AENEIS VI, vv.781-886 |
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"En huius, nate, auspiciis illa incluta Roma |
" Ecco, figlio, coi suoi auspici la gloriosa Roma uguaglierà il suo dominio alla superficie della terra e il suo spirito all'Olimpo, e unica cingerà di mura i sette colli, feconda d'una stirpe di eroi: quale la berecinzia madre trascorre turrita sul carro per le città frigie, lieta del parto di dei, abbracciando cento nipoti, tutti Celesti, tutti abitatori delle vette superne. Ora volgi qui gli occhi, esamina questa gente dei tuoi romani. Qui è Cesare, e tutta la progenie di Iulo che verrà sotto l'ampia volta del cielo. Questo è l'uomo che spesso ti senti promettere, l'Augusto Cesare, figlio del Divo, che fonderà di nuovo il secolo d'oro nel Lazio per i campi regnati un tempo da Saturno; estenderà l'impero sui Garamanti e sugli Indi, sulla terra che giace oltre le stelle, oltre le vie dell'anno e del sole, dove Atlante, portatore del cielo, volge sull'omero la volta trapunta di stelle lucenti. Fin d'ora i regni del Caspio e la terra di Meozia rabbrividiscono all'avvento di lui per i responsi degli dei, e si turbano trepidi gli sbocchi del Nilo dalle sette foci. … Allora il padre Anchise cominciò, tra lagrime che sgorgavano: "O figlio, non chiedere un immenso lutto dei tuoi; i fati lo mostreranno appena alle terre e impediranno che viva più oltre. Troppo la discendenza romana vi sembrerebbe potente, o Celesti, se possedesse a lungo simili doni. Che alti gemiti di eroi renderà quel campo presso la grande città di Marte! e quali esequie vedrai, o Tevere, oltrepassando la tomba recente! Nessun giovinetto della stirpe iliaca solleverà a tanta speranza gli avi latini, né mai la terra romulea si vanterà tanto di alcun germoglio. pietà, o antica fede, o destra invitta in guerra! a lui armato nessuno si sarebbe opposto impunemente, sia che da fante muovesse contro il nemico sia che ferisse con gli speroni i fianchi d'uno schiumante destriero. giovane degno di compianto, se vincerai gli aspri fati, tu sarai un Marcello. Date gigli a piene mani; ch'io sparga fiori purpurei, e ricolmi almeno con questi doni l'anima del nipote, e assolva l'inutile onore". |
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