ANNALES AB EXCESSU DIVI AUGUSTI

I

IX. Multus hinc ipso de Augusto sermo, plerisque uana mirantibus quod idem dies accepti quondam imperii princeps et uitae supremus, quod Nolae in domo et cubiculo in quo pater eius Octauius uitam finiuisset. Numerus etiam consulatuum celebrabatur, quo Valerium Coruum et C. Marium simul aequauerat; continuata per septem et triginta annos tribunicia potestas, nomen inperatoris semel atque uicies partum aliaque honorum multiplicata aut noua. At apud prudentis uita eius uarie extollebatur arguebaturue. Hi pietate erga parentem et necessitudine rei publicae, in qua nullus tunc legibus locus, ad arma ciuilia actum quae neque parari possent neque haberi per bonas artis. Multa Antonio, dum interfectores patris ulcisceretur, multa Lepido concessisse. Postquam hic socordia senuerit, ille per libidines pessum datus sit, non aliud discordantis patriae remedium fuisse quam ut ab uno regeretur. Non regno tamen neque dictatura sed principis nomine constitutam rem publicam; mari Oceano aut amnibus longinquis saeptum imperium; legiones, prouincias, classis, cuncta inter se conexa; ius apud ciuis, modestiam apud socios; urbem ipsam magnifico ornatu; pauca admodum ui tractata quo ceteris quies esset.

IX. Si facevano poi molti discorsi intorno ad Augusto, circostanze insignifìcanti erano, ai più, oggetto di meraviglia: ricordavano che in un medesimo giorno tanti anni prima era salito al potere, ed oggi era morto e che aveva tratto l'ultimo respiro in Nola, nella stessa casa e nello stesso letto di suo padre Ottavio. Si celebrava il numero del suoi consolati, che aveva eguagliato quello del consolati di Valerlo Corvo e C. Mario, sommati insieme, Il fatto che per trentasette anni aveva continuato ad esercitare l'autorità di tribuno, e che per ventuno volte era stato salutato "imperator"; si ricordavano poi con ammirazione altri onori ripetuti o nuovi. Dalle persone serie, invece, la vita di lui, a seconda della varietà delle opinioni, era o innalzata con grandi lodi o aspramente giudicata, Gli uni dicevano ch'egli fosse stato tratto alle guerre civili, che non si possono né preparare né condurre attraverso giuste vie, dall'amore verso Il padre, dalla diffìcile situazione dello Stato, nel quale allora nessuna autorità avevano le leggi. Pur di vendicarsi degli uccisori del padre molto aveva concesso ad Antonio e molto a Lepido. Quando costui poltrì nell'infìngardaggine, e quello fu tratto a rovina dalle dissolutezza, nessun altro rimedio era rimasto per porre fine alle discordie della patria, fuorché il governo di un solo. Lo Stato, tuttavia, non si era ordinato sotto un regno od una dittatura, ma sotto un'autorità col nome di principe. Si ricordava che l'impero aveva per confine l'oceano e remoti fiumi; che le legioni, le provincie, le flotte, ogni elemento era strettamente collegato agli altri; che vi era giustizia verso i cittadini, moderazione verso gli alleati; che Roma stessa era ricca di meravigliosi, ornamenti, e che In ben poche circostanze, infine, si era usata la forza, solo perché si potesse godere, per tutto il resto, la pace.

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