Come sono crudeli le favole ! | |
di Francesco Franci | |
Scene d'orrore, ma non horror,
una messa in scena molto visiva, colorata, fantasiosa, ma non da videogame.
Insomma una costruzione molto teatrale per rappresentare il "dramma"
di Pollicino. Sì proprio lui: il bambino abbandonato nel bosco
coi fratellini, che sparge sassolini e briciole per tornare indietro,
che poi va nella casa dell'orco, è salvato dall'orchessa e poi,
e poi... Olivier Dahan, così come ha fatto Perrault, ha riscritto la favola, stavolta per il cinema , conservandone il mix di realismo, sogno, angoscia, costruzione fantastica, paura, morte, lieto fine, ed altro ancora. Un'operazione difficile che gli è riuscita pienamente. Vladimir Propp, nel suo capolavoro
"Le origini storiche dei racconti di fate", sostiene che le
favole non sono un'invenzione letteraria ma la tradizione, prima orale
e poi scritta (ed oggi anche cinematografica), di antiche perdute ritualità.
Nel caso di Pollicino è un rito iniziatico (che del resto ancora
sopravvive in alcune culture cosiddette primitive), mediante il quale
il giovane è portato in mezzo al bosco, dice Propp "l'accompagnamento
dell'iniziando era un accompagnamento alla morte". Una morte che
simbolicamente doveva riportarlo, dopo una serie di crudeli prove, ad
una nuova vita, quella di adulto. Ma il film è soltanto
un film, come una favola è soltanto una favola, al di là
di tutte le elucubrazioni che possiamo farci sopra. |
Pollicino
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