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valige nella testa dell'architetto
di Francesco Franci - genn. 2004
Cos'è il film?
Uno spazio proiettivo (come lo intende la geometria). Una serie di proiezioni
su un piano, su uno spazio di dimensione n-1. Da n a n-1, sempre.
In questa funzione proiettiva i sentimenti, le emozioni, sono schiacciati,
freddati, digitalizzati, ad alta risoluzione.
Il "cuore" diviene un disegno, l'emotività un riquadro,
frame, in un altro riquadro che così diviene, per un attimo, sfondo.
Da n a n-1, a n-2 e così via. Fino a n-n=0 ? Forse.
I frame non aggiungono dimensione ma, paradossalmente, la levano, raffreddano
il raccontare, distaccandosene sempre di più. Come le immagini,
e il loro incessante divenire e sovrapporsi.
Tuto questo, forse, spiazza lo spettatore, sempre in cerca (inconscia)
di emozioni, di materiale da dare in pasto all'anima, per alimentarla
per, come dice Hillman, per fare anima.
Il gioco di P.G. è più sottile, crudele. Le emozioni sono
solo nominali, soltanto dette, "disegnate", così come
le può disegnare un architetto.
Sogni di bambini, dolore, prigionia (più o meno metaforica), amore,
violenza gratuita, amicizia, sorriso. Tutto nel gioco (mirabile) dei frame.
Architettura digitale delle emozioni.
"Il mio ideale
è una certa freddezza.
"Un tempio che faccia da sfondo alle passioni senza interloquire.
"Ricordati dell'impressione che suscita la buona architettura, che
è quella di esprimere un pensiero.
"Si vorrebbe accompagnarla con un gesto.
"L'architettura è un gesto."
(Ludwig Wittgenstein - Ricerche filosofiche - Torino, 1967)
L'architetto-disegnatore
Peter Greenaway presenta mille di questi gesti, le passioni fanno da sfondo,
anche se sembrano "inquadrate" in primo piano.
Offre mille di questi gesti, cercando anche di numerarli, con una (o più)
logica del tutto arbitraria. Ma si sa che le logiche sono arbitrarie.
Numeri, numeri, disegnando storie con i numeri (Drowning by numbers),
e classificando, tutto.
Le tante, inutili, valige
rispondono ad una tassonomia dell'immaginario.
Mania-desiderio della
classificazione, sempre presente nei film di P.G., che addirittura diviene
una auto citazione esplicita ad uno dei suoi film più algidi "Lo
zoo di Venere", "A zed and two noughts" nel titolo-gioco-di-parole
originale, in cui vermi ed insetti invadono la scena e "gelano"
il cuore.
O una citazione più lieve, con le farfalle, già fortemente
presenti nelle scene dell'indimenticabile "Giochi nell'acqua"
("Drowning by numbers", ancora una volta titolo anodinizzato
dalla traduzione), con l'altrettanto indimenticato contrappunto musicale
di Michael Nyman.
Classificare per possedere, controllare, capire (carpire), ma gli oggetti
tutti uguali, siano essi lettere d'amore di guerra, pezzi di carbone,
giochi, ed altro ancora, in 92 improbabili valige possibili, si confondono,
rappresentano sé stessi come in-differenza, mille oggetti nessun
oggetto. Si appiattiscono nella valigia dell'inutilità, nel nulla,
così tenacemente classificato.
Ne viene fuori un cinema
esistenziale? Forse. Ma il problema non è etichettare Greenaway,
in un'altra ancora più inutile tassonomia delle idee e delle correnti
filosofiche.
Un film difficile, come
tanti di Greenaway, che bisogna vedere, o meglio, guardare, scrutare.
Difficile, come è difficile pensare, senza emozionarsi.
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