Una buona ricetta per far fronte ai problemi della disoccupazione e alle eccedenze di personale all’interno delle strutture pubbliche e delle aziende private viene dall’incentivazione di particolari forme di lavoro, come i contratti a tempo parziale, comunemente chiamati "part-time".
Il part-time può assumere tre forme in relazione alle modalità di riduzione dell’orario di lavoro e alle fasce orarie che interessa. Il part-time "orizzontale" prevede un orario giornaliero di tre o quattro ore; quello "verticale" è un tempo pieno solo per alcuni giorni della settimana o per alcuni periodi del mese o dell’anno; infine nel "tipo misto" il lavoratore è sempre impiegato, ma in alcuni periodi in maniera parziale, in altri a tempo pieno.
La retribuzione è proporzionata alla quantità di lavoro effettuata, le forme di cessazione del rapporto non differiscono da quelle previste per i contratti a tempo pieno così come i diritti, le libertà e i doveri riconosciuti dalla legge al lavoratore, compreso il diritto alla cassa integrazione.
La legge 196/1997, il cosiddetto pacchetto Treu, per conquistare il favore degli imprenditori prevede in alcuni casi una riduzione delle aliquote contributive per i contratti part-time, ad esempio in favore di giovani d’età inferiore ai 32 anni assunti in sostituzione dei lavoratori prossimi al pensionamento che passano dal full-time al part-time e nel Mezzogiorno, in caso d’assunzioni di disoccupati d’età compresa tra i 18 e i 25 anni.
In base ai dati rilevati dall'Istat nel 1997, in Italia il part-time si concentra maggiormente nelle regioni del Nord, interessa soprattutto le donne che rappresentano il 70% della quota complessiva e ha una maggiore incidenza nella fasce centrali di età, soprattutto nella classe compresa tra i 21 e i 31 anni.
Il part-time in Italia (dati in migliaia di unità) Aprile |
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ANNI |
UNITA’ |
% SU TOT DEGLI OCCUPATI |
1993 |
1.111 |
3.4% |
1994 |
1.241 |
6.2% |
1995 |
1.276 |
6.4% |
1996 |
1.324 |
6.6% |
1997 |
1.420 |
7.1% |
1998 |
1.478 |
7.3% |