Pianeta del sistema solare, il più vicino alla Terra fra i pianeti
esterni e il quarto dal Sole (simbolo Æ). M. si muove su un'orbita
ellittica, di eccentricità.0,093 e inclinata sull'eclittica di 1º,9,
a una distanza media dal Sole di 227,8 milioni di chilometri (1,52 unità
astronomiche); il periodo di rivoluzione siderale è di 1,88 anni.
Rispetto alla Terra, il periodo sinodico è di 2 anni e 50 giorni
ca.; dopo questo periodo M. si trova all'opposizione rispetto al Sole ed
è nelle condizioni migliori per
l'osservazione. La distanza Terra-M., a causa anche dell'eccentricità
dell'orbita terrestre, può variare, all'opposizione, tra ca. 55
e ca. 101 milioni di km: tale distanza è minima durante le opposizioni
che si verificano verso la fine di agosto (dette anche grandi opposizioni)
in quanto in quell'epoca la Terra si trova all'afelio e M. al perielio.
Le grandi opposizioni si verificano ogni 15¸17 anni; l'ultima è
stata quella del 28 settembre 1988. Le variazioni di distanza comportano
variazioni di 5 unità (da +2m a -3m ca.) nella magnitudine apparente
del pianeta all'opposizione. Il suo diametro è di 6787 km all'equatore,
con uno schiacciamento di 0,009; la massa di M. è 0,107 volte quella
della Terra e la sua densitàmedia è di 3,95 g×cm-3;
l'accelerazione di gravità superficiale è quindi solo il
38% di quella terrestre e la velocità di fuga 5,0 km×s-1.
M. ruota su se stesso con un periodo di 24h37¢23², superiore
di soli 41²al periodo di rotazione siderale della Terra; l'inclinazione
dell'equatore marziano sul piano dell'orbita è di 23º59¢,
il che dà luogo a stagioni simili a quelle della Terra, ma più
lunghe a causa del maggior periodo siderale di Marte. § M. ha due
satelliti di forma molto irregolare e craterizzata (dimensioni: 19´21´27
km e 11´12´15 km), scoperti nel 1877 dall'americano A. Hall.
Hanno periodo di rotazione attorno al pianeta di 7h39¢ e 30h17¢
e distano in media da esso 9000 e 24.000 km. Sulla base di valutazioni
di differenze strutturali rilevate fra M. e le sue lune, vi sarebbe possibilità
che quest'ultime rappresentino i corpi maggiori di uno sciame di relitti
prodotti e sollevati in passato, intorno al pianeta madre, dall'impatto
di un asteroide di almeno 1800 km di diametro.
Nel periodo
precedente l'esplorazione di M. con sonde interplanetarie, la conoscenza
del pianeta era ristretta ai dati dell'orbita, a forma,dimensioni e caratteristiche
fisiche medie, quali volume, massa, densità. Sulla superficie del
pianeta, di aspetto rossastro, si osservavano talvolta variazioni di colore,
dovute probabilmente a fenomeni atmosferici. Con i telescopi ottici si
riteneva di distinguere delle zone scure, chiamate continenti, e delle
vaste zone rossastre, denominate deserti, talvolta collegate tra loro da
oasi e da canali. L'astronomo Schiaparelli aveva addirittura creduto di
osservare una rete di canali di dimensioni ciclopiche. Nel 1963 utilizzando
un radar con base sulla Terra si trovò che la superficie di M. è
molto scabra e con dislivelli altissimi. In realtà, la conoscenza
di M. cominciò con le osservazioni del pianeta, effettuate con sonde
interplanetarie, passate in prossimità, entrate in orbita o atterrate
sulla sua superficie. Il primo sorvolo di M. fu effettuato nel 1965 dalla
sonda statunitense Mariner 4 che ne trasmise alla Terra 21 immagini televisive
della superficie. Nel 1971 il modulo di discesa della sonda sovietica Mars
3 operò una discesa morbida sul pianeta e trasmise importanti dati.
Nello stesso anno Mariner 9 entrò in orbita attorno al pianeta e
trasmise alla Terra oltre 7000 immagini televisive della superficie di
M. e dei 2 satelliti Phobos e Deimos. Fu il primo veicolo spaziale a entrare
in orbita attorno a un pianeta che non fosse la Terra. Risultati molti
più interessanti furono ottenuti dalle sonde statunitensi Viking
1 e Viking 2. Viking 1 entrò in orbita marziana nel giugno 1976
e fece posare il suo modulo di atterraggio nella regione chiamata Chryse
Planitia; Viking 2 fece atterrare poco dopo il suo modulo a Utopia Planitia,
a una distanza di ca. 6000 km dalla prima zona. Da queste esplorazioni
e dagli esperimenti fatti da tali sonde deriva la maggior parte delle nostre
conoscenze su Marte. È in progetto, da parte della N.A.S.A., una
missione, Mars Pathfinder che, nel luglio 1997, dovrà giungere in
prossimità del pianeta sul quale lascerà discendere (mediante
paracadute) un piccolo semovente (63 cm di lunghezza; 9 kg di peso)
destinato a sondare l'atmosfera, e a eseguire al suolo verifiche mineralogiche,
mediante spettometro a raggi X, nella ragione di Ares Vallis, 850 km a
SE del sito d'approdo del Viking 1.
L'emisfero
settentrionale di M. manifesta una crosta di riformazione, dominata da
ampie distese, più o meno levigate, di materiali effusivi riversatisi
in tempi recenti dagli strati subcrostali. L'attività endogena del
pianeta è resa palese dalla presenza di altopiani di natura plutonica
(dorsali di Elysium, Tharsis) dai quali si elevano edifici vulcanici a
scudo la cui imponenza (Monte Olympus, il maggiore, misura 570 km di diametro
di base e raggiunge i 26 km di quota; Monte Ascreus rispettivamente 400
e 20 km; e dimensioni comparabili misurano i vulcani Pavonis e Arsia) lascia
comprendere che le formazioni si sono mantenute e accresciute in loco per
tempi prolungati, forse fino a 100 milioni d'anni or sono, prima di venir
estinte dai movimenti tettonici. Questi ultimi sembrano infatti esser stati
così deboli da non aver mai consentito, sul pianeta, una significativa
suddivisione e mobilità di zolle crostali. La crosta che ricopre
l'emisfero australe appare di origine più antica, in quanto le tracce
del bombardamento meteoritico delle prime età sopravvivono in un
ricco assortimento di crateri e di bacini d'impatto, il più vasto
dei quali, Hellas, ha un diametro di 2000 km. La differente storia geologica
frai due emisferi appare sottolineata, in corrispondenza dei loro margini
d'accostamento, dalla presenza di un imponente sistema di faglie e di fratture
che documentano i processi di lacerazione dai quali la superficie marziana
è stata sconvolta nel corso della sua differenziazione. Il sistema
di fratture inizia a ridosso della dorsale di Tharsis, in zona equatoriale,
con l'intrico di Labyrinthus Noctis sfociante verso est nel Tithonius Chasma
e nel Coprates, canyons profondi alcune migliaia di metri e larghi fino
a 75 km. La faglia prosegue nella cosiddetta Valles Marineris, impressionante
frattura che si estende per oltre 4500 km con larghezze e profondità
fino a 120 km e 6000 metri. I rilevamenti fotografici hanno anche rivelato
la presenza su M. di terreni di natura alluvionale sui quali compaiono
le tracce di antichi depositi fluviali (i cosiddetti channels); gli stessi
rilevamenti, in corrispondenza delle regioni polari, hanno posto in evidenza
terreni incoerenti e caotici (resi tali da iterati fenomeni di glaciazione),
e terreni lamellari dovuti a processi ricorrenti di
deposizione di permafrost (sabbie intrise di ghiaccio d'acqua). L'acqua,
infatti, non rilevata alla superficie, esiste ancora nel pianeta e costituisce,
sotto forma di ghiaccio, gran parte delle due calotte polari che nella
stagione invernale si ricoprono superiormente di anidride carbonica.
I
moduli dei due Viking hanno analizzato chimicamente la superficie nei punti
di atterraggio che risultano ricoperti da depositi sabbiosi ricchi di ferro
(14%) e silicio (15-20%) e presentano tracce di vari altri elementi (Ca,
Al, S, Ti, Mg, Cs e K). Su M. non si sono invece trovate tracce di molecole
complesse organiche, cosa che testimonierebbe l'assenza di tracce di vita.
Sulla base dello sprofondamento dei sostegni dei moduli di approdo entro
il suolo marziano e dei risultati dell'attività di scavo delle pale
meccaniche, è apparso che il suolo, almeno nelle aree di atterraggio,
possiede una consistenza granulosa che ricorda il regolite lunare, abbondante
di materiale eruttivo e di brecce.
A somiglianza degli altri pianeti del sistema, M. si è costituito
4,5 miliardi di anni or sono dall'aggregazione di planetesimi, ma in qualità
di pianeta di tipo "terrestre", esso è andato incontro a una fase
di fusione e di rimescolamento del proprio interno che ha dato luogo alla
"differenziazione" per strati mineralogici chimicamente diversificati,
dell'intera massa planetaria. Si ammette quindi che M. possegga un nucleo
centrale circondato da un mantello e da una crosta superficiale. Sembra
che quest'ultima sprofondi mediamente a 40-50 km, uno spessore per lo meno
doppio di quello della crosta terrestre. Il fatto di essere tanto massiccia
e di mancare di un'adeguata base fluida di sostegno (l'astenosfera) è
certamente la causa determinante della riscontrata assenza, sul pianeta,
del costituirsi di placche continentali galleggianti simili a quelle terrestri.
Sepolto sotto il mantello, il nucleo di M., povero di ferro e di nichel,
non raggiungerebbe i 2500 km di diametro: troppo minuscolo, quindi, per
risultare, a sua volta, differenziato in una sezione esterna fusa, idonea
a innescare il noto meccanismo "a dinamo autoeccitata" che, come per la
Terra, presiede alla generazione di un campo magnetico globale. Infatti
il pianeta non possiede una magnetosfera significativa, né fasce
di radiazione tipo Van Allen.
L'aspetto del cielo marziano, spesso sconvolto da tempeste di sabbia
(Mars 1, Mars 2 e Mariner 9 arrivarono durante una tale tempesta), ha una
colorazione rosata. L'atmosfera di M., che in passato era decine e centinaia
di volte quella attuale, ha una pressione al livello del suolo (dove la
temperatura media è inferiore a -50 ºC) di ca. 0,07 barie,
ca. il 7% di quella terrestre. Essa è composta principalmente da
anidride carbonica (95%), ma contiene anche azoto biatomico (2,7%), argon
(1,6%), tracce di ossigeno, vapore acqueo, monossido di carbonio, cripton
e xenon. La circolazione aerea su M. appare fondamentalmente governata
dalle modificazioni stagionali cui vanno incontro le calotte polari: il
loro estendersi genera, con il raffreddamento che ne consegue, il costituirsi
di un gradiente termico che agisce da motore per le correnti atmosferiche,
all'alimentazione delle quali contribuisce la depressione barica provocata
dalla sublimazione al suolo di ingenti quantitativi di anidride carbonica.
Lo spirare dei venti marziani si manifesta spesso in formazioni nuvolose
di tipo ciclonico, così come appare in immagini rinviate dalle sonde
automatiche. La rarefazione atmosferica favorisce nei venti lo sviluppo
di velocità dell'ordine dei 200 km/h, tali da dimostrarsi capaci
di sollevare grandiose tempeste di finissima sabbia che tutto offuscano,
e che si rendono sovente visibili anche nel corso di osservazioni dalla
Terra. É comprensibile che attualmente il vento costituisca il principale
agente di erosione del suolo marziano, sul quale esso deposita e sposta
variamente campi grandiosi di dune.
Molteplici sono gli aspetti nella morfologia del pianeta (fenomeni erosivi,
alluvionali, depositi stratiformi, escavazioni di natura fluviale, ecc.)
che suggeriscono, per il passato, un ambiente profondamente diverso da
quello del giorno d'oggi. È infatti presumibile che un "effetto
serra" abbastanza sensibile – generato da CO2 e dall'H2O liberati coi prodotti
di degassificazione interna – abbia caratterizzato il clima primitivo del
pianeta, garantendo una temperatura abbastanza elevata da consentire lo
stabilirsi di una circolazione acquea completa con condensazioni, piogge,
raccolta in bacini fluviali e marini, evaporazione. Siffatte condizioni,
molto simili a quelle terrestri, permasero, secondo i planetologi, fino
a 3,8 miliardi d'anni or sono, quando quell'epoca geologica – detta Era
Noachiana – ebbe termine con il progressivo esaurirsi della coltre protettiva
di CO2 che, in parte venne mineralizzato dalle acque e in parte (insieme
all'H2O) rimase dissociato per l'ossidazione del suolo e per l'irradiazione
solare. Il processo di rarefazione del manto aereo procedette inarrestabile
provocando – insieme all'estendersi delle scursioni termiche diurne e stagionali
e all'abbassamento generale della temperatura – l'incrudelimento del clima,
e l'intrappolamento, congelati nel suolo, dei residui d'acqua e di altri
fluidi. I risultati delle analisi effettuate su AH 84001, un meteorite
ritenuto originario di M., hanno di recente mostrato che, insieme a una
perfetta corrispondenza chimica con l'ambiente originario (rivelato, a
suo tempo, dalle sonde Viking) vi è traccia di molecole organiche
complesse del tipo idrocarburi policiclici aromatici. Ciò testimonierebbe
dell'abbondanza di CO2, H2O, N, NH3, sostanze ritenute favorevoli allo
sviluppo di una qualche forma biologica, pur se semplice, durante l'Era
Noachiana. A questa stessa era i planetologi fanno risalire l'attività
tettonica di M. consistita sostanzialmente nella suddivisione della crosta
in due grandi "placche", che ampi processi di subduzione avrebbero in seguito
dislocato di quota per ben 3000 m, differenziando gli odierni altopiani
meridionali dai bassopiani settentrionali. La sutura dei due emisferi avrebbe
dato origine all'imponente sistema di faglie e fratture di cui s'è
detto.
Last Updated: Marzo-13-1998
Web Author:
Michele Sacchetti
Web Assistent : Giovanni Vaccari
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