Dai buchi neri alle prime
cellule.
Itinerari di Astronomia
L'EREDITA' SCIENTIFICA
DELLE MISSIONI APOLLO
di Manuela De Gregori VC
Venticinque anni fa, mentre campionavano la superficie lunare, Nell A.
Armstrong ed Edwin "Buzz" Aldnn, Jr., non stavano soltanto raccogliendo
polvere secca e scura: stavano anche viaggiando nel tempo. Il volo con
l'Apollo il attraverso 380000 chilometri di spazio li aveva fatti anche
tornare indietro nel tempo di miliardi di anni.
Le rocce prelevate hanno rivelato l'origine violenta e sorprendente
della luna, la sua composizione e la sua età. Gli strumenti collocati
sulla superficie del nostro satellite hanno permesso ai geofisici di ricostruirne
la struttura e l'attività interna. Senza il programma Apollo tutte
queste scoperte sarebbero state impossibili.
Andando sulla Luna abbiamo imparato qualcosa anche sulla Terra: il
vulcanismo, i processi tettonici, l'alterazione dovuta agli agenti atmosferici
e le glaciazioni hanno cancellato o modificato gran parte della storia
antica della Terra. Per fortuna la Luna non ha avuto una storia geologica
così intensa.
Nel suo primo miliardo di anni fu abbastanza attiva da produrre formazioni
geologiche complesse e affascinanti, ma non tanto da obliterare completamente
i segni degli eventi più antichi.
Naturalmente le missioni Apollo non hanno rivoluzionato immediatamente
le ipotesi sul nostro vicino celeste più prossimo. Ci sono voluti
parecchi anni per analizzare i campioni ed elaborare teorie ragionevoli
basate sui dati sperimentali.
Le rocce lunari si ossidano facilmente se esposte all'aria, e sono
quindi conservate in una camera secca in atmosfera di azoto, presso il
Lyndon B. Johnson Space Center della Nasa a Huston. La datazione isotopica
ha indicato che la luna si formò contemporaneamente alla Terra 4,5
miliardi di anni fa e rimase geologicamente attiva per 2,5 miliardi di
anni. Inoltre i campioni lunari indicavano che la Luna e la Terra contengono
quantità simili dei vari isotopi dell'ossigeno, un'indicazione di
un'affinità molto stretta. Se la Luna si fosse formata in un'altra
regione del sistema solare avrebbe avuto probabilmente una composizione
isotopica dell'ossigeno diversa da quella terrestre.
La seconda idea
classica sulla genesi della Luna e l'ipotesi della scissione, secondo la
quale la Terra in un periodo successivo alla formazione del nucleo- si
trovò a ruotare molto velocemente, rigonfiandosi all'equatore fino
a che se ne staccò una "goccia" che divenne la Luna. Se tale teoria
fosse vera, il nostro satellite dovrebbe essere costituito del materiale
del mantello terrestre, compreso tra la crosta e il nucleo. Grossi problemi
ancora irrisolti, legati alla elevatissima velocità di rotazione
che la Terra avrebbe dovuto mostrare, rendono questa ipotesi discutibile.
Il programma Apollo offri l'occasione per un nuovo tipo di verifica.
Se si fosse staccata dalla Terra in questo modo, la Luna dovrebbe avere
esattamente la stessa composizione delle rocce terrestri nei pressi della
superficie (cioè quelle della crosta e del mantello). In effetti
la Terra e la Luna presentano quantità uguali di dei vari isotopi
dell'ossigeno, e quindi devono essere in qualche modo correlate, ma la
somiglianza di composizione finisce qui. Sulla base dei dati ottenuti dai
campioni lunari, dalla rete di sismometri installata sul nostro satellite
e dagli studi spettroscopici compiuti dalle missioni Apollo 15 e Apollo
16 si è potuto dedurre che la composizione chimica dei due corpi
celesti è diversa.
Oltre a risolvere la questione dell'origine della Luna, i campioni
raccolti dalle missioni Apollo hanno permesso di dedurre la struttura e
l'evoluzione. Sembra evidente che le caratteristiche superficiali della
luna abbiano subito parecchi rimaneggiamenti a causa di processi interni,
anche se in misura molto minore di quanto avvenne sulla Terra. Fu una massa
gigantesca di magma, uno strato spesso centinaia di chilometri che, a quanto
pare, ricopriva la Luna e che contribuì a formarne la crosta e il
mantello, a far precipitare gli eventi. In effetti, la teoria dell'oceano
di magma è diventata un caposaldo della selenolgia da quando Apollo
11 riportò sulla Terra i primi campioni.
Un indizio a favore dell'ipotesi dell'oceano di magma proviene da un
gruppo di rocce apparentemente non correlato, i basalti dei mari, che giunsero
in superficie tre miliardi di anni fa nel corso di eruzioni vulcaniche.
Queste rocce sono ricche di olivina e pirosseno, i minerali pesanti che
sarebbero affondati nell'oceano di magma, ma, più importante, è
che esse siano carenti di un elemento raro, l'europio. I feldspati plagioclasici
degli altipiani, invece, ne sono particolarmente ricchi e questo arricchimento
è di entità circa pari all'impoverimento riscontrato nei
basalti dei mari. Questo risultato conferma l'ipotesi che sia i mari sia
gli altipiani siano emersi dall'oceano di magma; i feldspati di questi
ultimi avrebbero semplicemente inglobato più europio dei basalti
dei mari.
La presenza di un oceano di magma fa naturalmente sorgere una domanda:
in che modo esso si formò? Più esattamente, da dove veniva
l'energia necessaria per fondere la materia lunare? Il processo di formazione
di un nucleo potrebbe averne fornita una parte: quando il ferro metallico
affonda, si libera calore. Anche l'urto titanico che portò alla
formazione della Luna diede senza dubbio un contributo di energia. I geofisici
che hanno analizzato il problema in dettaglio hanno concluso che l'impatto
gigantesco avrebbe portato alla formazione di una grande quantità
di materiale fuso; il riscaldamento sarebbe stato tale da fondere il 65
% sia del corpo incidente sia della Terra. Oggi l'ipotesi dell'oceano di
magma viene applicata anche ad altri pianeti; essa sta cambiando il modo
in cui consideriamo la nascita e le prime fasi della storia del sistema
solare. Dopo l'impatto gigantesco e la formazione di grandi strutture indotta
dall'oceano di magma, la Luna passò attraverso un' altra fase evolutiva,
quella della craterizzazione da impatto. L'importanza di questo processo
geologico, che in realtà è ancora attivo su tutti i pianeti,
non è stata sempre valutata appieno. Prima dell'era spaziale molti
scienziati affermavano che i crateri e le depressioni lunari fossero di
origine vulcanica; ma via via che l'epoca delle missioni Apollo si avvicinava,
la conoscenza dei fenomeni d'impatto e delle loro conseguenze migliorò
molto. Il primo a raccogliere indizi validi del fatto che i crateri lunari
fossero stati prodotti da impatti fu lo statunitense Grove K. Gilbert,
i cui contributi alle scienze della Terra spaziarono dalla cartografia
al' idrogeologia. Sulla base anche dei suoi studi si può sostenere
che, con ogni probabilità, il bombardamento che butterò di
crateri la Luna non fu un episodio singolare; sembra anzi che fenomeni
simili si siano verificati in tutto il sistema solare interno.
Per ritornare all'ipotesi dell'oceano di magma, infine, va sottolineato
che forti dubbi sussistono anche attualmente: per eliminarli totalmente
occorre determinare la composizione complessiva della Luna, un'impresa
che può essere compiuta tramite ricognizioni spettroscopiche da
veicoli in orbita lunare e studi sismografici alla superficie. Campioni
raccolti in località significative degli altipiani lunari ci permetterebbero
di svelare i processi che si svolgono al' interno di un grande oceano di
magma di natura complessa; inoltre non si riuscirà mai a chiarire
la storia del bombardamento della Luna senza campioni dei depositi da impatto
identificabili all'interno dei crateri. Tuttavia le future missioni non
sarebbero per forza complesse e costose come il programma Apollo: sonde
automatiche andrebbero benissimo. Naturalmente gli Stati Uniti, così
come gli altri paesi, possono decidere di non potersi permettere l'invio
di una flottiglia di sonde in orbita e sulla superficie della Luna. In
questo caso non conosceremo mai i particolari della formazione, della fusione
primordiale e del bombardamento della Luna e della Terra. Solo portando
avanti l'eredità del programma Apollo potremo sperare di comprendere
meglio il posto che occupiamo nel sistema solare.
Last Updated: Marzo-13-1998
Web Author:
Michele Sacchetti
Web Assistent : Giovanni Vaccari
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