Il principe F. Cesi, fondatore nel 1603 dell'accademia dei Lincei, fu grande
sostenitore degli studi e delle scoperte del matematico fiorentino, come risulta da un
intenso carteggio tra i due e dagli atti in
continua difesa della "nuova scienza" propugnata da Galileo in cui il principe
si profuse fino alla morte.
Scriveva ad esempio Federico a Galileo il 20 Giugno 1612:
"talvolta considerando cose celesti e mondiali, veggio che maggraderebbe
molto il sistema coperniceo, quando togliesse via affatto gleccentrici e
lepicicli . . ."
E Galileo rispondeva il 30 Giugno:
"Ho sentito con gusto che V.S. illustrissima si occupi tal volta nella
contemplatione del sistema coperniceo, et non senza inclinatione allanteporlo al
Tolemaico, e massime se con quello si potessero totalmente levare gli eccentrici e gli
epicicli. Circa il qual particolare, io voglio solamente rappresentare a V. E. quello che
Ella sa molto meglio di me, et è che noi non doviamo desiderare che la Natura si accomodi
a quello che parrebbe meglio disposto et ordinato a noi, ma conviene che noi accomodiamo
lintelletto nostro a quello che Ella ha fatto, sicuri tale esser lottimo et
non altro; e perché Ella sia compiaciuta di far muovere le stelle erranti circa centri
diversi, possiamo esser sicuri che simile costituzione sia perfettissima et ammirabile et
che l'altra sarebbe priva d'ogni eleganza, incongrua e puerile."
Ma i due "grandi" del seicento furono soprattutto accomunati
dal disprezzo per i filosofi del tempo , fedelissimi della filosofia peripatetica e
aristotelica verso cui così si esprime F.Cesi: "Non posso fare a meno di
deplorare quella specie di malattia di molti filosofi del nostro secolo, per cui essi
sogliono non solo astenersi dagli esperimenti e dalle osservazioni, ma addirittura ne
hanno il massimo diprezzo; non sono infatti pochi coloro che non solo detestano il
telescopio, da cui viene potenziata la vista umana, lo stesso Galileo che
ci ha svelato tanti fenomeni celesti ignoti agli antichi - nuovi pianeti, nuove stelle
fisse, nuovi aspetti degli astri ma privati anche della semplice visione oculare,
preferiscono volontariamente travedere e inoltrarsi per un'antica selva, ammaliati
dall'opinioni di alcuni antichi autori".
I legami di reciproca stima durarono fino alla morte del principe, morte che fu
sicuramente causa non secondaria del processo e della condanna di Galileo. Così scrive lo
scienziato il 6 Agosto 1630 (F. Cesi era morto il 1° Agosto): "...sono
stato lì mesi passati a Roma per licenziare i DIALOGHI che scrivo esaminando a lungo due
sistemi massimi Tolemaico e Copernicano
et se era altra stagione, mi sarei fermato
lì e fatti stampare; ovvero gl'havrei lasciati in mano dell' Ecc.mo Sig. Principe Cesi,
il quale si sarebbe presa tal cura, come ha fatto di altre mie opere; ma sua Ecc.za si
sentiva indisposta, e quello che è peggio, hora si intende che sia in estremo
"
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