I cromosomi, come tutte le altre parti di una cellula
vivente, sono formati da atomi disposti in molecole. Alcuni scienziati,
tra cui personalità eminenti nel campo della genetica, pensavano
che sarebbe stato impossibile capire la complessità dei meccanismi
ereditari sulla base della struttura di sostanze chimiche «inanimate».
Altri ritenevano che, una volta chiarita la struttura chimica dei cromosomi,
sarebbe stato possibile capire il loro ruolo come portatori delle informazioni
genetiche; questa intuizione segnò l'inizio di un fruttuoso campo
di ricerche, la genetica molecolare.
Le prime analisi chimiche del materiale ereditario rivelarono che il
cromosoma eucariote è costituito da acido deossiribonucleico
(DNA)
e da proteine, sostanze presenti più o meno in uguale quantità;
perciò entrambe avrebbero potuto avere il ruolo di materiale genetico.
Le proteine sembravano essere la soluzione più probabile a causa
della loro maggiore complessità chimica; le proteine infatti sono
polimeri di amminoacidi di cui nelle cellule, se ne conoscono 20 diversi
tipi. Il DNA, invece, è un polimero formato solamente da quattro
differenti tipi di nucleotidi.
ALLA SCOPERTA DEL DNA | TRADUZIONE DEL CODICE GENETICO |
LA NATURA DEL DNA
Il DNA era stato isolato per la prima volta dal medico tedesco Friedrick
Miescher nel 1869, nello stesso importante decennio in cui Darwin pubblicava
L'Origine
delle Specie e Mendel comunicava i suoi risultati alla Società
di Storia Naturale di Brùnn. La sostanza isolata da Miescher
era bianca, zuccherina, leggermente acida e conteneva fosforo. Poiché
era stata trovata soltanto nei nuclei delle cellule, venne chiamata acido
nucleico. Tale nome fu in seguito modificato in acido deossiribonucleico
(DNA)
per distinguere questa sostanza da una simile, l'acido ribonucleico (RNA).
Ogni nucleotide è formato da una base azotata, dallo zucchero
deossiribosio e da una base azotate e un gruppo fosfato. Vi sono due tipi
di basi azotate: le purine, che presentano una struttura a due anelli
e le pirimidine che hanno un solo anello. Nel DNA vi sono due tipi
di purine, l'adenina (A) e la guanina (G) e
due tipi di pirimidine, la citosina (C) e la timina
(T). Così il DNA è costituito da quattro tipi di nucleotidi
che differiscono soltanto per tipo di purine o di pirimidine contenenti
azoto.
Gli esperimenti sui batteriofagi
Nel 1940 ebbe inizio una serie di esperimenti fondamentali che utilizzavano
un altro «materiale adatto», destinato a diventare tanto importante
nella ricerca quanto la pianta di pisello e il moscerino della frutta.
Tale materiale era un gruppo di virus che attaccano i batteri e sono pertanto
detti batteriofagi. («mangiatori di batteri»).
I batteriofagi scelti inizialmente per questi studi furono quelli che attaccano
Escherichia
coli uno tra i più comuni batteri dell'intestino umano.
L'analisi clinica dei batteriofagi rivelò che essi sono costituiti
quasi esclusivamente da DNA e proteine, le due sostanze che negli anni
'40 erano i principali concorrenti al ruolo di materiale genetico.
La questione su quale dei due tipi di molecola contenga i geni virali,
cioè il materiale ereditario che dirige la sintesi di nuovi virus
all'interno della cellula batterica, fu risolta nel 1952 da Alfred D. Hershey
e da Martha Chase. Osservando la figura tenete presente che, mentre
le proteine contengono zolfo (negli amminoacidi metionina e cisteina),
ma non fosforo, il DNA contiene fosforo ma non zolfo. Grazie a questi
esperimenti è stato possibile dimostrare che solamente il DNA dei
batteriofagi era coinvolto nel processo di duplicazione e che le proteine
non potevano costituire il materiale genetico.
MODELLO WATSON-CRICK
Nel 1953 lo scienziato americano James Watson ed il fisico
francese Francis Crick proposero un modello di struttura
per il DNA; essi non eseguirono veri e propri esperimenti, ma intrapresero,
piuttosto, un esame razionale di tutti i dati allora noti sul DNA, cercando
di organizzarli in modo logico. Secondo il loro modello la molecola
di DNA è un'elica a filamento doppio, dalla forma di una scala a
spirale. I due «montanti» della scala sono costituiti da subunità
ripetute di un gruppo fosfato e dello zucchero deossiribosio a 5 atomi
di carbonio. I «pioli» sono costituiti da basi azotate appaiate
(una purina si appaia con una pirimidina); A può appaiarsi solo
con T e G solo con C, e si chiamano
complementari. Le quattro basi
sono le quattro «lettere» usate per scandire il messaggio genetico.
Le basi appaiate sono unite da legami a idrogeno.
Duplicazione
Quando la molecola di DNA si duplica, i due filamenti si separano in
seguito alla rottura dei legami a idrogeno. Ogni filamento si comporta
come uno stampo per la formazione di un nuovo filamento complementare,
utilizzando i nucleotidi disponibili nella cellula. L'aggiunta di nucleotidi
al nuovo filamento è catalizzata dagli enzimi DNA-polimerasi.
Nel processo di duplicazione molti altri enzimi giocano un ruolo importante.
La duplicazione del DNA inizia a livello di una particolare sequenza
di nucleotidi sul cromosoma, che è il punto d'origine della duplicazione.
Questa procede in entrambe le direzioni, per mezzo delle due forcelle
di duplicazione che si spostano nelle due direzioni opposte.
Durante la duplicazione del DNA avviene l'azione proofreading delle
DNA-polimerasi, che fanno invertire la direzione di marcia quando si rende
necessario rimuovere quei nucleotidi che non si sono appaiati in modo corretto
a quelli del filamento stampo.
Grazie alle deduzioni sulla struttura a doppia elica del DNA elaborate
da Watson e Crick, venne universalmente accettato il ruolo del DNA come
la molecola che porta a trasmettere le informazioni genetiche. Con
la scoperta del complesso ed estremamente preciso meccanismo mediante il
quale le cellule duplicano il loro DNA era finalmente risolto il problema
di come l'informazione ereditaria venga fedelmente trasmessa da una cellula
madre alla cellula figlia, generazione dopo generazione.
LA TRADUZIONE DEL CODICE GENETICO
Un gene-un enzima
Ritornando un po' indietro nella storia notiamo come già negli
anni '40 il biologo Beadle notò l'importanza del legame che corre
tra un gene ed il suo corrispondente enzima. Beadle, insieme al chimico
Tatum, nel 1941 incominciò ad analizzare i mutanti di Neurospora
(muffa rossa del pane) per dimostrare, attraverso studi di mappatura genica,
che a una certa mutazione corrisponde la perdita di funzionalità
di un certo enzima. Ma, visto che gli enzimi sono composti da proteine
e le proteine da catene polipeptidiche, allora poterono dire che a un gene
corrisponde una proteina o, più precisamente, una catena polipeptidica
(riassumendo con la formula un gene-una catena polipeptidica).
DAL DNA ALLA PROTEINA: RUOLO DELL'RNA
Il problema successivo divenne quello della traduzione: come faceva
la successione delle basi azotate a determinare la sequenza degli amminoacidi
di una proteina? La ricerca di una risposta a questo quesito condusse alla
scoperta dell'acido ribonucleico (RNA), una sostanza chimicamente
simile al DNA.
Come poi risultò, non uno ma tre tipi di RNA agiscono come intermediari
nei processi che, partendo dal DNA, portano alle proteine. Questi tre tipi
si distinguono in forma e funzionalità, ed agiscono l'uno dopo l'altro
nella traduzione. Si chiamano RNA messaggero (mRNA),
RNA
ribosomiale (rRNA) e RNA di trasporto (tRNA).