Personaggi e interpreti : Francisco Reiguera (Don Chisciotte), Akim Tamiroff (Sancho Panza), Patty McCormack (una giovane ragazza e Dulcinea), Orson Welles (se stesso e il narratore).
Produttori : Oscar Dancigers, Orson Welles;
riprese in esterni : Messico (Puebla,Tepozlan,Texcoco, Rio Frio, Mexico nei mesi di agosto, settembre e ottobre del 1957, e in parte nel 1975).
"Come ho deciso di girare Don Chisciotte? Avevo cominciato a fare un programma per
la televisione di mezz'ora, avevo il denaro giusto per farlo; ma sono caduto così
perdutamente innamorato del mio soggetto che l'ho ingrandito via via e ho continuato a
girarlo man mano che guadagnavo dei soldi. Si può dire che il film si è ingrandito mentre
lo facevo.
E' un po', voi lo sapete, quello che è accaduto a Cervantes, che cominciò a
scrivere una novella e finì per scrivere il Don Chisciotte . E' un soggetto che non si può
più lasciare una volta che lo si comincia.
(...) E' veramente un film difficile. Devo dire anche che è molto lungo; e quello che devo
ancora girare non servirà a completare il metraggio: potrei montare tre film con il
materiale già girato. Il film, nella sua prima forma, era troppo commerciale; esso era
concepito per la televisione e io ho dovuto cambiare certe cose per farlo più duro. La
cosa più folle è che Don Chisciotte è stato girato da una troupe di sei persone.
Mia
moglie era sceneggiatrice, l'autista piazzava le lampade, io dirigevo, ero direttore della
fotografia e operatore in seconda. E' soltanto attraverso la camera che si può anche
avere l'occhio a tutto.
(...) Ora il film è veramente terminato. Non mancano che tre settimane circa, per le
riprese di qualche piccola cosa. Quello che mi preoccupa è il suo lancio: io so che questo
film non piacerà a nessuno. Sarà un film esecrato. Io ho bisogno di ottenere un grande
successo prima di metterlo in circolazione. Se The Trial avesse avuto un successo di
pubblico come di critica, allora avrei il coraggio di fare uscire il mio Don Chisciotte.
Essendo le cose quelle che sono, io non so cosa fare: tutti si metteranno in collera contro
questo film".
(Orson Welles, 1964)
" Don Chisciotte, le cui riprese sono durate più di venti anni, è stato lasciato
volutamente incompiuto da Orson Welles che l'ha girato e fotografato da solo un po' in
tutto il mondo, forse in 16 mm, forse in 35 mm (forse alternando il 16 al 35). Il film è
interpretato dallo stesso Welles, nel suo proprio ruolo, dalla giovane Patty Mac
Cormack (che è forse diventata una madre di famiglia nel frattempo) e soprattutto da
Akim Tamiroff che è morto da qualche anno, verosimilmente senza aver terminato il suo
ruolo.
La ragione che Orson Welles offre per spiegare l'incompletezza del film è la
necessità di filmare, per la scena finale, l'esplosione della bomba H che distruggerà tutto
e tutti, eccetto Don Chisciotte e Sancho Panza. Si è creato attorno a questo film,
attraverso gli anni, una specie di leggenda che non sarebbe sorprendente immaginare che
Welles preferisca restarne l'unico spettatore".
(François Truffaut, 1978)
"Un giorno chiesi a Welles perchè il Don Chisciotte era diviso nel montaggio in tanti
piccoli rullini. Mi rispose che se qualcuno li avesse trovati, non avrebbe dovuto capirne la
consequenzialità, che conosceva solo lui ed era regolata da un codice che soltanto lui
conosceva.
Gli chiesi il copione, per poter più agevolmente continuare il montaggio. Il
giorno successivo si presentò con il libro di Cervantes e, dopo aver scritto la dedica, mi
disse: 'Mauro, ecco il copione'. La dedica era: 'Al mio figlio siciliano, Mauro. Orson' "
(Mauro Bonanni)
"I documentari di Nella terra di Don Chisciotte sono stati interamente prodotti da
Welles con i suoi soldi, la Rai intervenne in un secondo tempo. Giravamo con una troupe
di cinque persone. Welles, io, un tecnico del suono che conduceva anche il camion
volkswagen che avevamo, un operatore nostro, uno della tv spagnola e facevamo tutto;
io facevo l'elettricista, il trovarobe.
Orson amava girare in pochi e ognuno faceva tutto
quello che c'era da fare. In certe occasioni avevamo quattro o cinque apparecchi in 16
mm, ad esempio alla Fiera di Siviglia eravamo in cinque a girare, ognuno di noi teneva
una camera in mano e se vedevamo qualcosa d'interessante lo riprendevamo e poi
naturalmente lui sceglieva quello che voleva.
In Rai hanno voluto rimontare loro stessi i
materiali e non ci hanno dato una sala di montaggio. Ero riuscito a convincere Welles a
fare la narrazione in italiano, che parlava molto bene. Quando lo dissi in Rai obiettarono
che così la narrazione avrebbe avuto un accento straniero. A nulla valse tentare di
convicerli che era una delle voci più famose in tutto il mondo. Fecero il solito doppiaggio
piatto e poi chi si è visto si è visto. E lo stesso fecero con il montaggio"
(Alessandro Tasca di Cutò)
"La vicenda del Don Chisciotte, del quale esistono, da dopo la morte di Orson Welles,
tra progetti realizzati e in gestazione, quasi quattro montaggi (i 40 minuti mostrati a
Cannes nel 1986 curati da Costa Gavras per la Cinematheque, la ricostruzione di Jesus
Franco e della Kodar, i ventimila metri affidati, ora legalmente, a Mauro Bonanni, il
progetto di ricostruzione annunciato da Suzanne Cloutier con Robert Wise e addirittura
Marlon Brando che racconta) dimostra come l'incompletezza del cinema che Welles ha
lasciato in eredità sia destinata a dare vita ad un labirinto senza uscita.
Se qualcuno ha
avanzato qualche critica al restauro di Otello, senza porre in discussione l'importanza di
rimettere in circolazione un film così importante e quasi sconosciuto, nessuno è rimasto
insensibile di fronte alla sconcertante operazione della ricostruzione del Don Chisciotte,
frettolosa e mercantile, realizzata senza metodo, rigore e quasi alcuna abilità (che pena
vedere le immagini di Welles deturpate da tutte quelle ovvietà di montaggio alle quali
non si piegò mai, oltre alla micidiale qualità ottica e tecnica del materiale).
Eppure basta
dare un' occhiata al materiale di Bonanni per rimanere esterrefatti dall'idea del film, una
sorta di Falstaff picaresco che avrebbe fatto con la letteratura cavalleresca e Cervantes e
l'ambientazione contemporanea ciò che Welles aveva fatto con le battaglie, i monarchi, i
tradimenti scespiriani del Falstaff. Di questo capolavoro invisibile rimane - grazie a
Bonanni: Welles non poteva scegliere custode più appassionato, che ha strappato queste
immagini alla distruzione e all'oblio - la sequenza finale, tutta wellesiana per concezione,
impatto, verticalità drammatica. Don Chisciotte paralizzato dal cinema, il suo sguardo
folle che trascolora dall'ipnosi e l'incomprensione nell'odio. Welles - Don Chisciotte, si
scaglia contro lo schermo e lo fa a pezzi, in nome di un risentimento nobile e selvaggio,
contro un mostro che lo ha preso in ostaggio e ingannato per tutta una vita.
A tanti anni
di distanza c'è in quella unica sequenza tutta la rabbia, la confessione, la terribile
nostalgia per il cinema, di qualcuno che da almeno un ventennio veniva considerato un
anacronistico reperto dell'aristocrazia del cinema, con i suoi impossibili sogni di
grandezza e la sua insopprimibile mitomania.. Odiare il cinema, davvero, fino in fondo, è
ancor più importante che amarlo. Il bambino prodigio trasformato dal cinema in genio
impotente, alza finalmente la spada contro lo schermo"
(Mario Sesti, 1992)
Quando, nel 1985, con Enrico Ghezzi, abbiamo ritrovato negli archivi RAI Nella terra di
Don Chisciotte di Orson Welles (programma televisivo in 9 puntate di circa mezz’ora
l’una), si può dire che nessuno lo conosceva (a parte Maurizio Ponzi che ne aveva scritto
sui Cahiers du Cinema).
Welles era considerato un genio del cinema, del teatro, della
radio, ma si ignorava il suo lavoro televisivo: un lavoro episodico e probabilmente
alimentare, non un'“opera” organica come quella cinematografica, ma una serie di
esperimenti e di appunti sparsi. Esperimenti pieni di invenzioni come The Fountain of
Youth pilota di una serie progettata negli anni ’50 per la produzione Desilu e mai
realizzata; appunti come l’Orson Welles Notebook per la BBC.
Appunti di viaggio e
quaderno di note come questo Nella terra di Don Chisciotte girato in Spagna
parallelamente al Don Chisciotte - The movie che non finì mai. Tutto il lavoro di Welles
intorno al personagio di Cervantes, in realtà, consta di un’enorme massa di appunti in
forma di immagini, spesso senza suono, in parte montate o premontate. Un giorno
qualcuno si dovrà decidere a metterle in ordine (senza fare gli errori di Jesus Franco, che
nella sua versione del film ha mescolato il 35mm inedito e il 16mm del documentario tv
in una pletorica e arbitraria confusione).
Orson Welles aspirava alla filologia e
all’edizione critica, come dimostra la sua ultima opera filmata, Filming Othello.
negli archivi RAI avevamo ritrovato il negativo 16mm, una colonna suono fatta di
musiche e rumori (entrambi montati dall’autore) e una colonna speaker in italiano che
parafrasava con ridondanza il visivo, secondo le abitudini televisive dell’epoca. Ci siamo
limitati a sforbiciare abbondantemente questa inutile voce-off lasciando solo le
informazioni essenziali in modo che immagini e suoni parlassero da soli (un’operazione
arbitraria? comunque in RAI esiste ancora la versione trasmessa nel 1962), a corredarla
di alcune presentazioni e di una intervista al montatore Roberto perpignani che, allora
giovanissimo, aveva assistito Orson Welles nel montaggio. Un montaggio, peraltro,
davvero straordinario, davvero il momento più creativo di Nella terra di Don Chisciotte.
(Marco Melani)
"Se anche i film finiti di Welles sono provvisori e cambiano di copia in copia di paese in
paese di censura in censura (come tutti i film, ma Welles ci permette per sempre di
dirlo), quasi logicamente i frammenti, i ripensamenti, gli abbozzi e i resti wellesiani, il
non-finito per definizione, sembrano invece da anni cristallizzarsi, monumentalizzarsi,
riproposti in modo insieme identico e clandestino da festival e convegni grandi e piccoli.
Per il cineasta che ha lasciato la più evidente delle 'code di cometa' ci è parso allora
giusto proporre alcuni reperti, assolutizzando un provino muto o la 'sua' voce che esce
da una schiena solo intravista, facendo vedere grande , per una sera, ciò che a volte è
ormai patrimonio di cassette più o meno degradate amate rubate in giro per il mondo in
attesa di improbabili e non si sa quanto auspicabili 'montaggi finali'.
E in sala, al buio, per la vostra/nostra moviola mentale, ore di riprese, di prove, di ciak
(da Don Chisciotte), con le quali Welles ci manda a dire che - se il last cut è quello del
proiezionista - il first cut è o potrà essere un giorno quello dello spettatore.
(Enrico Ghezzi)