo venne frequentemente eletto al posto dei regolari magistrati o consoli. Durante l'età repubblicana, a Roma, i sei tribuni militum erano gli ufficiali anziani delle legioni romane. Dopo il 362 a.C. essi vennero eletti annualmente dal popolo nei comitia tributa o assemblee delle tribù. I tribuni divennero in seguito 24 e altri ancora potevano essere nominati direttamente dal console. Verso la fine del periodo repubblicano, tuttavia, il comando sul campo venne affidato a un ufficiale qualificato e ai tribuni vennero attribuite solo cariche onorifiche. L'elezione al tribunato militare era un mezzo per acquisire più importanti cariche pubbliche.

tribunus plebis

Nei primi anni della repubblica tutti i requisiti e le prerogative di governo erano appannaggio dei patrizi, mentre la plebe, che costituiva gran parte della popolazione, sosteneva il peso della tassazione e del servizio militare. Con la rivolta del 494 a.C., la plebe ottenne il diritto di eleggere i propri magistrati, designati alla difesa dei suoi interessi. Inizialmente due, i tribuni plebis divennero poi dieci (450 a.C.).

Essi godevano di tre importanti privilegi: il diritto di difendere i cittadini da ogni accusa; il diritto di veto su ogni legge proposta dal senato romano; la personale inviolabilità per la durata della carica che lo rendeva così immune da qualsiasi atto coercitivo compiuto contro di lui da magistrati patrizi; infatti per chi non rispettava l'inviolabilità dei tribuni veniva comminata la pena della sacertà: l'homo sacer poteva essere ucciso da chiunque, in quanto consacrato agli dei Inferi. Ben presto i tribuni garantirono diritti politici a tutta la popolazione. Gli stessi imperatori romani (ad esempio Augusto) assunsero il titolo di tribuno per attribuirsi un'immagine popolare e tutti i diritti costituzionali legati al tribunato. La carica, così esautorata, perse col tempo importanza, continuando tuttavia a sussistere sino alla dissoluzione dell'impero romano d'Occidente nel V secolo d.C.

triremis

La parola latina triremis corrisponde a quella greca: trières. Le prime triremi vennero costruite verso il VI secolo a.C. per motivi bellici. In media erano lunghe 42 m e larghe 6 m, e vi trovavano posto circa 170 rematori. Alcuni studiosi ritengono che esistessero tre ordini di remi e, quindi, tre ponti; altri pensano ad un solo ponte con tre rematori per banco, altri, infine, che il termine trireme si riferisse al numero dei vogatori impegnati per ciascun remo.

triumphus

Il trionfo era la solenne cerimonia con cui veniva festeggiato e onorato pubblicamente il generale vittorioso (imperator) quando rientrava a Roma al termine della campagna militare. Competente a decretare il trionfo era il Senato se si trattava di vittoria esterna (non quindi in una guerra civile); di una vittoria completa e non parziale; se i nemici vinti erano almeno 5000. La cerimonia comprendeva diversi momenti e culminava con un sacrificio al tempio di Giove Capitolino, raggiunto con un fastoso corteo che dal Campo Marzio percorreva la valle del Circo, costeggiava il Palatino e quindi, attraverso la via Sacra e il Foro raggiungeva il Campidoglio. Il corteo era aperto dalle autorità dello Stato (Senato e magistrati in carica), seguivano i tibicines (suonatori di tromba) e quindi sfilavano i carri con il bottino strappato ai nemici; venivano poi le vittime destinate al sacrificio, i sacerdoti e quindi, in catene, i prigionieri; i littori con i fasci ornati di corone d'alloro precedevano il carro trionfale (la toga picta, scarlatta e trapuntata d'oro) con in mano lo scettro, simbolo del potere, e in capo la corona d'alloro, simbolo della gloria; lo seguivano i figli, i familiari, i più stretti collaboratori, gli ufficiali e infine l'intero esercito che agitava rami di alloro e innalzava l'acclamazione rituale io triumphe! E' tuttavia significativo notare che lo spirito pratico romano aveva inserito nella fastosa cerimonia anche due elementi che avevano lo scopo preciso di ricordare al triumphator che era e rimaneva un uomo con tutti i suoi difetti: in primo luogo era previsto che sul cocchio un servo badasse a ripetere al trionfatore "ricordati che sei un uomo" e inoltre era tradizione che i soldati accanto alle acclamazioni innalzassero anche rozzi carmi (Carmina triumphalia) in cui, venivano evidenziati i difetti del trionfatore. Al termine del corteo e dopo il sacrificio veniva allestito un colossale banchetto seguito magari dalla distribuzione di donativi alla plebe.

triumvir

Uno dei tresviri rei publicae constituendae, magistratura eccezionale e collegiale con poteri illimitati, i titolari della quale erano seguiti da ventiquattro littori ciascuno. Tale magistratura fu introdotta dalla lex Titia del 27 novembre del 43 a. C., la quale stabiliva che per un quinquennio fossero sospese le magistrature ordinarie e il potere affidato ad Antonio, Lepido e Ottaviano, affinchè ricostituissero lo stato, sconvolto da decenni di lotte, culminate con l'uccisione di Cesare.

V

Varo (Quintilio)

Comandante romano sconfitto a Teutoburgo dai Germani di Arminio nel 9 d.C.

Venere

Dea italica originariamente legata al culto della rinascita primaverile della natura e quindi della fertilità. In seguito all'assimilazione con la greca Afrodite divenne dea della bellezza e dell'amore. A Roma era venerata anche come datrice di vittoria, protettrice della concordia civile e come genitrice (Venus Genitrix) della stirpe del troiano Enea e della gens Iulia.

Vesta

Dea del focolare, dell'economia e della vita domestica, equivalente alla greca Hestìa. Il sacro fuoco che ardeva nel suo tempio e che era simbolo del focolare dello Stato non doveva mai spegnersi ed era custodito dalle Vestali (v.).

vestalis

La vestale, nella religione dell'antica Roma, è sacerdotessa della dea Vesta. Il servizio essenziale delle vestali consisteva nel mantenersi castamente vergini e nel mantenere acceso e puro il fuoco perenne del tempio di Vesta. La perdita della verginità era punita con la morte, mentre la fustigazione puniva colei che aveva lasciato spegnere il fuoco sacro. Ma le vestali godevano dei massimi onori pubblici e potevano far testamento.

Tra gli altri compiti loro affidati era la preparazione della mola salsa, una mistura di sale e farina di farro che serviva per la consacrazione (immolatio) delle vittime sacrificali. Questo sacrificio, che aveva cadenza triennale (15 febbraio, 9 giugno e alle idi di settembre) si svolgeva nella Regia, un edificio considerato tecnicamente un fanum (sacrario) nel quale era consentito l'accesso solo alle vestali e ad un sacerdote, ricoperto da un velo. Sorgeva sulla Via Sacra, nel Foro, ai piedi del Palatino. Era, come dice il nome, la residenza dei re, ma in epoca repubblicana era diventata la sede ufficiale del collegio dei pontefici .Era un centro religioso a cui facevano capo altri edifici, come il tempio di Vesta e la casa delle vestali, e dove si conservavano gli archivi pontificali.

Virgilio Marone (Publio)

Nacque nel 70 a.C. ad Andes, presso Mantova, dove il padre era proprietario terriero. Compì gli studi a Cremona, Milano e a Roma presso il retore Epidio, ma abbandonò presto la retorica per la filosofia recandosi a Napoli alla scuola dell'epicureo Sirone. Dopo la battaglia di Filippi, gli furono confiscati i possessi paterni a favore dei veterani, ma Asinio Pollione e poi Alfeno Varo lo difesero dalla spoliazione. In quegli anni compose le Ecloghe, poi le Georgiche su invito di Mecenate fino all'estate del 29. Infine iniziò l' Eneide la cui composizione richiese undici anni. Cinquantenne, si recò in Grecia e in Asia prima di rifinire il poema. Ad Atene incontrò Augusto che lo convinse a tornare in Italia con lui, ma si ammalò prima di imbarcarsi e morì a Brindisi nel 19 a.C. A Virgilio sono attribuiti anche versi giovanili raccolti nell' Appendix che comprende il Catalepton, quindici epigrammi e i poemetti Ciris, Culex, Copa, Moretum, Aetna.

votum

Atto religioso che consisteva nella promessa a una divinità di un'offerta o di un dono, in cambio dell'aiuto richiesto. Il voto rappresentava una vera e propria obbligazione di tipo giuridico: chi lo pronunciava era voti reus, beneficiario di un contratto, ma anche voti damnatus, obbligato all'adempimento. Forma particolare di votum era la devotio, cioè la morte volontaria, il sacrificio per il bene pubblico, in cui la vittima volontaria offriva se stessa come pagamento anticipato del favore degli dei. Questa istituzione funzionava a livello pubblico e privato. Il voto formulato da un magistrato nell'esercizio delle sue funzioni impegnava tutto il popolo romano. A livello pubblico il voto si esplicava con l'istituzione dei culti (tra cui importanti i ludi) e con l'erezione di templi.