di Paolo Manzelli
Non sempre gli uomini nella loro storia anno avuto opinioni equivalenti in relazione allo spazio ed al tempo.
Dei
Sumeri (popolo che visse tra il Tigri e l'Eufrate in asia
minore circa 4000 anni a. c) si conosce poco, ma si ricorda che già
si interessarono del tempo organizzando un calendario lunare
adatto per quel popolo agricolo. Già allora si sapeva che la Luna
influenzava fortemente la crescita delle piante ( alcuni semi ad es. il
grano, se si piantano con la luna calante si trasformano in pianta, mentre
marciscono a luna crescente), ed anche agisce sulla regolazione di molteplici fenomeni vitali ( esempio flussi sanguigni ed ormonali delle donne e altri bioritmi).
Per quei popoli antichi era sufficiente essere in armonia con la natura.
Successive società più complesse e molto più articolate nelle loro funzioni sociali e produttive, dato che i mesi lunari variano in lunghezza e che non vi è un numero intero di mesi lunari in una anno solare, rivolsero la loro attenzione a definire un calendario solare.
I Babilonesi (vissuti anch' essi Mesopotamia circa nel 3000 a.c) suddivisero il cielo in dodici case o "costellazioni" che i greci poi chiamarono "zodiaco" dando quei nomi di animali rappresentativi di insiemi stellari conosciuti fino ad oggi. La ricerca di una armonia tra uomo e natura spinse a riflettere sulle influenze astrologiche del firmamento sui destini dell' uomo, riflessioni che sono rimaste in uso fino ad oggi, ma porto' in pratica anche a stabilire la lunghezza dell'anno solare e definire un calendario solare che permise di organizzare meglio i tempi di una società più sviluppata e articolata in lavoro non solo agricolo, ma anche artigiano e militare.
Per ciò che riguarda lo spazio per questi popoli la terra fu considerata piatta (bidimensionale) circondata dalle acque come una isola in mezzo ad un lago.
La civiltà Greca naque da una preistoria piuttosto oscura, e si sviluppò con varie componenti culturali nelle isole del mare Egeo dove già aveva avuto il suo fulgore la cultura Minoica nell'Isola di Creta molti secoli prima. Le isole dei mari Egeo ed Ionio furono dei crocevia di scambi commerciali dove l'integrazione culturale e scientifica potè fiorire.
In questa cultura l'idea della terra piatta
NON ebbe generalmente credito, presumibilmente perchè i greci furono un popolo marinaro (come ricordano i poemi dell'Odissea e dell' Iliade) possedevano flotte di navi commerciali e quindi erano consci che una barca scompare all'orizzonte per poi riapparire quanto torna a terra; costruirono infatti all'ingresso dei loro porti torri alte sia per far individuare il porto con un falò sia per individuare eventuali navi nemiche prima di chi stà sulla riva del mare. Da queste conoscenze derivarono correttamente l'idea che la curvatura dell'orizzonte fosse causata dalla forma sferica della terra. Pertanto nella visione del mondo greca la terra fu considerata sferica (tridimensionale) ed al centro dell'universo.
I greci dominarono con le loro "citta-stato" tutta la "Magna Grecia" che
comprendeva l'Egeo lo Ionio, l'odierna Ischia allora chiamata "Pitecusa", fu colonia greca dal 775 a.C, la Sicilia e le coste settentrionali dell'Egitto e le coste dell' asia miniore costituirono un ambiente scientifico e culturale che è stato di riferimento a tutta la cultura Europea fino ad oggi.
La scienza greca fu considerata da Talete di Mileto
(624-545 a.c) e dalla sua scuola uno sforzo razionale dell'uomo orientato al fine di capire la natura ed aiutarsi con predizioni che non facessero più riferimento a fenomeni magici e sovranaturali. L'idea sostanziale che professò Talete, che era un uomo politico e d'affari, fu che gli Dei non si interessano delle misere vicende umane e terrene, perchè queste ultime sono soggette a trasformazioni nello spazio/tempo, mentre gli Dei nel cielo, non hanno alcuna necessità per interessarsi di questo problema umano correlato alla vita ed alla morte, essendo essi eterni; perciò la scienza fu vista come intelligente volontà dell'uomo volta ad aiutare se stesso per fare pronostici utili a vivere nel continuo cambiamento e modificazioni del mondo. A Talete, di cui non ci è rimasto nulla di suoi scritti, fu attribuita la predizione della eclissi solare del 28 Maggio del 584 a.C., ma rimase famoso come primo scienziato greco proprio per aver inquadrato la ricerca delle trasformazioni ricercando il principio fondamentale (da lui definito ARCHE'), che dette origine al mondo. Egli identificò l'elemento primordiale, origine di tutte le cose, nell'elemento Acqua, principalmente perchè senza acqua risulta impossibile la vita ed inoltre perchè essa esiste in tre forme che sono trasformazioni dello stesso elemento (solido, liquido ed areiforme).
Della Scuola di Mileto fu discepolo Anassimandro (610-546 a.C.)
che contestò il maestro in quanto dall'acqua non avrebbe potuto
generarsi il suo contrario il fuoco. Pertanto Anassimandro assunse che
il principio generatore del tutto fosse "un indeterminato detto APEIRON
(cioè senza limiti), in pratica una informazione originaria(intesa come qualcosa che precede ogni forma) da cui iniziano tutti i processi di localizzazione nello spazio e nel tempo. L'APEIRON si sdoppiava nei principi caldo e freddo generando il fuoco e l'aria; successivamente il fuoco, togliendo l'umidità dall'aria generava l'acqua e in questa trasformazione rinameva un residuo secco che costituiva la terra.
(- nota - La influenza nelle idee
di Anassimandro delle filosofie orientali è alquanto evidente in
questa trattazione, che sembra rifarsi alle teorie della Unità nella Diversità della coppia di principi originari indicati con : YIN / YANG. Tale filosofia del pensiero cinese risale a circa 5000 anni a.C.; la coppia YIN / YANG rappresentò il principio maschile e femminile, così come anche quello della luce ed del buio, del caldo ed del freddo, dell'armonia ed del rumore, .... che dinamicamente trasformandosi l'uno nell'altro danno origine al mutamento perenne dal caos all'ordine, alla vita ed alla morte)
I quattro elementi, secondo Anassimandro, venivano poi a combinarsi
generando qualsiasi altra cosa. Anassimandro inoltre fu il primo a giustificare il fatto che la terra fosse al centro dell'universo asserendo nella sua ricerca della "confutazione di tutte le eresie della tradizione oracolare e divinatoria" che essa rimane sospesa e librata in alto al centro dell'universo perchè è costituita da un residuo del processo globale di trasformazione che la colloca per simmetria ad uguale distanza da tutte le cose.
Anassimandro fu anche il primo ad ammettere un principio di evoluzione
degli esseri viventi, asserendo che nelle trasformazioni successive del
cosmo l'uomo deriva da una specie diversa.
Anassimene di Mileto (586 -528 a.C) contestò a sua volta
le idee dei suoi predecessori della scuola di Mileto ed in particolare
non accettò le idee di Anassimandro che gli apparvero troppo astratte e poco credibili perchè prive di giustificazione sperimentale. Ritornò quindi all'idea più antica che la terra fosse una tavola piatta in mezzo al mare di acqua e ritenne che la sostanza primordiale fosse l'Aria che per condensazioni e rarefazioni poteva trasformarsi in acqua. terra e fuoco.
Eraclito di Efeso (circa 550 a.C- 470 a.C), si inserì nell'ambito
della scuola ionica nella ricerca delle trasformazioni succesive di una
causa prima generatrice e ritenne che l'agente trasformatore primordiale
fosse il Fuoco, in quanto esso è tra i quattro elementi il più etereo e quindi capace di diffondere rapidamente. Ma proprio perchè le trasformazioni prodotte dal fuoco non lasciano tracce sensibili del passato, egli ritenne praticamente impossibile indagare a fondo la realtà come mutamento poichè " ciò che è oggi non è quello che era ieri ne quello che sarà domani."
Criticando i suoi contemporanei disse che noi possiamo precepire gli elementi aria acqua terra e fuoco, ma ad esempio, non sono sperimentabili i principi di condensazione e di rarefazione di Anassimene, che in vero sono modi di intendere del pensiero. Gli occhi e gli orecchi, per Eraclito, sono cattivi testimoni delle trasformazioni; la infinita saggezza ed intelligenza della natura che egli chiamò "LOGOS" così come l'apeiron idefinito di Anassimandro, non possono essere sperimentati dall'uomo ma solo possono essere intuiti come "immaginario" nel modo che già la tradizione mistica ed oracolare aveva indicato. Per Eraclito la scienza, quale studio e previsione delle trasformazioni nello spazio e nel tempo generate da un principio originario, non poteva separarsi dal quel misticismo religioso che era stato contestato dai naturalisti di Mileto come oscurantismo
esoterico e mistificante.
Successivamente Parmenide di Elea ( che visse tra il VI
ed il V sec. a.C. in una città della Magna Grecia sorta vicino all'attuale Palinuro in Italia), sostenne ancor più radicalmente il basso valore che possano avere i sensi nel fondare la conoscenza proprio in quanto essi percepiscono le trasformazioni e le mutazioni che sono solo apparenze.
Egli infatti ragionò cosi; l'essere originario non muta : " L'esistente è, e se è certamente non può essere anche il suo contrario il non essere; se una cosa è perchè esiste non può mai scomparire nel nulla"; sulla base di un tale ragionamento egli negò il divenire dell'Essere perchè il divenire è un discontinuo passaggio dove l'essere muta in non-essere cioè qualcosa che non è più ciò che era anteriormente e quindi non accettò che si potesse derivare la conoscenza della causa prima dalla osservazione sensoriale. Disse : "se una qualsiasi cosa è nata una volta allora non può esistere e se non esiste una volta, neppure può nascere in avvenire: così svanisce il nascere ed è inconcepibile
il perire "; esistono solo le cose che sono sempre esistite e le
trasformazioni sono solo e soltanto inganno percettivo, poco utile a cercare di capire la verità dell'Essere. La ragione quindi si deve opporre ai sensi.
Tra i discepoli di Parmenide fu Zenone di Elea ( vissuto tra il 490 ed
il 430 a. C.), che protrasse i ragionamenti di Parmenide mettendo in evidenza le contraddizioni tra ragione e sensazione, con una serie di paradossi logici che sostenevano l'impossibilità di comprendere il molteplice mutamento nel tempo e nello spazio proprio perchè lo spazio ed il tempo del mutamento non esistono se non nell' ambito della illusione percettiva.
In proposito del "tempo" Zenone si domandò quanto è piccolo
un istante? Se il tempo non è un continuo, ma è discontinuo
(composto cioè di essere e non essere tempo) l'istante rimane indefinito, allora la freccia scoccata da un arco, dovendo mettere un tempo non definito a passare un istante al successivo, certamente resterebbe in quiete per un tempo indefinito. Dato che percepiamo l'istante come tempuscolo sensibile di durata elementare l'istante è solo un fenomeno prodotto dagli ingannevoli sensi, che ci fanno apparire che la freccia possa muoversi, ma invero potremo pensare che essa non si sia mai mossa poichè ciò che conosciamo lo vediamo come mutamento che appartiene ad un nostro modo di percepire falso come in un sogno.
In proposito dello "spazio", famoso è rimasto il paradosso di Zenone detto di "Achille e la Tartaruga", dove egli dimostra con un consimile ragionamento per assurdo che razionalmente il veloce Achille non potrà mai superare la lenta tartaruga. Infatti se lo spazio anzichè essere un continuo indivisibile, lo consideriamo suddivisibile, allora Achille prima di raggiungere la Tartaruga dovrebbe raggiungere la metà della distanza tra lui e la tartaruga, ma alla fine il segmento di tale differenza si riduce ad un sol punto; ma se anche questo ultimo è considerato ancora spazio divisibile in parti allora Achille si troverà infiniti punti di mezzo da superare senza poter mai raggingere la tartaruga.
Lo spazio quindi non può essere suddiviso in punti perchè
se lo suddividiamo avremo punti di spazio pieno separati da spazi vuoti,
ma come una qualsiasi cosa se è allora non può contemporaneamente non essere; anche nei riguardi della divisibilità dello spazio divisibile in oggetti distinti si
generano paradossi che non permettono di ragionare logicamente. In conclusione o accettiamo la ragione oppure ci lasciamo ingannare dai sensi.
Questi ragionamenti per assurdo di Zenone, non sono stati inutili poichè in vero contribuirono in seguito a sviluppare la matematica dei limiti.
I Sofisti buttarono in politica queste modalità di ragionamento pr assurdo per confondere la gente e spostando il ragionamento scientifico nell' ambito delle comuni credenze popolari, riuscivano a sostenere equivalentemente bene, con un' arte oratoria raffinata, un assunto logico e subito dopo l' esatto suo contrario.