PERCHE?               

Il 10 dicembre 1998 è stato il 50° anniversario della proclamazione della DUDU, acronimo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, da parte dell'ONU:
documento di portata storica per l'umanità.

Approvata dalla comunità internazionale come insieme di norme, che riconoscono i diritti inalienabili di tutti gli individui in tutti i paesi, la Dudu   rispondeva alla preoccupazione di mettere fine all'orrore delle guerre mondiali. In seguito, la lotta per i diritti umani si è anche rivelata un'arma per annientare i regimi totalitari, le dittature militari e l'autoritarismo dei governi, negli Stati considerati formalmente democratici. Questa lotta è stata apportatrice di democrazia, se con questo termine si intende non solo una forma di governo, ma anche uno spazio che consente l'esercizio delle libertà fondamentali.
"Diritti per tutti": è il messaggio della DUDU.
Nessuno Stato, nessun governo, nessuna autorità politica, militare o giudiziaria si azzarderebbe oggi a negare l'esistenza di questi diritti fondamentali, ma ancor oggi questo riconoscimento è spesso solo formale.
Molti trattati... poco rispettati.
Da circa mezzo secolo, sono state firmate e ratificate decine di convenzioni, di patti e di dichiarazioni, tesi tutti a proteggere gli individui dalle violenze sociali ed economiche di cui potrebbero essere vittime. Sono da ricordare, fra le altre,
la
Convenzione sulla libertà sindacale (1948),
la
Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra (1949),
la
Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (1965),
la
Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (1979),
la
Convenzione contro la tortura e i trattamenti inumani o degradanti (1984) e
la
Convenzione sui diritti del bambino, adottata all'unanimità nel 1989.
La maggior parte degli Stati ha firmato questi testi, che sono tenuti ad osservare. Questo però non significa che lo facciano.

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Questa pagina Web è stata composta da Claudio De Brito della I L
e da Valerio Leonelli della II C.

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