L'ETA' AUGUSTEA
Le Georgiche
Il poema delle Georgiche, composto tra il 37 e il 30 a.C. si riallaccia alla poesia della natura che è nelle Bucoliche, è inoltre preludio al canto delle virtù umane, che sarà nell’Eneide.
Si dice che Virgilio lo scrivesse su invito di Mecenate, che si faceva interprete del programma di risanamento morale di pace e di lavoro formulato da Augusto, cui realmente stava a cuore la ripresa dell’agricoltura. Ma ciò che più conta è che le Georgiche rispondono alle vere aspirazioni del poeta. Il mondo dell’Arcadia, che era fittizio, e che escludeva, a dispetto delle apparenze, l’urgenza del mondo della realtà, lascia il posto ad un mondo soltanto o prevalentemente reale: mondo di cose comuni, di uomini vivi di lavoro aspro, di attività creativa che le immaginate favole del mito e le invenzioni letterarie anche qui inserite a trapuntare il tessuto narrativo e didascalico non solo non annullano, ma anzi rilevano. Nelle Georgiche si registra il miracolo del superamento dei modelli grazie al dolore che connota l’intero poema. Qui il dolore non si mostra come generato dall’ingiustizia sofferta quale destino ineluttabile, superato o stemperato in dolce malinconia per mezzo dell’evasione in Arcadia; ma è dolore esistenziale intuito e scoperto nel quotidiano vivere dell’uomo nel suo contrasto con le avversità atmosferiche, che rovinano i seminati. Tale condizione esistenziale non consente evasioni; anzi resta come il segno vistoso della risoluzione in senso drammatico del sogno idillico delle Bucoliche.
Virgilio "vede l’uomo nella sua funzione di trasformatore" (Ferrero). L’uomo è capace di vincere le avversità, di correggere gli errori di trovare rimedio ai mali grazie al suo impegno costante nel lavoro: il lavoro procura lo sviluppo civile, sorregge i legami della società, le istituzioni, i costumi . I Romani, abituati a concepire la fatica dei campi nei termini del loro caratteristico utilitarismo, con il poema virgiliano scoprono gli aspetti autenticamente morali dell’agricoltura. Per tutte queste ed altre ragioni l’intento didascalico dell’opera, che voleva rispondere all’invito di Mecenate, il committente affabile ma esigente, non risulta affatto fondamentale, tant’è che non è difficile scoprire che i consigli e gli ammaestramenti dati dal poeta ai contadini non sono tutti o in tutto realizzabili né tutti opportuni o logici in senso strettamente pratico.
Il destinatario delle Georgiche dal punto di vista del contenuto tecnico è il contadino, ma badando al livello artistico e alla perfezione formale, che è frutto di eccezionale cultura e porta i segni di una faticosa elaborazione, per la quale lo stile medio del poema didascalico si eleva al piano dello stile sublime dell’epica. Il pubblico di lettori ideali a cui il poema si rivolge è il pubblico urbano al quale si adatta il contenuto etico generale, ispirato al programma augusteo volto al recupero dei sani costumi e alla stabilità delle condizioni di pace.
Virgilio, superate le strutture stilistiche delle Bucoliche, ha modellato le nuove forme, apprestandosi a foggiare quelle, più complesse e più varie, se non ugualmente sempre perfette, dell’Eneide Ma forse soltanto nella tristezza che ispira le conclusioni di tutti e quattro i libri può rintracciarsi la prova del preciso disegno architettonico dell’opera. Certo è che ognuno dei libri ha una sua tematica distinta, una sua autonomia che si rivela anche per mezzo del particolare proemio che lo introduce:
Libro I Dopo il proemio generale, la dedica a Mecenate e l’invocazione alle divinità protettrici, prende in esame la natura, la semina e le sue cure specifiche, l’osservazione degli astri, i pronostici. Si conclude con una ulteriore invocazione agli dei perché diano soccorso al mondo, sconvolto dalla guerre.
Libro II Tratta della cultura delle piante, in particolare della vite e dell’olivo. Qui si inserisce la famosa apostrofe elogiativa all’Italia. C’è, in questo elogio, non tanto la solennità di un encomio patriottico e di una testimonianza di fede nel destino d’Italia, quanto l’emozione di chi si incanta al miracolo di una realtà di pace che fino a ieri era solo un’aspirazione.
Libro III Dedicato all’allevamento del bestiame, contiene un’altra invocazione, a Pale e ad Apollo, le divinità della pastorizia; quindi si passa alla trattazione di tipo propriamente didascalico relativa ai bovini, agli equini, agli ovini, con una sezione riguardante anche i cani e i serpenti.
Libro IV Riguardante le api, tratta dell’ubicazione e della costruzione dell’alveare, delle abitudini delle api e delle riproduzioni degli sciami. Parlando della necessità di disporre di un giardino con piante e fiori profumati, Virgilio introduce la breve storia del vecchio di Corico, che riuscì grazie alla sua tenacia a sentirsi ricco e beato come un re.