ANALISI DELLE POSSIBILI CAUSE DEI MOVIMENTI MIGRATORI
Dopo avere individuato i dati numerici del fenomeno migratorio in Italia ed in Europa, ci chiediamo adesso quali possano essere i moventi che inducono oggi tanto numerose masse umane all'abbandono della terra d'origine, alla volta di paesi più fortunati. Abbiamo, a questo proposito, analizzato anzitutto i fenomeni demografici che differenziano paesi ed aree diverse del nostro mondo ed abbiamo scoperto che le popolazioni della terra crescono secondo ritmi tutti diversi. Titoleremo cosi' questa parte della nostra ricerca.
POSSIBILI CAUSE DEMOGRAFICHE DELLE MIGRAZIONI
Nel mondo le popolazioni crescono secondo ritmi diversi. Questi ritmi vengono studiati dai demografi, che riescono a calcolare i tassi d'incremento annui di ciascuna popolazione. Parliamo anzitutto dell'Europa. Il nostro continente presenta tassi d'incremento della popolazione diversi nelle varie nazioni che la compongono. Alcuni paesi infatti, come l'Italia, la Francia, l'Inghilterra e la Germania, presentano una curva demografica decrescente (l'Italia in particolare presenta attualmente un calo delle nascite con un leggero incremento negativo del -0,35%). Altri paesi, invece, quali l'Irlanda, la Spagna, la Grecia e il Portogallo, fanno ancora registrare una crescita demografica. Le due opposte tendenze presenti dunque in Europa faranno si che nei prossimi 20 anni la popolazione del continente tenderà a rimanere stazionaria attorno ai 320 milioni di individui. Ma a breve distanza dall'Europa esistono popolazioni caratterizzate da alti tassi di incremento demografico, che variano dall'1% al 4% annuo. Il fatto che una popolazione abbia un tasso di accrescimento annuo dell'1% fa si' che essa raddoppi nell'arco di settant'anni; se essa presenta un tasso di accrescimento del 2% raddoppierà nell'arco di 35 anni; se invece il suo tasso di accrescimento sarà del 4%, la popolazione in questione raddoppierà nell'arco di appena 17 anni e ½. Se questi ritmi così elevati si verificano in paesi in cui territorio offre ancora possibilità d'insediamento e condizioni di vita accettabili, i flussi emigratori da questo paese verso altri presunti più fortunati non si verificheranno o saranno di portata contenuta, altrimenti dal paese in questione, sollecitato dalla eccessiva sovrappopolazione, si muoveranno continui flussi migratori. Proprio a questo proposito, se allarghiamo lo sguardo poco al di la' dell'Europa, ci accorgiamo che esistono popolazioni caratterizzate da alti tassi di incremento demografico, che ne determinano il costante aumento. Questo fenomeno interessa cioè tutta la popolazione nordafricana, il cui aumento frutterà nei prossimi 20 anni circa 50-70 milioni di individui. Anche nel vicino oriente il ventennio a venire vedrà` una crescita di circa 20-30 milioni di persone. Se ora paragoniamo ciò che avverrà nei prossimi anni da una parte sul versante nord del Mediterraneo, dall'altra nel versante sud orientale di esso, ci rendiamo conto che mentre nella "benestante" Europa la popolazione rimarrà stazionaria, l'area islamica sottosviluppata a sud ed ad est dello stesso mediterraneo dimostrerà un'esuberanza demografica tale da far prevedere, l'arrivo verso il nostro continente di flussi migratori costanti e di grande consistenza.
Possiamo considerare gli stessi fenomeni in senso più generale, osservando in quale misura le previsioni calcolano che varierà il valore percentuale della popolazione europea rispetto al totale della popolazione mondiale nei prossimi anni.
ANNO POPOLAZIONE U.E. RESTO DEL MONDO 1950 16% 84% 1986 6,5% 93,5% 2000 5,4% 94,6% 2020 4% 96%
Nei prossimi anni avverrà dunque l'inversione dei rapporti relativi fra la popolazione dell'Unione Europea e la popolazione dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Questo fenomeno demografico, risultante dai diversi ritmi di accrescimento delle popolazioni affacciantesi sulla stessa area, determinerà in futuro sempre più massicci episodi migratori.
POSSIBILI CAUSE ECONOMICHE DELLE MIGRAZIONI
Se ora allarghiamo lo sguardo dai fenomeni demografici a quelli di tipo economico, ci rendiamo conto come quegli stessi paesi che presentano una rilevante tendenza all'incremento demografico, possiedono una più complicata e difficile situazione economica. In base a quali parametri, ci chiediamo ora, alcuni paesi del mondo quali quelli appartenenti all'area islamica a sud ed ad est del mediterraneo, quelli, ancora, rientranti nell'Africa sub Sahariana, ma anche l'Indocina, il Bangladesh, le Filippine etc., possono essere considerati i più disagiati del mondo? Abbiamo scoperto, approfondendo lo studio della geografia economica, che in questi paesi risultano estremamente deficitarie le "qualità della vita". Cosa intendiamo con questa definizione? Alludiamo all'insieme delle condizioni di vita offerte dal paese di nascita al nuovo nato. Le qualità della vita riguardano:
· Le speranze di vita alla nascita. · L'incidenza della mortalità infantile. · L'alimentazione. · L'assistenza sanitaria. · L'analfabetismo.Riguardo al primo punto abbiamo scoperto che tutti i paesi del nord del mondo presentano una previsione di vita media che si aggira fra i 60 ed i 75 anni di età. Questo stesso indice, se lo riferiamo ai paesi dell'Africa sub sahariana, del sud dell'Arabia, dell'Afganistan, dell'Asia sud orientale, scende fino al valore medio di 45 anni. Altro importante fattore e` quello riportato al secondo punto, relativo alla mortalità infantile. Se oggi in Europa in media si calcola che si verifichino meno di 20 decessi perinatali per mille nati, la maggior parte di paesi africani e molti paesi asiatici presentano delle punte di mortalità infantile che rasentano i duecento decessi per mille nati. In particolare e` interessante paragonare le seguenti cifre: molti paesi dell'Est europeo, come anche la Russia asiatica presentano una media di 20/50 morti per mille nati. L'Africa e l'Arabia settentrionali presentano da 100 a 150 decessi per mille. L'Africa sub sahariana e l'Asia sud occidentale raggiungono delle punte di 200 morti su mille nati. Infine sia in Africa che in Asia esistono delle sacche entro le quali queste cifre vengono addirittura superate.
Le prospettive di vita alla nascita comprendono anche le risorse alimentari che l'individuo prevede di avere a disposizione nell'arco della vita. E` quanto riassunto al terzo punto. I paesi in cui la denutrizione raggiunge livelli di estrema gravita` sono anzitutto quelli dell'Africa sub sahariana. Seguono alcune nazioni nord occidentali dello stesso continente e numerosi paesi asiatici, primi fra tutti l'Afganistan, il Bangladesh e l'Indocina. Questi dati risultano ancor più significativi se si pensa che la maggior parte dei paesi industrializzati e primi fra di essi i sette grandi, presentano una spiccata tendenza alla sovralimentazione, con la conseguente forte incidenza delle malattie dello apparato circolatorio e di quello digerente. Il funzionamento del sistema sanitario costituisce il quarto punto di riferimento per la definizione delle qualità della vita nei diversi paesi. In un paese industrializzato dell'occidente, a contribuire a risolvere l'assistenza sanitaria sono in parte lo Stato, in parte i datori di lavoro, in parte i contributi dell'assistito stesso. Le situazioni concrete sono poi molto diverse. In Danimarca lo Stato sovvenziona l'80% della spesa sanitaria, mentre in Italia lo Stato contribuisce soltanto per il 30%. In molti paesi del terzo o quarto mondo, pero', la guerra e` endemica ed il potere in continuo ballottaggio fra fazioni etniche diverse, cosicché l'impegno dello stato nei confronti del sistema sanitario risulta scarsissimo e discontinuo e molto bassa e` la percentuale del reddito nazionale devoluta al settore della sanità. Ciò vuol dire in pratica che in molti paesi il rapporto fra medico e paziente e' bassissimo, che le campagne di vaccinazione sono molto rare e parziali, che la distribuzione dei presidi sanitari sul territorio risulta molto scarsa. Non ultimo fattore che contribuisce a definire come carenti le qualità della vita per un popolo sono anche le condizioni culturali di questo. Il parametro che ancora oggi permette di definire queste condizioni e` l'analfabetismo. Tutta l'area islamica conserva ancora oggi grandi sacche di analfabetismo, spesso in quegli stessi paesi che possiedono e sfruttano ingenti risorse petrolifere.
LE "CAUSE DELLE CAUSE"
Come mai, ci si potrebbe chiedere ora, i paesi con minori aspettative riguardo le qualità della vita sono poi quelli in cui i tassi di natalità risultano ancora tanto alti e dai quali giungono ,conseguentemente, in occidente grandi masse di migranti? Su questo interrogativo i demografi e gli economisti si sono spesso confrontati e sono giunti a delle conclusioni, delle quali alcune, alla mentalità comune, possono risultare ovvie, altre possono invece sembrare imprevedibili. L'alto tasso di fertilità dei paesi del terzo e del quarto mondo dipende da diversi fattori. Molto importanti fra questi sono quelli di tipo tradizionale e culturale. Avere molti figli, specie per le popolazioni agricole e quelle pastorali di questi paesi, conferisce alle famiglie un certo prestigio sociale. La prolificità rappresenta in un certo senso, una sorta di conferma ed accettazione, da parte delle potenze ultraterrene, della coppia. In molte di queste società sia oggi che in passato, la sterilità era considerata quasi come una punizione divina o, comunque, era vissuta come una condizione d'inferiorità per la coppia che ne era colpita. Altri fattori sono di tipo economico. Le società di tipo agricolo e pastorale necessitano di molte braccia a famiglia, per il governo del bestiame e la lavorazione dei campi. Questo fenomeno non è diverso da quello che si verificava nelle famiglie contadine italiane nel secolo scorso ed all'inizio di questo secolo. Esiste anche un fattore di tipo demografico, che contribuisce a determinare l'alta natalità dei paesi del terzo e quarto mondo. Si tratta di una specie di compensazione inconsapevole, per cui, in quei paesi in cui la mortalità infantile è molto alta, vengono messi al mondo molti figli, proprio per contrastare gli effetti della mortalità eccessiva. Naturalmente può succedere, o meglio quasi sempre succede che la compensazione ecceda rispetto agli effetti della mortalità, e che si abbia così una esuberanza della popolazione, proprio in quei paesi in cui le possibilità di sopravvivenza risultano tanto scarse. Gli studiosi mettono poi in evidenza altri fattori di tipo socio economico e culturale. La sottoccupazione e la disoccupazione sono condizioni in cui versa la maggior parte della popolazione del terzo e del quarto mondo. Queste condizioni vengono direttamente messe in relazione con l'eccesso di fertilità, specie se la disoccupazione interessa fortemente anche la manodopera femminile, limitando l'emancipazione femminile. La diffusione dell'analfabetismo è un altro fattore che determina la scarsa diffusione o la scarsa efficacia dei metodi di limitazione delle nascite e se in questo caso la mancanza di cultura di base colpisce particolarmente le donne, l'uso di questi metodi diventa ancor più improbabile e aleatorio. Tutti questi dati possono contribuire a fornire una risposta all'interrogativo apparentemente insolubile riguardo al permanere di un alto tasso di natalità anche in quei paesi in cui si soffre e si muore di fame.
IL TERZO ED IL QUARTO MONDO
Abbiamo usato spesso, in queste pagine le definizioni di "Terzo mondo" e di "Quarto mondo". Cosa intendiamo dire con queste definizioni e perché è necessario fare questa distinzione? Gli studiosi di demografia distinguono le aree povere del nostro pianeta in appartenenti al terzo o al quarto mondo. Appartengono al terzo mondo quei paesi ricchi di risorse e di materie prime, non ancora in grado di sfruttarle o scarsamente industrializzati o nei quali non esiste un'equa ripartizione del reddito nazionale, nei quali dunque la maggior parte della nazione versa in uno stato di grave povertà che potrà essere cominciato a sollevare solo negli anni a venire ed a condizione che i governi attuino imponenti politiche di riforma precedute da complicati e drammatici sovvertimenti nell'ambito delle classi dirigenti. I popoli del quarto mondo, invece, abitano nelle nazioni assolutamente povere di risorse proprie e di materie prime, il cui destino non sembra potere subire né a breve né a lungo termine consistenti miglioramenti, a meno che non intervengano ad attenuarne la durezza le scelte economiche e politiche degli organismi sovranazionali.
LE CAUSE DEL SOTTOSVILUPPO
Nell'ambito delle "cause delle cause" ci potremmo ancora chiedere come mai i paesi del terzo mondo (escludiamo quelli privi di risorse del quarto) non riescono a decollare economicamente. Quali ostacoli impediscono ancora a questi paesi, alcuni dei quali dotati di svariate e ingenti risorse, di aumentare ma anche di ripartire adeguatamente il loro PNL (prodotto nazionale lordo.)? Per avere intanto un'idea orientativa di quanto possano differire le condizioni economiche medie dei popoli della terra, pensiamo che non sia significativo paragonare fra loro i paesi in base al loro PNL; più interessante può essere invece considerare il PNL pro capite. Il PNL pro capite è però un valore soltanto indicativo, che, nei paesi in cui le differenze di classe sono più pronunciate, risulta essere la media fra i redditi elevatissimi e quelli molto bassi della maggior parte della popolazione. Dei valori significativi ci sembrano i seguenti: in Etiopia il PNL pro capite è di appena 130 dollari annui, pari a circa 140.000 lire italiane. Esso è invece di 20.400 dollari annui in Svizzera (pari a 25.000.000 di lire italiane); in Italia il reddito medio pro capite si colloca su valori medi: esso è di 8.800 dollari annui. Fra questi tre paesi si collocano tutti gli altri, dei quali, ai fini della nostra ricerca, è utile ricordare quelli più disagiati. Paesi a basso reddito pro capite, che alimentano tradizionalmente l'immigrazione verso l'Europa , sono quelli dell'Area Islamica, quali il Marocco, con 773 dollari annui p. c., la Tunisia, con mille dollari di reddito medio annuo p. c. e la Turchia, con 1195 dollari. Se vogliamo allargare il discorso, paragonando i redditi medi pro capite di diverse nazioni, le sperequazioni diventeranno ancora più evidenti, anche se non dobbiamo dimenticare che questo indice ( r. m. p. c.),non è fedelmente rappresentativo della reale distribuzione del reddito in una nazione e che il paragone dei redditi medi delle varie nazioni presuppone che si tenga conto del diverso potere di acquisto delle rispettive monete.
Il cittadino medio della Svizzera percepisce un reddito medio pro capite doppio di quello di un cittadino dell'ex Germania est. A sua volta quest'ultimo ha il reddito doppio rispetto ad un cittadino di Cipro o di Malta. Il cittadino maltese guadagna a sua volta il doppio del coreano del sud, il quale risulta mediamente molto più ricco di un tailandese, che, rispetto ad un indiano, può, in un certo senso, considerarsi benestante. In conclusione possiamo ricordare che i paesi a scarsissimo reddito medio pro capite sono quelli dell'Africa sub sahariana, seguono quelli dell'Asia centro meridionale; seguono ancora quelli dell'Area Islamica. Fra i paesi più poveri in assoluto spiccano lo Zaire, il Ciad, la Tanzania, il Mali e la Guinea.
L'EREDITA' DEL COLONIALISMO
Torniamo adesso all'interrogativo di fondo che ci siamo posti all'inizio di questo lavoro. Perché il reddito medio pro capite e le qualità della vita di molti dei paesi citati permangono tanto negativi, nonostante alcuni di essi appartengano all'area dei paesi in via di sviluppo, cioè nonostante si tratti di nazioni dotate di talvolta considerevoli risorse e materie prime? Per cercare di spiegare, pur se in parte, il permanere di queste situazioni di povertà e di disagio, dobbiamo fare un passo indietro. Quasi tutti i paesi in via di sviluppo sono ex colonie, che hanno raggiunto nel nostro secolo, in tempi diversi, l'indipendenza. Gli apparati produttivi di questi paesi non si sono dunque progressivamente costituiti ai fini delle concrete esigenze del fabbisogno nazionale e poi di quelle del vario e vasto mercato internazionale, ma la produzione nazionale è stata preordinata e finalizzata dalle rispettive potenze coloniali, a loro prevalente vantaggio. Inoltre, fino al momento dell'indipendenza, le risorse dei paesi soggetti alla colonizzazione erano state sfruttate a vantaggio delle potenze coloniali. Risorse e capitali derivanti da esse non sono stati dunque che in minima parte reimmessi nel paese di provenienza, il quale ha costantemente perso ricchezza, senza ricavarne vantaggi. Ne è derivato un impoverimento progressivo dei paesi in questione, nel corso di molti secoli.
IL NEOCOLONIALISMO
Dal punto di vista politico, questi paesi si sono avvicinati all'autonomia senza una lenta e graduale preparazione ed in assenza di una classe dirigente autoctona preventivamente formatasi. E quando, in previsione dell'indipendenza, una classe dirigente dovette finalmente formarsi, ciò avvenne sotto l'egida solerte e nelle capitali dei paesi coloniali europei. Ne uscì una classe dirigente addomesticata, disposta ad assecondare richieste politiche ed interessi economici delle potenze ex coloniali che l'avevano voluta e che la patrocinavano. In questi paesi le precarie condizioni economiche hanno costretto infine le classi dirigenti a fare frequentemente leva sui prestiti internazionali che non sono in condizioni di poter solvere né nell'immediato né tanto meno nel prossimo futuro e ciò ha in molti casi innescato quella che viene definita la "spirale dei debiti", un processo di indebitamento e soggezione economica ai potenti del mondo destinato a complicarsi ed aggravarsi di anno in anno. Un altro grave problema continua ad ostacolare lo sviluppo economico delle nazioni del terzo mondo: in molte di queste nazioni, all'indomani dell'indipendenza, sono scoppiati a complicare le cose conflitti di ordine politico, tribale, territoriale e religioso. In questi conflitti le grandi potenze internazionali hanno avuto la loro parte quali sostenitrici dell'una o dell'altra parte e quali, spesso, fornitrici più o meno clandestine di sovvenzioni e di armi. Paesi già tanto poveri continuano dunque ancora oggi a vedere compromessa la loro situazione da guerre e guerriglie devastanti, allo scopo di sostenere le quali, si è verificata una continua emorragia di valuta, per l'acquisto delle armi o per l'impianto di industrie belliche. Alcuni di questi paesi hanno preferito progettare l'impianto in proprio di industrie belliche piuttosto che il potenziamento di quei settori produttivi di cui avrebbe potuto beneficiare la nazione. La guerra ha ancora una volta aggravato l'impoverimento delle nazioni più sfortunate della terra. Ciò ha continuato ad ostacolare il libero e naturale sviluppo della produzione e dei rapporti commerciali.
CAUSE BELLICHE, ETNICHE, RELIGIOSE, POLITICHE: i "RIFUGIATI"
Conflitti internazionali, guerre civili, scontri etnici, religiosi e tribali sono la causa, unitamente alla dissidenza politica in paesi retti da regimi totalitari, dell'esodo di numerose popolazioni. Si tratta di uomini, ma anche di donne, vecchi e bambini di ogni razza e religione. In vista della tutela di questi migranti, l'ONU ha creato un Alto Commissariato per i rifugiati, denominato "ACNUR", che pubblica periodicamente bollettini informativi sulle dimensioni e sulle caratteristiche del fenomeno. Negli Atti dei lavori dell'Alto Commissariato, il rifugiato viene così definito: " Chiunque temendo, a ragione, di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale e per le sue opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo paese." Attualmente nel mondo ci sono circa 20 milioni di rifugiati, di cui la maggior parte sono donne e bambini. Veniamo ora a qualche dato relativo ai continenti. Il problema dei rifugiati oggi in Africa è di una vastità senza paragoni e senza precedenti. In questo continente essi superano oggi i 5 milioni. Provengono prevalentemente dalla Somalia, dall'Etiopia, dal Togo, dall'Angola, dal Ruanda e dalla Liberia. Ogni anno da questi paesi migrano circa 5000persone. Le cause dell'esodo africano sono prevalentemente dovute a conflitti interni, ai regimi dittatoriali ed alla segregazione etnica. In Asia, negli anni scorsi, si sono avuti imponenti esodi dai paesi dell'Indocina: Vietnam, Cambogia e Laos. Nella stessa Asia paesi poverissimi ed impreparati hanno sostenuto l'organizzazione complessa ed impegnativa dell'accoglienza. Qualche altro dato può illustrarci la situazione europea. Nel nostro continente oggi si trovano circa 5 milioni fra rifugiati e sfollati. Tre milioni di questi si trovano nei nuovi stati sorti dallo smembramento della Iugoslavia. In questa regione, devastata dai bombardamenti, gli stessi paesi ospitanti riescono con estrema difficoltà a sopperire alle necessità dei profughi.