Personaggi e interpreti : Anthony Perkins (Joseph K), Jeanne Moreau (Mlle Burnstner), Elsa Martinelli (Hilda), Romy Schneider (Leni), Suzanne Flon (Miss Pittl), Madeleine Robinson (Mme Grubach), Orson Welles (l'avvocato, Hastler), Akim Tamiroff (Bloch), Arnoldo Foà (l'ispettore), Fernand Ledoux (il capo cancelliere), Maurice Teynac (il sottodirettore), Billy Kearns (sottoispettore n 1), Jess Hahn (sottoispettore n 2), Raoul Delfosse (primo impiegato), Wolfgang Reichmann (l'usciere), Thomas Holtzmann (Bert, lo studente), Maydra Shore (Irmie), Max Haufler (lo zio Max), Michael Lonsdale (il prete), Max Buchsbaum (il giudice), Karl Studer, Jean-Claude Remoleux, William Chappell, Claudine Maugé, Paola Mori e la voce di Orson Welles (il narratore).
Produzione : Francia-R.F.T.-Italia, A Mercury Production by Orson Welles per Paris
Europa Productions (Parigi), Hisa-Films (Monaco), Fi-C-It (Roma);
produttori : Yves Laplanche, Alexandre e Michel Salkind;
direttore di produzione : Robert Florat;
riprese : Studio di Boulogne (Paris) e Gare d'Orsay (Parigi) per gli interni, e in Jugoslavia e
Italia per gli esterni (dal 26 marzo al 5 giugno 1962);
prima : 21 dicembre 1962 (Parigi);
durata : 120 minuti.
"Il protagonista di THE TRIAL è un piccolo borghese, io lo considero come colpevole.
Appartiene a qualcosa che rappresenta il male e che, nello stesso tempo, fa parte di lui.
Non è colpevole di ciò che gli si rimprovera, ma è colpevole lo stesso: egli appartiene a
una società colpevole, collabora con essa.
Non lotta, dovrebbe forse farlo, ma non
prende posizione nel mio film. K collabora tutto il tempo. Nel romanzo di Kafka anche.
Io gli permetto solamente di sfidare i suoi carnefici, alla fine.
(...) Credo che si tratti di una specie di balletto scritto da un intellettuale ebreo prima di
Hitler. Dopo la morte di sei milioni di ebrei, Kafka non direbbe più questo. Mi sembra
sia un pre-Auschwitz. Io non voglio dire che il finale del mio film sia buono, ma era la
sola soluzione. Avevo bisogno di passare a una velocità superiore, anche se era solo per
pochi istanti.
Ho reso il mio personaggio più attivo di quanto non fosse nel romanzo. Io
non credo che i personaggi passivi siano utili al dramma. Io non ho niente contro
Antonioni, per esempio, ma, per interessarmi, i personaggi devono fare qualcosa. Dal
punto di vista drammatico, s'intende.
(...) E' vero, in THE TRIAL io mi ripeto. Credo che lo facciamo tutti. Riprendiamo
sempre certi elementi. Come evitarlo? Un attore ha sempre lo stesso timbro di voce e,
per conseguenza, si ripete. Ci sono sempre certe cose che ritornano, esse fanno parte
della sua personalità, del suo stile.
Non è nelle mie intenzioni ripetermi, ma, nel mio lavoro, devono esserci certamente dei
punti di riferimento di ciò che ho fatto nel passato. Potete dire quel che volete ma THE
TRIAL è il miglior film che abbia mai fatto. Ci si ripete quando si è stanchi. Ora, io non
ero stanco. Non sono mai stato tanto felice come quando ho girato il film.
(...) Il cinema è ancora troppo giovane, e sarebbe ridicolo non riuscire a trovare per lui
nuove cose. Se soltanto potessi fare più film!
Sapete come sono arrivato a fare THE TRIAL? Quando mancavano due settimane dalla
partenza da Parigi per la Jugoslavia, ci hanno detto che non era il caso di costruire lì una
sola scena poiché il produttore aveva già fatto un altro film in Jugoslavia e non aveva
pagato le sue spese. E' per questo motivo che abbiamo dovuto utilizzare quella stazione
fuori servizio (la Gare d'Orsay, n.d.r.). Avevo progettato un film completamente diverso.
Tutto fu inventato all'ultimo minuto, perché il mio film, fisicamente, era del tutto diverso
nella sua concezione. Era fondato sull'assenza assoluta della scenografia. E questo
gigantismo nelle scenografie che mi si è rimproverato è dovuto in parte al fatto che non
avevo a disposizione per set che questa vecchia stazione abbandonata. Una stazione
ferroviaria che è vuota, è immensa. La produzione comprendeva all'inizio delle scene che
scomparivano gradualmente. Il numero degli elementi realistici doveva diminuire un po'
per volta, e il pubblico lo percepiva, fino a che la scena doveva ridursi allo spazio vuoto,
come se tutto si fosse dissolto".
(Orson Welles, 1964)
"Una sera ad Amburgo, ci sono tre spettatori in sala. Lo spettacolo comincia. Orson
Welles entra in scena e si presenta: autore, compositore, attore, scenografo, direttore di
scena, regista, saggio, finanziere, buongustaio, ventriloquo, poeta. Poi si meraviglia di
essere venuto così numeroso mentre loro sono così pochi.
Senza dubbio THE TRIAL
dimostra che non è facile per un wonder kid invecchiare bene, e si può temere che le sue
ali di gigante impediscano al nostro albatro scespiriano di marciare sulla vecchia Europa.
Eppure, maledetti noi se dimentichiamo per un attimo che è il solo con Griffith - chi il
muto, chi il parlato - ad aver messo in moto questo meraviglioso trenino elettrico al
quale Lumière non credeva. Tutti, sempre, gli dovremo tutto".
(Jean-Luc Godard, 1968)
" THE TRIAL si riallaccia a Mr. Arkadin. In quale falda di passato il protagonista
cercherà la colpa di chi è colpevole? Non vi è nulla di evocabile, tutto è allucinatorio.
Personaggi fossilizzati e statua rubata. Vi è la regione delle donne, la regione dei libri,
quella dell'infanzia e delle bambine, quella dell'arte, quella della religione. Il presente è
ormai una porta vuota a partire dalla quale non si può più evocare il passato perché
questo è già uscito mentre lo si aspettava.
In questi campi lunghi, di cui Welles possiede
il segreto, sarà esplorata ogni regione del passato, ad esempio la lunga corsa in un
graticcio allungato, mentre il protagonista è inseguito da una schiera di bambine urlanti
... Ma le regioni di passato non rivelano più immagini-ricordo, liberano presenze
allucinatorie: le donne, i libri, le bambine, l'omosessualità, i quadri. In tutto questo però
si direbbe che certe falde hanno ceduto, altre si sono alzate di modo che, come in
archeologia, qui o là si sovrappongono un'età o un'altra. Niente è più decidibile: le falde
consistenti giustappongono ora i loro segmenti...
Se Welles ha affrontato Kafka con successo è perchè ha saputo mostrare come regioni
spazialmente distanti e cronologicamente distinte comunicavano tra loro, in fondo a un
tempo illimitato che le rendeva contigue: a questo serve la profondità di campo, i casi
più distanti comunicano direttamente nel fondo. Ma qual è questo fondo comune a tutte
le falde, da cui emergono e dove ricadono sbriciolandosi? Qual è questa superiore
giustizia, di cui tutte le regioni sono soltanto l'ausiliario".
(Gilles Deleuze, 1985)
"Ricordo perfettamente il montaggio di una sequenza molto complessa, che era quella
del processo vero e proprio, dove il materiale era infinito. Aveva girato da moltissimi
punti di vista inquadrature diverse tra loro, ma tutte che sostanzialmente esprimevano
una diversa emozione visiva.
Intorno a un nucleo, un fulcro che era l'arringa di Kane, si
poteva montare in alternanza qualunque altro dei piani che lui aveva girato, che poteva
essere la galleria, o la platea, o la platea vista dal basso, o lui visto da lontano, o la porta
che si chiude, una cosa a distanza o la stessa cosa vista più stretta. C'erano talmente
tante alternative che non poteva non essere intenzionale il fatto che Orson avesse girato
così tanto materiale".
(Roberto Perpignani)