Personaggi e interpreti : Orson Welles (Otello), Micheàl MacLiammòir (Iago), Suzanne Cloutier (Desdemona; il ruolo è stato interpretato per qualche scena anche da Lea Padovani, Cécile Aubry e Betsy Blair), Robert Coote (Roderigo), Michael Lawrence (Cassio), Hilton Edwards (Brabantio), Fay Compton (Emilia), Nicholas Bruce (Ludovico), Jean Davis (Montano), Doris Dowling (Bianca), Joseph Cotten (un senatore), Joan Fontaine (un paggio), Alan Webb (Mister Shallow), la voce di Orson Welles (il narratore).
Produzione : Francia- Italia, A Mercury Production by Orson Welles e (all'inizio) Scalera
Films (Roma);
direttori di produzione : Julien Derode, Giorgio Papi;
riprese : studi Scalera (Roma) ed esterni in Marocco e Italia (dal 1949 al 1952);
prima : Festival Internazionale di Cannes (Palma d'oro);
durata : 95 minuti.
"Il lago esce dal portico della chiesa di Torcello, un'isola della laguna veneta, per entrare in
una cisterna portoghese. Ha attraversato il mondo e cambiato continente nel bel mezzo
di una frase. In Othello succede continuamente. Una scala toscana si prolunga in un
terrapieno marocchino per costituire uno spazio unico. Roderigo colpisce Cassio a
Mazagan e Cassio restituisce il colpo ad Orvieto, a mille miglia di distanza.
I pezzi del puzzle erano separati non da semplici spazi ma da rotture nel tempo, niente era continuo,
non avevo una segretaria di edizione, non c'era modo di mettere insieme le immagini del
puzzle salvo ché nella mia testa.
Ho passato del tempo, dei mesi interi, avevo il più
piccolo dettaglio nella mia memoria, non sequenza per sequenza ma inquadratura per
inquadratura e non avevo un montatore. Avevo tutta una serie di operatori, eravamo
obbligati a interrompere le riprese perché dovevo cercare dei finanziamenti o lavorare
per guadagnare".
(Orson Welles, da Filming Othello , 1978)
"Quando eravamo a Mogador c'era una grande scena che doveva essere fatta con grandi
costumi preparati a Roma. Arriva un telegramma: la Scalera, che produceva il film, era
fallita, i costumi e tutto il materiale bloccato e non si poteva fare più nulla.
Allora Orson
improvvisò una delle scene più importanti del film, quella che si svolge nel bagno turco,
comprando dozzine di lenzuola, avvolgendo tutti gli attori e le comparse; così la scena
venne girata e diventò un classico del cinema. Quando Orson aveva una difficoltà la
risolveva a tutti i costi. Per cui, quando dicono che non finiva mai un film, beh!
Era
l'uomo più professionale che si potesse immaginare".
(Alessandro Tasca di Cutò)
"Si trattava di fare l'omicidio nel bagno turco. Io andavo avanti come musicista al
servizio del cinema, insomma, musica applicata. Questa volta, però, non mi andava
proprio: avevo fatto una musica complicata, piena di accenti, di allusioni, di movimenti.
Lui viene per sentire la musica.
Gli dico: non te la faccio sentire, perché non è la musica
che va bene per il film. Poi aggiungo: avrei un'idea, ma non ho neanche il coraggio di
dirtela. Lui si alza e mi fa: anch'io avrei un'idea, ma non ho il coraggio di dirla. E io:
allora sta a sentire, sai che facciamo, contiamo uno, due e tre e poi vediamo.
Così facemmo: uno, due, tre: MANDOLINI! Ci siamo abbracciati, piangendo".
(Angelo Francesco Lavagnino)
"Orson Welles è sempre stato un regista musicale, ma prima di Othello egli faceva della
musica all'interno delle inquadrature, a partire da Othello egli farà della musica in
moviola, cioè fra le inquadrature. Se Othello è talmente spezzettato è perché i passaggi
da un'inquadratura a un'altra si effettuano sia su dei raccordi in movimento sia sulle
cerniere del testo e sia su delle inflessioni di voce o di sguardo.
Il primo campo lungo del film giunge solo quando Iago, camminando al fianco di Otello,
comincia a seminare il dubbio nel suo spirito; la camera li precede entrambi con un
lunghissimo carrello. Nel ruolo di Iago, Micheàl Mac Liammòir è notevole e, nel modo
generoso con cui Welles lo valorizza in rapporto alla camera e a se stesso, si sente bene
tutta l'ammirazione, la riconoscenza e il rispetto che doveva portare al grande attore
irlandese che l'aveva fatto debuttare nel 1931 al Gate Theater di Dublino e che aveva
accettato di fingere di credere che questo giovane debuttante americano, che aveva
sedici anni e pretendeva di averne venticinque, fosse un grande attore di New York!
Se Othello non è stato sufficientemente apprezzato al momento della sua uscita, è
perché girando le spalle al tono solenne alla Eisenstein o al tono accademico e
agghindato alla Laurence Olivier, rifiutando di entrare nel genere nobile della
rappresentazione shakespeariana, Orson Welles ha cercato di fare un film vivant più che
un capolavoro. E filmando Othello come un thriller, cioé ricongiungendolo a un genere
popolare, Orson Welles, mi sembra, si sia avvicinato di più a Shakespeare.
Non ignoro
che quest'ultima frase mi farà respingere all'aeroporto di Londra e, d'altra parte, Orson
Welles stesso ha dichiarato all'epoca: La famosa tradizione shakespeariana che si invoca
così spesso è più una leggenda che un dogma. Infatti, non esiste una vera tradizione: c'è
troppo spesso solo una semplice accumulazione di cattive abitudini".
(François Truffaut, 1978)
"A Mogador il cielo era stupendo, blu intenso, adatto ai contrasti che Orson voleva. Lui
voleva il bianco e il nero, non gli piacevano le vie di mezzo, il grigio non lo voleva. In
tutto il film non si dovevano inquadrare gli alberi e tutto quello che lui chiamava 'le
rotondità', doveva essere tutto spigoloso".
(Oberdan Troiani)
"Laddove Welles e la sua troupe presero il suono delle loro onde che s'infrangono,
direttamente dal Mediterraneo, la troupe di Chicago (che ha realizzato il restauro, n.d.r.)
si è servita del lago Michigan. L'accompagnamento di Lavagnino si serve ad un certo
punto di 40 mandolini, l'approssimazione di Pendowski si accontenta di non utilizzarne
mai più di 3 o 4....
Ma si deve sicuramente uscire e andare a vedere il nuovo Othello e
stupirsi di tutto ciò che Welles ci ha messo dentro. Considerarlo invece come un modello
per i restauri a venire, è invece una faccenda completamente diversa".
(Jonathan Rosenbaum, 1992)
"In ogni caso, dal punto di vista della trasposizione del teatro al cinema, Othello
introduce una soluzione estetica di grande interesse, e d'altronde completamente opposta
a quella di Macbeth. Una delle difficoltà principali, se non persino la difficoltà principale
che deve superare la trasposizione del teatro sullo schermo è quella della scenografia.
La
maggior parte dei fallimenti del teatro filmato è imputabile al disconoscimento di questo
problema. Le convenzioni dell'azione, e soprattutto della parola teatrale, non si
accordano con il realismo dello spazio cinematografico che si concretizza nella
scenografia. In Macbeth Welles aveva preso la decisione di ricreare in ogni particolare
un universo artificiale, un mondo chiuso sulla sua incompletezza, come una grotta.
In
Otello, la finzione è a cielo aperto, e ricreata a partire da elementi completamente
naturali. Grazie al montaggio affannoso e spezzato, alle angolazioni di ripresa (che
tolgono all'occhio e alla mente ogni possibilità di collegare nello spazio gli elementi del
décor), Welles inventa, con le pietre di Venezia e Mogador, un'architettura drammatica
immaginaria, adornata di tutte le bellezze pensate e casuali che nell'architettura bera
soltanto la pietra naturale, levigata da secoli di vento e di sole, può possedere.
Otello,
dunque; si svolge a cielo aperto, tuttavia niente affatto nella natura. Quei muri, quelle
volte, quei corridoi riecheggiano, riflettono, moltiplicano come degli specchi, l'eloquenza
della parola tragica".
(André Bazin, 1958)