Il lavoro flessibile

La personalizzazione dei processi di lavoro

Consorzio di Rete "G.Montezemolo"

Liceo Scientifico Statale "P.Levi"

Realizzato da

Matilde Mariani e

Patrizia Sciarma

con la Classe I A

Scuola Media Statale "G.Montezemolo"

Realizzato da

Andreina Frollani e

Lidia Piervitali

con la Classe III E

Le nuove flessibilità

Il contratto a termine

Il lavoro interinale

Il lavoro semindipendente

Il part-time

Il job-sharing

La flessibilità deviante: il sommerso

Ipocrisie italiane

La spinta inesaurita del "fai da te"

 

Compensare la flessibilità

 

La personalizzazione dei processi di lavoro

A cosa sono dovuti i nuovi cambiamenti nel mercato del lavoro? All’introduzione di nuove politiche, nuovi sistemi per l’occupazione o è l’effetto di piccoli aggiustamenti naturali interni al mondo del lavoro stesso?

Si cerca di capire come mai sia aumentata la domanda di flessibilità in questi anni. La chiedono imprenditori, lavoratori, sindacati, e credono che serva anche ad eliminare il lavoro nero.

Ci sono molte forme di lavoro che si collocano tra lavoro rigido e flessibilità; ad esempio il part-time, l'apprendistato, il telelavoro e molti altri lavori atipici, attraverso i quali si possono acquisire risorse professionali senza avere il posto di lavoro fisso. Addirittura c'è chi sostiene che persino il lavoro nero sia una valvola di sfogo all'eccessiva rigidità dei contratti di lavoro tradizionali. In ogni caso la flessibilità inizia a circolare, anche se non tutti vi si accostano allo stesso modo. Per il giovane è una realtà del lavoro, per l’adulto un cambiamento spesso forzato. E nel frattempo molte persone in cerca di occupazione stanno scoprendo il lavoro interinale, chiamato anche "in affitto". Abbastanza diffuso anche il telelavoro e anche molto apprezzato, poiché offre la possibilità’ di portarsi il lavoro a casa.

Dai grafici (a) qui riportati possiamo notare che i lavori flessibili regolati dallo Stato non sono in crescita, come non lo è il lavoro nero o il lavoro di coloro che si dichiarano disoccupati ma saltuariamente lavorano.

Non sono neanche diminuite queste occupazioni irregolari; sono rimaste stabili dall’85 al ‘96.

Per rispondere alla domanda iniziale possiamo dunque affermare che questi nuovi cambiamenti non sono dovuti al conflitto "rigidità VS flessibilità", bensì ai travasi tra i singoli settori produttivi e fra modalità lavorative dipendenti o autonome che cercano piccole flessibilità al loro interno.

Osservando il secondo grafico (b), notiamo che l’occupazione è diminuita tra il ‘94 e il ‘96 nei settori agricolo, industriale e della pubblica amministrazione. Nel terziario invece l’occupazione è cresciuta e si sono perfino create particolari "nicchie settoriali".

Non servono, quindi, macro-flessibilizzazioni nel lavoro ma servono aiuto e strumenti per le forme di flessibilità già esistenti.

Tabella 1. Il ricorso ad alcune tra le forme "emerse" di flessibilità nel mercato del lavoro (val. % e v.a. in milioni)

 

1990

1994

1995

1996

  1. Lavoro dipendente (*)
  2. Contratti di formazione e lavoro

 

2,3

 

1,1

 

1,3

 

1,3

Contratti part-time

0,9

1,4

1,7

1,9

Contratti di apprendistato

2,5

2,1

2,1

2,1

  • Lavoro autonomo
  • n. partite IVA (mil.)

     

    6,9

     

    6,5

     

    6,6

     

    6,7

    (*) % sul totale occupati

    Fonte: elaborazione Censis su dati Rel. Gen. Sit. Econ. del Ministero delle Finanze, Sogel,1997

    Tabella 2. Le dinamiche interne alla struttura occupazionale in Italia tra il 1994 e il 1996 (var. %)

    Settori

    Lavoro emergente

    Lavoro declinante

    Agricoltura (-10,9)

    Soci cooperative di produzione (56,9)

    -coadiuvanti (-32,1)

    -lavoratori in proprio (-11,3)

    Industria (-1,7)

    -liberi professionisti (21,8)

    -lavoratori a domicilio per conto imprese (18,5)

    -dirigenti (-5,3)

    -operai e assimilati (-3,5)

    -apprendisti (-6,1)

    Pubblica amministrazione (-3,4)

     

    -dirigenti (-15,2)

    -impiegati (-2,2)

    -operai e assimilati (-6,1)

    Alberghi e ristoranti (5,5)

    -lavoratori in proprio (75,0)

    -soci cooperative di produzione (33,3)

    -dirigenti (-25,0)

    -apprendisti (-25,2)

    Intermediazioni finanziarie e mobiliari, attività immobiliari (6,2)

    -liberi professionisti (18,9)

    -soci cooperative di produzione (50,0)

    -imprenditori (-11,1)

    Servizi alle imprese, altre attività professionali imprenditoriali (16,0)

    -lavoratori in proprio (31,8)

    -imprenditori (45,5)

    -soci cooperative di produzione (71,4)

    -dirigenti (20,0)

    -operai e assimilati (-1,0)

    Istruzione, sanità, altri servizi sociali (0,9)

    -soci cooperative di produzione (26,8)

    -lavoranti a domicilio per conto imprese (100,0)

    -apprendisti (25,0)

    -imprenditori (-40,0)

    Altri srvizi alle persone (5,5)

    -soci cooperative di produzione (43,8)

    -liberi professionisti (15,2)

     

    Fonte: elaborazione Censis su dati Istat,1997

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