L'ETA' AUGUSTEA

La medicina

 

Nella storia della medicina romana si possono distinguere tre periodi principali: il primo (dalle origini a circa la metà del III sec. a.C.), caratterizzato da influenze italiche e soprattutto etrusche, nel quale prevale una terapeutica di tipo familiare; il secondo "di transizione" (dalla metà del III sec. agli inizi del I sec. d.C.), quando l'elemento indigeno lascia il posto alla penetrazione della cultura scientifica greca, legata alla presenza in Roma di medici greci: in parte uomini liberi, in parte schiavi o liberti, alcuni dei quali si distinguono per la loro maestria. Un medico e scrittore di medicina famoso in età augustea è Antonio Musa, un liberto inventore dell'idroterapia fredda, che nel 23 a.C. guarì di una grave malattia l'imperatore che gli dedicò una statua sul Palatino. Anche Orazio ne seguì le prescrizioni, e faceva in pieno inverno bagni gelati: gelida…perluor unda/per medium frigus (Epist. I, 15, 4 s.).

Gli onorari di questi medici in origine furono modesti, più avanti crebbero a dismisura. Il miraggio di profitti così alti attirò a Roma folle di ciarlatani, mestieranti e affaristi che con la loro imperizia e gli scarsi scrupoli finirono per abbassare il livello della classe medica. Così screditata, la medicina ufficiale dovette subire la concorrenza della medicina popolare che si riallacciava idealmente a quella domestica, ma che più di quella era incline alla magia e alla superstizione. Tutti questi fattori contribuirono alla decadenza della medicina dotta, ufficiale e spinsero a una revisione critica dei suoi sistemi.

All'affermazione di questa medicina dotta di origine greca aveva contribuito in notevole misura il diffondersi in Roma di sette mediche: è questo il terzo periodo (a partire dall'inizio del I sec. d.C.) c.d. "delle scuole". La prima scuola sorta in Roma fu la metodica, fondata da Temisone di Laodicea negli anni centrali dell'età augustea. In effetti Temisone si limitò a organizzare in metodo scientifico un complesso di teorie sostenute da Asclepiade di Bitinia, celebre medico empirico giunto a Roma nel 91 a.C.. Come altri empirici Asclepiade aveva combattuto la dottrina umorale, risalente a Ippocrate, accolta dai razionalisti. Altre differenze fra empirici e razionalisti su questioni di fondo e corollari saranno evidenziate nella presentazione di un passo di Celso che nel suo De medicina dipende dalle principali teorie mediche greche ormai diffuse e accolte a Roma. Comunque, almeno fino alla prima età imperiale la medicina era considerata più sotto l'aspetto di scienza utile alla vita e formativa sul piano culturale che non sotto quello di disciplina tecnica autonoma, avulsa da un contesto culturale, anche se per Celso vari indizi fanno supporre che abbia frequentato ambienti medici, se pur non fu curator professionista.

Già aderente alla scuola filosofica dei Sestii, studioso di filosofia, dimostra, infatti, buone conoscenze tecniche, che espone in un linguaggio chiaro e appropriato. Celso interviene nella polemica fra medici razionalisti, che affermavano la necessità di conoscere le cause delle malattie per curarle adeguatamente (sostenendo la dissezione dei cadaveri e la vivisezione dell'uomo), e i medici empiristi, che, ritenendo le cause inconoscibili, si accontentavano di agire sugli effetti. L'autore, pur tentando una via di mezzo, propende sostanzialmente per questi ultimi: l'origine delle malattie rimane ignota e l'unica via per svelarla è la speculazione filosofica; è evidente che si ritiene ancora che solo la filosofia sia la scienza delle cause e che non possa esistere altro rapporto fra la speculazione da una parte e l'osservazione empirica dall'altra.