Seguendo i parametri che l'anno scorso hanno portato il gruppo
a montare lo
spettacolo Alice Crudele, si è cercato, nell'allestimento
laboratoriale del nuovo lavoro, di usare il pretesto favolistico per riferirsi
agli archetipi dell'inconscio, od alle sue "radici storiche" popolari,
ignorando i simboli od i segni formali del racconto.
Ne emergono le immagini del ricordo, del sogno, immagini sottili
che possono
facilmente frantumarci, facendo intravedere qualcosa dietro.
La ripetitività dei gesti non è simbolica o significativa, ma o
è istintività gestuale legata a necessità comunicative, liberatorie
o contingenti, o cono movimenti precisi del corpo, quasi un linguaggio archetipico
che riemerge in modo schizofrenico, disarmonico, involontario.
Con un'operazione "moderna" e di ricerca ci si ritrova
così
a rincorrere le strutture espressive delle rappresentazioni paniche del "carnevale",
od i ritmi terapeutici del tarantismo, con un parallelismo proiettivo di lacerazioni
esistenziali e tensioni sociali.
Protagonista dello spettacolo è il panico, la fuga nel deserto del paesaggio
interiore.
L'azione è compiuta dalle donne.
La donna tende a ricongiungersi col "profondo", il suo io archetipico
nascosto.
La parte panica rimossa e socialmente repressa può riemergere solo come
angoscia paura, orrore: è l'unione con la propria "bestia", la
parte di sé stessi consciamente od inconsciamente soffocata, unione che
implica il rivolgimento dei poli bene e male, bello o brutto, pudore e lascivia,
armonia e caos.
La bestia, Pan, Baphomet, il demone quotidiano: "il mito
è continuamente
in atto al livello mitico della nostra esistenza" (J. Hillman).
La bella e la bestia sono in parallelo con Pan e le ninfe, stupro e dolcezza stanno
nella stecca anima.
Il padre e la figlia. Lo sdoppiamento e la difficoltà di riunificazione
psichica.
La "fuga", lo stupro, il panico. Il matrimonio, l'unione liberatoria
erano i passaggi chiave rispetto allo "storico" ed all'esistenziale
della favola.
E solo questo, forse, resta della favola, quello che di essa, indelebilmente,
è rimasto dentro ognuno di noi.
Le radici storiche si rispecchiano nel quotidiano, nel vissuto.
Così il padre in ambigua complicità con il suo "doppio",
la bestia, infrangerà nell'unione, congiungimento, fino ad una crudele
identificazione della donna col padre / Pan / bestia.
Ciò che era "separato" si riunisce nella figura
dell'Ermafrodito.
Amore e Morte come panico dissolvimento nel tutto.
Se la "bella" ama la "bestia", questa comincia morire, nella
riunificazione del separato.
Una morte lenta, in corrispondenza della graduale vitalizzazione della donna,
del suo diventare "strega".
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La musica e i ritmi
Foto di scena
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