De re rustica I, 17, 1-3 |
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Nunc dicam, agri quibus rebus colantur. Quas res alii diuidunt in duas partes, in homines et adminicula hominum, sine quibus rebus colere non possunt; alii in tres partes, instrumenti genus uocale et semiuocale et mutum, uocale, in quo sunt serui, semiuocale, in quo sunt boues, mutum, in quo sunt plaustra. Omnes agri coluntur hominibus seruis aut liberis aut utrisque: liberis, aut cum ipsi colunt, ut plerique pauperculi cum sua progenie, aut mercennariis, cum conducticiis liberorum operis res maiores, ut uindemias ac faenisicia, administrant, iique quos obaerarios nostri uocitarunt et etiam nunc sunt in Asia atque Aegypto et in Illyrico complures. De quibus uniuersis hoc dico, grauia loca utilius esse mercennariis colere quam seruis, et in salubribus quoque locis opera rustica maiora, ut sunt in condendis fructibus uindemiae aut messis. |
Ora dirò con quali strumenti si coltivano i campi. Alcuni dividono questi in due categorie: uomini e attrezzi per gli uomini, senza i quali non possono coltivare: altri li dividono in tre parti, il tipo di attrezzo dotato di voce, quello dotato solo a metà e quello muto: vocale, in cui rientrano i servi; semivocale, in cui rientrano i buoi; muto in cui rientrano i carri. Tutti i campi sono coltivati da servi o da liberi o da entrambi: da uomini liberi, quando sono gli stessi padroni a lavorare i campi, come la maggior parte dei contadini molto poveri coi loro figli, o per mezzo di braccianti salariati, quando si prendono a giornata uomini liberi per svolgere i lavori più faticosi, come la vendemmia e la falciatura del fieno, e coloro che i nostri chiamarono indebitati e che ancor oggi si trovano numerosi in Asia, in Egitto e in Illiria. Di questi in generale dico che è più vantaggioso far coltivare i luoghi malsani da braccianti salariati piuttosto che da schiavi e anche nei luoghi salubri (far eseguire loro) i lavori agricoli più pesanti, come nel conservare i frutti della vendemmia e della mietitura. |
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