Attraversando anche a piedi, se c'è bassa marea, o con un barcone, le poche centinaia di metri che la separano dalla terra ferma giungiamo a Mozia.

Qui il sottosuolo nasconde una inesauribile miniera da dove affiorano i cocci di civiltà perdute.

Qui si trovano le tracce di culture tra le più ricche e complesse che hanno dato origine alla storia del mondo occidentale.

Luogo di incroci, di conquiste, di ricchezze leggendarie e di approdi ristoratori, di fiorenti commerci, di artigianato d'arte e di mistica ritualità, Mozia è un piccolo miracolo naturale e archeologico che racchiude i resti di una città punica mai più ricostituita dopo la sua fine nel 397 a.C.

La città fondata dai Fenici nell' VIII secolo a.C., era difesa da una cinta muraria e da una serie di torri e bastioni.

Il baluardo più importante era la PORTA NORD che era collegata alla terra ferma mediante una STRADA che attraversava la laguna e consentiva il traffico dei CARRI fino al vicino promontorio di Birgi.

Lungo le mura, si sono rinvenuti altri monumenti e rovine. Il ritrovamento più antico è però, la necropoli arcaica risalente all' VIII e VII secolo a.C. vicino alla quale è stato rinvenuto il TOPHET un luogo di origine semitica, area sacra dove i Fenici deponevano i loro sacrifici, vittime i bambini, in onore del dio Baal e di Astarte.

I reperti più significativi degli scavi di Mozia sono esposti nel museo archeologico creato da Giuseppe Whitaker, è lì che troviamo la più consistente raccolta di manufatti fenicio- punici della Sicilia; è li che l'occhio si arresta di fronte all'eleganza del celebre GIOVANE DI MOZIA, rinvenuto nel 1979 nei pressi dell'area industriale.