Astro centrale del sistema centrale di cui fa parte la terra, sorgente
inesauribile di luce e di calore, fonte di ogni forma di vita, cuore dell’organismo
planetario al quale le sue palpitazioni luminose apportano fecondità.
Per l’uomo è l’astro più luminoso del cielo; brilla di splendore
incomparabile e la sua luminosità apparente è - 26,7. In
realtà il sole non è che una stella simile a quelle che vediamo
a migliaia sulla volta del cielo. È una stella fissa della serie
principale( diagramma di Hertzprung- Russel), cioè del tipo più
comune e neppure delle più grandi; è uno dei cento miliardi
di astri che formano il sistema galattico sulla Via Lattea. La sua distanza
media dalla terra è di circa 1,495 milioni di km. Nei dati che seguono
le cifre tra parentesi indicano quante volte essi siano maggiori di quelli
della terra. Diametro 1394000 km (109); superficie 6060 miliardi di km
(11881); volume 1,41 10 g (1295029; massa 1,98 10 g (332000); densità
media 1,41 g/cm (0,256). L’accelerazione gravitazionale alla sua superficie
è di 2,74 10 cm/sec ; un corpo vi pesa 27,84 volte più
che sulla terra. Il sole ruota attorno ad un proprio asse , ma con velocità
diversa a seconda della latitudine: minore ai poli e crescente verso l’equatore;
la rotazione all’equatore dura 25 giorni, mentre al polo dura più
di 30 giorni. Il nostro astro ha anche un moto di traslazione nello spazio,
unitamente a tutta la sua famiglia planetaria; si dirige verso un punto
della costellazione di Ercole alla velocità di 19,5 km/sec. Il sole
è una potentissima fonte di energia, che viene irradiata senza posa
in ogni direzione dello spazio. La sua luce per arrivare sulla terra impiega
8 minuti e 18 secondi. Esaminando la composizione interna del sole, si
deve sottolineare che l’interno di questa stella è costituito per
almeno il 98% da idrogeno e elio allo stato di plasma, cioè sotto
forma di una miscela di elettroni liberi e di nuclei atomici. Elementi
più pesanti non rappresentano che il 2% della massa totale. Queste
conclusioni derivano solo da considerazioni teoriche, che tengono conto
di numerosi dati ormai disponibili sulla natura delle stelle. La natura
degli strati più esterni, invece è stata definita attraverso
l’analisi spettrografica, rivelando la loro composizione all’85% di idrogeno,
al 15% di elio e alla restante parte (meno dell’1%) di elementi più
pesanti. La scoperta sul sole di elementi più pesanti dell’elio,
per i quali sono necessarie reazioni nucleari che richiedono temperature
enormemente più elevate di quelle finora raggiunte dal sole, ha
portato alla conclusione che la nostra stella è fatta di materiale
riciclato, di atomi che si sono sicuramente formati all’interno di stelle
ben più grandi del sole.
Se circa 5 miliardi di anni fa qualcuno fosse passato dalle nostre parti,
non avrebbe visto né la Terra , né il sole e neppure gli
altri pianeti del sistema solare. Avrebbe visto semplicemente una grande
nuvola di polveri e gas vaganti nello spazio. Ma la nostra nebulosa stava
per conoscere una grande trasformazione, che può essere spiegata
solo considerando la struttura e il movimento della nostra galassia, che,
come molte altre, ha una forma a spirale, ovvero è simile a una
girandola a bracci allungati, che lentamente ruota su sé stessa.
Il fenomeno interessante è che i bracci della spirale non ruotano
alla stessa velocità dei gas, delle stelle e delle polveri che contengono:
mentre i bracci ruotano in modo rigido( cioè conservano la propria
forma), le stelle, il pulviscolo e i gas ruotano a velocità costante,
quindi i più lontani dal centro ruoteranno a velocità maggiore
dei vicini al centro. Quindi, entrando gas e pulviscoli nei bracci della
galassia, si creano perturbazioni al suo interno, che contribuiscono alla
nascita di nebulose locali, da cui nasceranno poi i sistemi solari. Per
quanto riguarda la condensazione che ha dato origine al nostro sistema
solare, essa è stata certamente accelerata dall’esplosione di una
supernova avvenuta in una zona non troppo lontana: la supernova avrebbe
proiettato i suoi gas caldi a velocità altissima nello spazio, fino
a raggiungere la nostra fredda nebulosa locale. A causa di tali perturbazioni
la nebulosa si trasformò in un grande disco gassoso ruotante al
cui centro c’era la sfera fissa del sole e lungo i vari solchi giravano
altre sfere di gas in formazione, che si sarebbero trasformati nei futuri
pianeti. La sfera di gas centrale, formata da gas leggeri, aumentò
sempre più la sua massa, attraendo un numero crescente di altri
gas leggeri di passaggio, così che si formò, al centro del
disco, una palla sempre più grande di idrogeno e anche con un po’
di elio, che, a forza di crescere diventò sempre più calda
al suo interno fino ad accendersi e diventare una stella.
Infatti i gas compressi si scaldano, e la loro temperatura aumenta
tanto più aumenta la pressione. Così, gli atomi che piovevano
sulla superficie forzavano sempre di più quelli interni, facendo
allo stesso tempo aumentare la temperatura fino a farle raggiungere i 10
milioni di gradi, temperatura alla quale gli atomi vengono letteralmente
rotti e fusi: i nuclei di idrogeno venivano fondendosi tra loro e dalla
formula 1 + 1(un protone, un neutrone), si passava alla formula 2 + 2(due
protoni, due neutroni), ovvero, dall’idrogeno si passava all’elio.
Questo attraverso la catena protone- protone:
H1+ H1 = H2+ e + v
H1 + H2 = He3
He3 + He3 = He4 +2H1.
Nel caso di tale reazione di fusione una parte di massa scompare: la
massa atomica complessiva dei quattro protoni che si uniscono è
infatti 4,032, mentre quella dell’elio è 4,003. Avviene infatti
che lo 0,7 di massa che scompare si trasforma in energia secondo la ben
nota formula di Einstein: E= mc, così che basta che
pochi grammi di idrogeno si trasformino in elio perché si liberino
quantità enormi di energia. La fusione termonucleare idrogeno-elio
è molto lenta perché è molto bassa la probabilità
dell’innesco della catena protone protone; tuttavia la densità dei
protoni del nucleo è talmente elevata che in ogni secondo si verificano
10 catene protone-protone. La nostra stella perde quindi ogni
secondo 4,5 miliardi di tonnellate di massa che viene convertita in energia.
Secondo alcune stime il serbatoio del combustibile solare è oggi
circa a metà, e quindi già fra circa 4-5 miliardi di anni
il sole morirà. Tuttavia già molto prima, forse tra circa
tre miliardi di anni, avverranno preoccupanti cambiamenti che renderanno
sempre più difficile la vita sulla terra. Il primo inizio sarà
un aumento della luminosità e della temperatura della fotosfera,
che passerà da 6000 a 6500 C. Il sole diventerà leggermente
più azzurro e circa il 15 % più grande. Sulla Terra la temperatura
media comincerà ad alzarsi di 4 o 5 gradi e i ghiacciai e le calotte
cominceranno a sciogliersi. L’evaporazione degli oceani si accentuerà,
creando così cambiamenti climatici imprevedibili. Forse la stessa pressione
atmosferica aumenterà. Anche i raggi ultravioletti aumenteranno
di intensità. Tutti questi cambiamenti si produrranno però
lentamente lasciando il tempo per adattamenti biologici e tecnologici.
Ma col passare del tempo le cose diventeranno sempre più difficili.
La vera e propria fine avverrà prima di 5 miliardi di anni, quando
il sole esaurirà il suo combustibile( l’idrogeno ). La fornace solare
tenderà allora a spegnersi e i gas sovrastanti crolleranno verso
il centro in quanto verrà meno l’equilibrio tra la forza di gravità
e la forza delle reazioni nucleari; equilibrio che permette la stabilità
della stella. Venendo meno la forza delle reazioni nucleari, la pressione
aumenterà paurosamente portando la temperatura da 10 a 100 milioni
di gradi: la fornace tornerà allora ad accendersi, utilizzando questa
volta l’elio come combustibile. Il nuovo prodotto di scarto sarà
questa volta il carbonio. Queste reazioni interne faranno espandere in
modo gigantesco il sole, che diventerà una gigante rossa. Gli strati
più esterni inghiottiranno le orbite di Mercurio e di Venere. Dalla
Terra si vedrà allora un enorme astro dalla luce rossastra che occuperà
un terzo del cielo. La gigante, espandendosi sempre di più, brucerà
il nostro pianeta: gli oceani evaporeranno, le rocce fonderanno, tutto
scomparirà: vegetazione, case, opere d’arte. Più nulla resterà
delle civiltà che si sono susseguite nella storia del nostro pianeta.
Il sole non rimarrà a lungo una gigante rossa: quando anche l’elio
sarà finito ci sarà un nuovo crollo degli atomi esterni verso
il centro e la temperatura aumenterà allora da 100 a 600 milioni
di gradi. Questa volta sarà il carbonio a servire da carburante(
cioè ad essere stritolato e fuso) per produrre ossigeno come elemento
di scarto. Ogni volta che si effettua questa escalation ( fine del carburante,
collasso degli atomi esterni, aumento della temperatura, passaggio a un
nuovo tipo di carburante) il sole è sconvolto da un’esplosione,
e lancia verso lo spazio i gas degli strati più esterni. In teoria
l’ossigeno può trasformarsi a un miliardo di gradi in un nuovo combustibile
per produrre zolfo e silicio. Mentre a 3 miliardi di gradi lo zolfo potrebbe
a sua volta produrre elementi della famiglia del ferro. Oltre al ferro,
non si può più andare, poiché le reazioni di fusione
tra atomi non avvengono più in modo spontaneo. Ma gli astronomi
ritengono che il sole sia troppo piccolo per arrivare a tali temperature.
Se fosse più grande potrebbe continuare la sua escalation e diventare
una supernova, cioè potrebbe creare reazioni nucleari fino agli
elementi più pesanti e poi finire il ciclo con un enorme botto:
l’esplosione d di una supernova, capace di proiettare nello spazio un gran
numero di elementi ad altissima velocità e temperatura, raggiungendo,
raggiungendo magari una nube primitiva vagante nello spazio e provocando
un nuovo sistema solare. In n questo modo il ciclo potrebbe ricominciare
altrove , con la nascita di un nuovo sole e magari di altri pianeti. Ma
il nostro sole è troppo piccolo per trasformarsi in supernova. Dovrebbe
invece trasformarsi in una nana bianca, cioè quando la fornace si
spegnerà, gli strati esterni precipiteranno nuovamente, ma questa
volta la pressione e la temperature non saranno più sufficienti
a innescare un nuovo tipo di fusione nucleare, per salire di un altro gradino
nell’escalation. Il sole si trasformerà in una piccola stella estremamente
compatta e luminosa, una nana bianca. Essa continuerà a brilla re
per migliaia di anni, ma la fornace, ormai spenta si affievolirà
lentamente. Alla fine il sole diventerà una nana nera, un oggetto
scuro incapace di ulteriore evoluzione. Sarà così la fine
del Sistema solare.
Ma ora addentriamoci nella costituzione fisica del sole. Si tratta di
una massa gassosa ad altissima temperatura costituita da una serie di involucri
concentrici, anche se, considerando la loro natura gassosa, non si possono
stabilire limiti precisi. I calcoli relativi alla parte centrale del nucleo,
pur basati su ipotesi diverse, conducono tutti agli stessi dati approssimativi:
temperatura sui 20 milioni di gradi, densità comprese tra 45 e 115
g/cm , pressione 100 miliardi di atmosfere. Dipende da questi valori
eccezionali, che non trovano nessun riferimento nella nostra immaginazione,
se gli elementi gassosi esistenti nell’interno dell’astro possono acquistare
proprietà e densità paragonabili a quelli dei liquidi e forse
anche dei solidi. È proprio in questa zona, che ha un raggio di
circa 150000 km, che avviene la produzione di energia e la trasformazione
dell’idrogeno in elio. L’energia qui prodotta si propaga verso l’esterno
con un processo di radiazione che interessa l’involucro gassoso circostante
per uno spessore di circa 500000 km, chiamato zona radiativa, in cui gli
atomi dei gas assorbono e riemettono energia ma per la minor temperatura
non danno luogo a reazioni nucleari. Questa zona è racchiusa da
una fascia più esterna, la zona convettiva, dove i gas per la minor
pressione, diventano meno stabili e si innescano immensi movimenti convettivi,
che sono attualmente particolare oggetto di studio del Solar and Heliospheric
Observatory (SOHO), una sonda lanciata il 2 dicembre 1995 dalla European
Space Agency e dalla National Aeronautic and Space Administration per chiarire
i misteri che ancora circondano l’attività magnetica del sole.
La sonda ha raggiunto il 14 febbraio 1996 la sua posizione strategica
permanente, corrispondente a uno dei punti lagrangiani dell’orbita terrestre,
nei quali vi è equilibrio tra l’attrazione gravitazionale terrestre
e quella solare; il veicolo orbita quindi attorno al sole così come
il nostro pianeta, essendo quindi in grado, diversamente da tutte le sonde
precedenti, che erano periodicamente oscurate dalla terra, di osservare
la stella con continuità, rivelando dettagli senza precedenti grazie
ai suoi 12 strumenti. È appunto studiando le perturbazioni fotosferiche,
ovvero i rimescolamenti della superficie visibile solare, chiamata fotosfera,
che si è scoperto che esse sono prodotte da onde sonore che attraversano
l’interno del sole. Le onde sono intrappolate dentro il sole in quanto
non possono propagarsi nel vuoto quasi perfetto dello spazio. Quando incidono
sulla superficie solare e rimbalzano all'indietro, perturbano il gas fotosferico,
inducendolo ad alzarsi ed abbassarsi lentamente e periodicamente, con un
periodo di circa cinque minuti. Queste oscillazioni sono l’effetto combinato
di circa 10 milioni di note distinte, ognuna delle quali ha una propria
traiettoria di propagazione.
Già da più di tre secoli gli astronomi sanno che la fotosfera
ruota più velocemente all’equatore che non a latitudini elevate,
e che la latitudine diminuisce uniformemente andando verso ciascun polo.
I dati di SOHO confermano che questo andamento differenziale si mantiene
per tutto lo spessore della zona convettiva, mentre, scendendo a circa
un terzo del raggio della stella, la velocità di rotazione diventa
uniforme da polo a polo: si ha quindi una variazione netta alla base della
zona convettiva. Si pensa ora che questo strato sottile in cui si hanno
effetti di taglio a causa della rotazione differenziale possa esser alla
base del magnetismo solare. Ma ora analizziamo con maggior attenzione la
superficie luminosa del sole, la fotosfera: strato più profondo
accessibile al controllo diretto, essa separa i gas opachi dell’interno
da quelli trasparenti esterni. Emette la quasi totalità della luce
che noi riceviamo dal sole e forma il disco solare quale noi lo vediamo.
Lo spessore della fotosfera è valutato dai 2000 ai 3000 km; la sua
composizione chimica è quella normale della materia cosmica: nubi
metalliche incandescenti a temperatura elevatissima. La superficie della
fotosfera non è liscia, ma presenta una struttura a granuli brillanti;
questi sono formati da masse di gas ben più calde delle zone circostanti
e pertanto salgono in quota a velocità di circa un km/sec, si raffreddano
e tornano verso il basso. Questi movimenti verticali non sono altro che
la parte superiore dei ben più vasti movimenti convettivi che caratterizzano
la zona sottostante, detta appunto, convettiva. La superficie brillante
della fotosfera non è omogenea, ma appare costellata da macchie
solari, continuamente variabili per dimensioni, forma e numero. piccole
aree scure, depresse rispetto alle zone circostanti, esse sono punti freddi
della fotosfera( circa 1500 k in meno rispetto alla superficie circostante).
Le macchie appaiono in genere a gruppi e in ognuno si può rintracciare
una regolare evoluzione: per un certo tempo dopo la comparsa, le macchie
aumentano di dimensione e di numero, poi cominciano a ridursi fino ad estinguersi,
mentre altri gruppi nascono altrove. Il loro numero non è costante,
ed esse non compaiono su tutta la superficie solare, ma soltanto a latitudini
comprese tra 40 N e 40 S. un’altra caratteristica importante delle macchie
è che ad esse è associato un forte campo magnetico( fino
a 10000 volte più intenso di quello terrestre). Infatti fu a metà
degli anni ottanta che tre satelliti per lo studio del sole( Solar Maximumu
mission, Nimbus 7 ed Earth Radiation Budget) provarono che la nostra stella
va incontro a fasi di riscaldamento e di raffreddamento e che tali fasi
dipendono dal numero di macchie solari presenti. Ovviamente il dibattito
scientifica sulle macchie è tutt’altro che esaurito, anche per i
loro particolari effetti sul clima terrestre. Le più antiche testimonianze
note sulle macchie risalgono a 2000 anni fa e sono documenti cinesi. Fra
il 1609 e il 1611 diversi studiosi tra cui Galileo Galilei, iniziarono
a studiare le macchie con telescopi primitivi e scoprirono una periodicità
evidente di circa 10 anni. Ma fu solo in questo secolo che George Ellery
Hale del Mount Wilson Observatory in California scoprì che queste
scure macchie irregolari sono sede di forti campi magnetici, con intensità
di migliaia di gauss. Le macchie si formano nei punti in cui intensi campi
magnetici bloccano i movimenti del gas solare, impedendo il trasferimento
di calore dall’interno della superficie. Le linee di forza del campo magnetico
tendono ad emergere dalla superficie solare in un punto e a rientrarvi
in un altro, collegando le macchie in coppie che assomigliano ai poli di
un magnete a barra orientato più o meno in direzione est- ovest.
All’inizio di ciascun ciclo della durata di 11 anni, le macchie solari
appaiono alla latitudine
di 40 gradi in entrambi gli emisferi; via via che il ciclo procede, esse
si formano sempre più vicine all’equatore. In corrispondenza del
minimo ciclo presso l’equatore si osservano zone di intenso magnetismo
chiamate regioni attive. Nel 1925 Hale e Seth Nicholson scoprirono che
la polarità si inverte ogni 11 anni, così che un ciclo intero
impiega 22 anni a compiersi. L’atmosfera solare è costituita da
una cromosfera e da una corona. La prima è un involucro trasparente
di gas incandescente che avvolge la fotosfera, con uno spessore di circa
10000 km. Essa deve il suo nome al colore rosso, ha infatti uno spessore
non uniforme con l’aspetto di una prateria infuocata. È composta
prevalentemente di idrogeno incandescente a pressione estremamente bassa
e la sua temperatura è inferiore a quella della fotosfera. La rarefazione
è così alta che, per le esperienze di laboratorio, può
essere considerata pari al vuoto assoluto. Fenomeni spettacolari della
cromosfera sono le protuberanze, enormi getti di gas incandescenti che
si elevano ad altezze enormi e che dipendono dall’intensa attività
del sole. SOHO sta aiutando gli studiosi anche a comprendere meglio l’atmosfera
solare o corona. Il netto margine esterno del sole è un’illusione,
esso indica solamente il livello oltre il quale il gas solare diventa trasparente.
L’invisibile corona si estende fino al di là dei pianeti e pone
uno dei paradossi più difficili della fisica solare: è incredibilmente
calda, dato che raggiunge temperature di oltre un milione di gradi kelvin
appena al di sopra della fotosfera( 5780 k). Ma il calore non può
in alcun modo fluire da una zona più fredda ad una più calda,
perché ciò violerebbe il secondo principio della termodinamica.
La causa dell’aumento della temperatura nella corona è da cercarsi
nella legge cinetica dei gas e nei moti convettivi della fotosfera, dai
quali si propagano a velocità supersonica onde d'urto che raggiungono
la corona: i gas assorbono l'energia di tali onde e la loro temperatura
cresce. La corona o leucosfera (sfera bianca) si sviluppa fino ad altezze
enormi, con uno spessore paragonabile al diametro solare; ha colore bianco
latteo, è visibile durante le eclissi totali ed appare come un’immensa
aureola. La corona è in un tale stato di rarefazione da non essere
concepibile né ad esperienza di laboratorio, né a concezione
umana. Basti pensare che talune comete hanno attraversato la corona senza
essere in alcun modo influenzate. Si ritiene perciò che essa sia
costituita da gas di elettroni liberi, sebbene questa ipotesi non sia ancora
certa. Molto interessanti da analizzare sono due aspetti dell’attività
della parte esterna del sole, le protuberanze e i brillamenti. I primi
sono grandi nubi filamentose di idrogeno che si innalzano dalla cromosfera
e penetrano ampiamente nella corona. Hanno forma di immense fiammate e
la loro temperatura è compresa tra i 15000 e 25000 K. Per quanto
riguarda invece i brillamenti, essi sono violentissime esplosioni di energia
che compaiono di tanto in tanto in prossimità di grandi gruppi di
macchie, per poi estinguersi completamente. Secondo le osservazioni di
SOHO queste esplosioni avvengono presso diffusissimi punti caldi che si
formano a un milione di gradi Kelvin e hanno origine in piccoli anelli
magnetizzati di gas caldissimo, che sono presenti su tutta la superficie
del sole, poli compresi. Alcune di queste regioni esplodono e proiettano
verso l’esterno
Materia a velocità di migliaia di chilometri al secondo. Gli
scienziati di SOHO stanno ora studiando questi punti luminosi per stabilire
se abbiano un ruolo importante nel meccanismo di riscaldamento della corona.
SOHO ha notato durante la fase magnetica del sole fori coronali estesi
( regioni estese di bassa densità e temperatura, dove le emissioni
EUV e X sono anormalmente scarse o assenti) presso i poli nord e sud, mentre
le regioni equatoriali erano circondate da getti rettilinei e piatti di
materia diretta verso l’esterno. Più all’esterno della corona i
getti si assottigliano e si allungano per decine di milioni di chilometri
nello spazio. Queste protuberanze sequestrano materia a temperatura di
circa due milioni di Kelvin, creando una fascia di gas molto caldo che
si estende tutta attorno al sole. I getti si comportano esattamente come
dice il loro nome: la materia sembra fluire con continuità lungo
i loro campi magnetici aperti. Questi fenomeni violentissimi proiettano
nello spazio interplanetario miliardi di tonnellate di gas avente una temperatura
di milioni di Kelvin, a una velocità di centinaia di chilometri
al secondo. Questa materia spesso impiega solo due o tre giorni a raggiungere
la terra. Così l’atmosfera caldissima e turbolenta del sole si espande
continuamente in tutte le direzioni, riempiendo il sistema solare di un
flusso incessante (il vento solare) che contiene elettroni, ioni e campi
magnetici. La corona, con la sua elevatissima temperatura, crea una pressione
verso l’esterno che supera l’attrazione gravitazionale del sole, consentendo
l’emissione continua di materia solare. Il vento accelera nell’allontanarsi
dal sole. Via via che la corona si disperde deve essere reintegrata da
gas che risale dal basso per alimentare il vento. Misurazioni precedenti,
come quelle eseguite dalla sonda Ulysses lanciata nel 1990, hanno dimostrato
che nel vento solare vi sono due componenti, una lenta e una veloce: la
prima si propaga a circa 400 km al secondo, la seconda a velocità
circa doppia. Non si sa esattamente dove abbia origine la componente lenta,
né che cosa dia una spinta ulteriore alla componente veloce, ma
proprio SOHO dovrebbe fornire le risposte. Comunque la componente lenta
è associata alle regioni equatoriali del Sole. La componente veloce
fuoriesce invece dai fori coronali polari( qui i campi magnetici aperti
consentono alle particelle cariche di sfuggire all’attrazione gravitazionale
e magnetica del sole).
Via via che la nostra civiltà diventa sempre più dipendente
da sofisticati sistemi di comunicazione basati nello spazio, le perturbazioni
originate dall’attività del sole rischiano di provocare danni di
sempre maggiore gravità. Per esempio, le grandi eruzioni coronali
possono dare origine a intense aurore nei cieli polari e danneggiare o
distruggere i satelliti in orbita o, ancora, rappresentare una minaccia
per gli astronauti e distruggere i circuiti elettronici dei satelliti.
Se sapessimo quali alterazioni del magnetismo solare precedono questi fenomeni
violenti, SOHO potrebbe costruire un sistema di preallarme in grado di
aiutarci ad alleviare i loro effetti.
BIBLIOGRAFIA
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Kenneth R. Lang: SOHO SVELA I SEGRETI DEL SOLE. Le Scienze n. 34, maggio
1997: pagg. 32-39.
Last Updated: Marzo-13-1998
Web Author:
Michele Sacchetti
Web Assistent : Giovanni Vaccari
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