IL MOTO PER GALILEI


A differenza di ciò che affermava Aristotele per Galilei lo scopo della ricerca non è capire perché un fenomeno avvenga ma determinare come il fenomeno si produca.
Infatti mentre con Aristotele, e con tutti coloro che vennero dopo di lui fino a Galilei, la fisica ha un carattere prettamente qualitativo, da Galilei in poi si passa ad uno studio dei fenomeni fisici di tipo quantitativo.
Galilei introdusse nello studio dei processi fisici quello che oggi chiamiamo il metodo sperimentale: mostrò che non ci si poteva basare solo su conclusioni intuitive, come invece affermavano gli aristotelici, perché in alcuni casi conducono su strade interpretative completamente errate.
Considerò il ricorso all'esperienza come un fondamentale criterio di convalida delle teorie da lui formulate: se l'osservazione (intesa come verifica sperimentale) ci permetterà di accertare che il fenomeno si verifichi nei termini anticipati dalla teoria, quest'ultima ne risulterà convalidata.
Un esempio di ciò ci è offerto dal metodo usato da Galilei nello studio della caduta di un grave ("moto dei proietti").
Galilei riuscì a dimostrare con esperimenti pratici ed ideali che nel moto di caduta di un grave la forza non è proporzionale alla velocità. Fece cadere dei corpi pesanti di materiale diverso e ne confrontò le relative leggi di caduta: riuscì così a confutare l’esistenza di una proporzionalità diretta tra peso e velocità di caduta.



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