Una realtà separata

di Graziella Lattanzi e Francesco Franci

 

su: "Incantesimo napoletano"
di Paolo Genovese e Luca Miniero
Febbraio 2002


Ne "Una realtà separata" Carlos Castaneda, negli anni '70 , teorizzava e narrava non l'immaginazione al potere ma il potere dell'immaginazione. Grazie all'immaginazione (e al peyote...) si entrava così in una seconda "potente" realtà parallela.

Per i non-napoletani Napoli è una "realtà separata". Un mondo a sé con regole scritte e non scritte diverse, diverso scorrere del tempo, più lento... più veloce. Un mondo parallelo con una propria logica, una propria (raffinatissima) filosofia, un peculiare ed unico senso del sacro, senso dell'humor, senso della morte.
E questa realtà separata è abitata da tutti, quelli dei quartieri alti come quelli dei quartieri spagnoli, trasversalmente alle "differenziazioni" usuali come l'età, il ceto, la cultura... Tutti appartengono a questo affascinante, inquietenate, divertente, tragico mondo parallelo. Nel quale si può entrare pian piano, con delicatezza, con attenzione, ascoltando. Un'iniziazione necessaria, ma che non ha bisogno di mangiare piante allucinogene né di farsi maltrattare da uno stregono autoctono.

E' infatti strabiliante come la cultura napoletana sappia far entrare gli "altri" nel prorio mondo attraverso i racconti, le commedie, i film. Storie universali ma "strettamente" napoletane. Un paradosso ovviamente risolvibile solo nelle "realtà separate".
E' successo un'altra volta, e molto bene, nel film "Incantesimo napoletano" di due giovani quasi-esordienti sfuggiti (momentaneamente) al mondo della pubblicità.

La storia ? E' semplice: un incantesimo, e le conseguenze che esso comporta. Se in questa realtà separata si insinua, subdolamente, maledettamente, un elemento dell'altra realtà non si sa quello che può succedere. Una bambina, napoletanissima, membro di una famiglia napoletana "integralista" (a detta degli autori) che parla milanese, ama le cose e i cibi milanesi, apre un varco pericoloso, una breccia forse insanabile, una sorta di inquietante "stargate" di passaggio tra i due mondi.
E' una crisi, un dramma (divertente) che coinvolge tulla la "famiglia" ortodossa. E, come succede sempre a Napoli, il dramma e la commedia si confondono (è una delle regole della realtà separata). Questa "confusione" è il risultato artistico di Genovese e Miniero e di tutti quelli implicati nella storia.
Nuovo, divertente, ben fatto, intelligente... tutte caratteristiche del film, ma anche di Napoli, quella vera, quella di Castaneda.

 

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